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> Combattere l'Aggressività, e l'essere aggressivi
Per controllare e ridurre aggressività e rabbia, sono
utili tecniche come contare fino a 10, respirare
profondamente prima di reagire, usare tecniche di
rilassamento, esercizio fisico e affermazioni positive
per cambiare la prospettiva. Facciamo qualche
riflessione in merito in questo articolo.
È
Natale ancora, la grande festa... così cantavano i bambini
in TV, "
Voglio essere più buono, da ora" ha detto mio
figlio; mi ha fatto pensare, anche io voglio essere più buono,
da ora, da dove cominciare? Ricognizione mentale e prima confessione:
voglio combattere la mia aggressività, inizierò da qui.
L'esperienza ci insegna che quanto più cerchiamo di ignorare
aspetti negativi di noi, tanto più questi rischiano di sfuggirci
di mano e di danneggiarci.
Il mio "atteggiamento aggressivo"
compromette spesso le mie
giornate. Da un po' di tempo rifletto su come sia difficile
imparare a gestire l'aggressività, a trasformare l'istinto,
la natura, a fare buon uso della propria energia vitale.
Devo
canalizzare la mia aggressività, tradurla in parola e gesto,
trasformarla in qualcosa di costruttivo e socialmente accettato.
È in fondo il cammino che ogni singolo essere umano percorre
per migliorarsi, per arricchirsi, per trovare equilibri di felicità.
Si possono distinguere
diversi modi di essere aggressivi, per sintetizzare ci concentriamo
su un modo buono e uno cattivo. Aggressività, in senso buono,
significa competere, accettare il confronto, mettersi in gioco,
emanciparsi dagli schemi mentali adottati, lanciarsi in avanti
di petto. Questo tipo di aggressività porta in sé significati
fecondi e positivi. Non poter esprimere in modo adeguato l'aggressività
buona significa essere privati di un elemento fondamentale per
la propria auto-affermazione.
L'aggressività
cattiva, "sorda", come la chiamo io, consiste nel reagire
a tutte le situazioni esterne come se queste costituissero una
minaccia. Non si da attenzione ai fatti e alle parole, non si
ascolta realmente l'interlocutore, la nostra mente interpreta
in modo aprioristico ciò che sta accadendo. Si aggredisce
per difendersi pensando sempre di essere attaccati. La situazione
che ci coinvolge viene classificata, senza motivo apparente,
come minacciosa. A prescindere da quella che è la realtà dei
fatti, si percepisce la posizione altrui come critica, un'accusa,
una lamentela e ci si difende d'impulso, senza chiedere spiegazioni.
La reazione aggressiva è immediata e non si riescono a guadagnare
minuti preziosi per per riflettere, filtrare, capire.
Questo tipo di aggressività
non è legata più all'affermarsi, al competere o al confrontarsi,
meno che mai al mettersi in gioco, è solo un modo di agire
sordo alle parole altrui , sordo alla realtà, che affonda le
sue radici nelle insicurezze e nelle problematiche personali.
Accade spesso che
la situazione degeneri e che solo dopo un po', e con grande
frustrazione, ci si renda conto della fragilità della costruzione
mentale che ci ha indotto alla reazione aggressiva immotivata.
Ma è troppo tardi. Reagisco in modo aggressivo perché mi sembra
sempre di non essere adeguato, di non andare bene
a nessuno, vedo critiche ovunque, temo di essere deludente,
mi sono sempre troppo occupato di essere gradito agli altri.
Mi sono costruito un personaggio e vorrei che gli altri
conoscessero questo, vorrei essere quel personaggio forte, saggio,
sicuro, deciso, tollerante e comprensivo, ma non lo sono, lo
so io, temo lo sappiamo anche gli altri!
Ci
sono dei momenti nella vita in cui con il partner,
la famiglia, gli amici, si presenta la necessità
di verificare come, e fino a che punto, possa essere affrontata
l'aggressività che abita in noi. E nasce la domanda,
la coppia, la famiglia, gli amici, saranno un contenitore sufficiente
ad accogliere questa parte di noi? Saranno sufficientemente
buoni ed accetteranno di mettersi in gioco per andare
avanti, oltre i confini certi e deboli che abbiamo costruito
spesso per caso o per abitudine?
Saremo capaci di essere
autentici, di trasformare l'aggressività in consapevolezza,
affrontandola e guadagnandosi una vita migliore, più trasparente,
più appagante?
Spesso preferiamo
tenerci la nostra aggressività, proteggendoci dai sentimenti
sgradevoli, negando di fronte al disagio, ai problemi, ai sensi
di colpa, che l'aggressività inquina le giornate e peggiora
le nostre vite.
Ciascuno ha bisogno
di capire quanto deve continuare a restare il personaggio
che si è creato, e quanto invece si trovi finalmente di
fronte all'opportunità di aprirsi, di affermarsi per
quello che è, spogliandosi delle sovrastrutture per trasformare
il proprio modo di relazionarsi a sé, agli altri.
Il presupposto per
tutto questo è che gli altri siano affidabili dal punto di
vista affettivo, sentiti come sufficientemente buoni
e disposti a loro volta a mettersi in gioco. Questo non
può accadere subito, ci vuole tempo, pazienza, e tanto lavoro
su se stessi. Si deve avere la reale volontà di accettarsi
e si deve essere convinti che l'autenticità nei rapporti
umani è fondamentale per la serenità e la crescita personale.
Spesso
padri e madri ci hanno insegnato ad evitare i conflitti,
voltando le spalle a istinti primari della vita umana. Ma c'è
un livello riflessivo, migliorativo, che con gli anni
ci coinvolge, si fa attraente; si preannuncia già nell'adolescenza,
lo si comprende appieno solo nell'età adulta. Prima si inizia,
meglio è: bisogna riconoscere, mettere in salvo e curare amorevolmente
l'essenziale; dobbiamo spogliarci delle sovrastrutture
(abiti, ruoli, identificazioni,) per mettersi davvero vicendevolmente
in salvo.
Mettete in conto l'emergere
di tensione, rabbia, climi gelidi, toni secchi e parole taglienti;
poi però si imparano ad ascoltare le emozioni messe da parte,
paura, vergogna, dolore si muovono in un limbo, a metà strada
tra avanzare o essere ricacciate indietro. Emergono la paura
del rifiuto, la voglia di scappare, il senso di inadeguatezza,
il non senso del lavoro... ed inizia il cambiamento.
Qui e ora, Natale
o non Natale, si gioca la possibilità di migliorarsi, di trovare
o cercare un ambiente sano in cui c'è posto per l'autenticità,
in cui ciascuno sente di poterci essere a pieno, con tutte
le sue parti.
"
Non so dopo tutto
questo perché ti amo, ma io ti amo", mi ha detto lei dopo 10
anni che le dicevo "
Se sono così deludente, perché non cambi
vita?".
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