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In
un celebre intervento al Ted del 2006, Ken Robinson critica i
limiti dei sistemi scolastici tradizionali, auspicando un
cambiamento radicale che liberi creatività e potenzialità.
Cosa sono le
TED Conference?
Sono la miglior iniezione di
ottimismo che mi sia capitato di sperimentare negli ultimi
10 anni. Lezioni brevi, memorabili e spassose, che fanno
venire voglia di impegnarsi in prima persona per cambiare il
mondo. Sono video lezioni che si possono vedere su internet in
libero accesso, dove si diffondono idee in grado di
rivoluzionare il mondo. Meno di 20 minuti per questi video
dove si ammira qualcuno che ci fa partecipe di tutto quello che
ha imparato dalla sua vita e ci espone la sua idea per rendere
migliore le nostre di vite. Scienza, pedagogia, politica, arte,
matematica, economia e molti altri i campi trattati. Alle Ted Conference annuali partecipa
un pubblico ristretto, solo 300 invitati (paganti un biglietto
di circa 5.000 euro), che hanno il privilegio di ascoltare dal
vivo un palco di relatori d’eccezione (la cui partecipazione è
gratuita). Tutto viene ripreso e messo a disposizione di tutti
sul web, non perdetevelo!
Ecco di seguito una delle lezioni,
Sir Ken Robinson, che parla della rivoluzione
dell'apprendimento, guardate il video sottotitolato in italiano
o leggete di seguito la trascrizione dell'intervento...
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"Sono stato qui quattro anni fa e mi
ricordo che a quel tempo i TEDTalks non venivano messi online;
credo che venissero dati ai partecipanti in una raccolta di DVD,
che finivano su qualche scaffale, dove sono adesso.
(Risate)
A dir il vero Chris mi chiamò una
settimana dopo il mio intervento e disse: "Cominceremo a
metterli online. Possiamo mettere il tuo online?" E io dissi,
"certo".
E quattro anni dopo, è stato visto da
quattro... è stato scaricato quattro milioni di volte. Per cui,
suppongo che si possa moltiplicare per circa venti per avere il
numero delle persone che lo hanno visto. E come dice Chris, c'è
una fame... di video di me.
(Risate)
(Applausi)
...non trovate?
(Risate)
L'intero evento è stato un'elaborata
messa in scena per farmene fare un altro, quindi eccolo qui.
(Risate)
Al Gore ha parlato alla conferenza
alla quale ho parlato io quattro anni fa e ha ci ha raccontato
della crisi climatica. E ho menzionato il suo discorso alla fine
del mio discorso. Quindi vorrei riprendere da quel punto perché,
francamente, avevo solo 18 minuti. Quindi, come stavo dicendo...
(Risate)
Lui ha ragione. Voglio dire, c'è una
grave crisi climatica, ovviamente. E penso che coloro che non ci
credono, dovrebbero uscire di più. (Risate) Ma credo che ci sia
anche una seconda crisi climatica, che è altrettanto grave, che
ha le stesse origini e che dobbiamo affrontare con la stessa
urgenza. E intendo - voi magari direte "sono a posto così, me ne
basta una di crisi; non me ne serve un'altra". Ma questa è una
crisi non di risorse naturali, sebbene io credo che esista, ma
una crisi di risorse umane.
Io credo, fondamentalmente, così come
hanno detto molti relatori nei giorni scorsi, che facciamo un
uso davvero pessimo dei nostri talenti. Moltissime persone
trascorrono l'intera vita senza una reale consapevolezza di
quali possono essere i loro talenti, o se ne hanno qualcuno.
Incontro una miriade di persone che pensano di non essere
davvero brave in niente.
Veramente, adesso divido il mondo in
due gruppi. Jeremy Bentham, il grande filosofo utilitarista, una
volta vivacizzò l'argomento. Disse: "Ci sono due tipi di persone
in questo mondo, quelli che dividono il mondo in due gruppi e
quelli che non lo fanno." (Risate) Ebbene, io lo faccio.
(Risate)
Incontro una miriade di persone che
non sono appassionate di ciò che fanno. Semplicemente
trascorrono la loro vita tirando avanti. Non traggono un grande
piacere da quel che fanno. Lo sopportano, piuttosto che
goderselo e aspettano che arrivi il weekend. Ma incontro anche
persone che amano quel che fanno e non riescono ad immaginare di
far qualcos'altro. Se dici loro "lascia stare, fai altro" si
domandano di che stai parlando. Perché non è quello che fanno ma
è quello che sono. Dicono: "Ma questo sono io. Sarebbe da matti
per me abbandonarlo, perché esprime il me stesso più autentico."
E non è così per abbastanza gente. Anzi, al contrario,
certamente è così per una minoranza. Penso che ci siano molte
possibili spiegazioni a riguardo. E
tra le principali c'è l'educazione, l'istruzione. Perché i
sistemi educativi, in certo modo, allontanano moltissime persone
dai loro talenti naturali. Le risorse umane sono come le risorse
naturali; giacciono spesso in profondità. Devi andare a
cercarle. Non si presentano in superficie. Bisogna creare le
condizioni per permettere ad esse di manifestarsi. E ci si può
immaginare che è l'educazione il contesto dove ciò accade. Ma
troppo spesso non è così. Ogni sistema educativo al mondo sta
per essere riformato. Ma non è abbastanza. Le riforme non
servono più a niente, perché semplicemente migliorano un modello
fallimentare. Ciò di cui abbiamo bisogno - e la parola è stata
usata molte volte nel corso degli ultimi giorni - non è una
evoluzione, ma una rivoluzione nell'educazione. Tutto questo
deve essere trasformato in qualcos'altro.
(Applausi)
Una delle sfide più cruciali è di
innovare alle fondamenta i sistemi educativi. Innovare è
difficile perché significa fare qualcosa che per la gente non è
così semplice. Significa mettere in discussione ciò che diamo
per scontato, le cose che pensiamo siano ovvie. Il grande
problema delle riforme o delle trasformazioni è la tirannia del
senso comune, quando la gente pensa, "
Beh, non si può fare in
altro modo perché è così che si fa."
Ho trovato una bella citazione di
Abraham Lincoln, il quale, ho pensato, vi piacerà sentire citato
a questo punto. (Risate) La pronunciò nel dicembre del 1862 al
secondo incontro annuale del Congresso. Dovrei aggiungere che
non ho la più pallida idea di che cosa stesse succedendo a quel
tempo. Noi non insegniamo storia americana in Gran Bretagna.
(Risate) La sopprimiamo. Questa è la nostra policy. (Risate) Non
c’è dubbio che qualcosa di interessante stava succedendo nel
dicembre 1862, di cui, gli americani tra noi saranno a
conoscenza.
Comunque, disse questo: "I dogmi del
tranquillo passato sono inadeguati al burrascoso presente. La
situazione è irta di difficoltà e dobbiamo essere all'altezza
con la situazione." Mi piace molto. Non dice all'altezza di
essa, ma con essa. "Poiché il caso è nuovo, dobbiamo pensare in
modo nuovo ed agire in modo nuovo. Dobbiamo emancipare noi
stessi e così salveremo il nostro Paese."
Mi piace quella parola, "
emanciparsi".
Sapete che cosa significa? Significa che ci sono delle idee alle
quali siamo assoggettati, che semplicemente diamo per scontate
come ordine naturale delle cose. E molte delle nostre idee sono
state formate non per far fronte alle circostanze di questo
secolo, ma per far fronte alle circostanze dei secoli
precedenti. Ma le nostre menti sono ancora ipnotizzate da esse.
Dobbiamo liberare noi stessi da alcune di queste idee. Questo è
più facile a dirsi che a farsi. È molto difficile rendersi conto
di ciò che diamo per scontato. E la ragione è appunto che lo
diamo per scontato.
Vediamo dunque una cosa che potreste
dare per scontata. Quanti di voi hanno più di 25 anni? Non è
questo che penso che diate per scontato. Sono sicuro che con
questo avete già una certa familiarità. Ci sono qui delle
persone sotto i 25 anni? Ottimo. Adesso quelli sopra i 25 anni,
alzino la mano quelli che indossano un orologio al polso. Ce ne
sono un bel po’ no? Provate a fare la stessa domanda in una sala
piena di adolescenti. Gli adolescenti non indossano orologi da
polso. Non intendo dire che non possono, semplicemente spesso
decidono di non portarli. E la ragione è che noi siamo cresciuti
in una cultura pre-digitale, noi sopra i 25. Così per noi, se
vogliamo sapere che ore sono, dobbiamo avere al polso qualcosa
che ce lo dica. I ragazzi adesso vivono in un mondo che è
digitalizzato, e l’ora, per loro, è dappertutto. Non vedono
alcuna ragione per portare un orologio. E, tra parentesi,
neanche voi ne avete bisogno; è solo che lo avete sempre fatto e
continuate a farlo. Mi figlia non porta mai l’orologio, mi
figlia Kate, che ha vent’anni. Non ne vede la necessità. Come
dice lei, "
È un dispositivo mono-funzione." (Risate) "
È proprio
da sfigati." E io dico, "
No, no, ti dice anche la data."
(Risate) "
Ha funzioni multiple."
Vedete, anche nell’istruzione ci sono
idee che imbrigliano. Vi faccio un paio di esempi. Una di queste
è l’idea di linearità, si comincia qui e si prosegue su un
percorso prefissato e se fai tutto giusto finirai sistemato per
il resto della tua vita. Tutti quelli che hanno parlato a TED ci
hanno implicitamente, e qualche volta esplicitamente, raccontato
un'altra storia, cioè che la vita non è lineare ma organica.
Creiamo le nostre vite simbioticamente mentre esploriamo i
nostri talenti, in relazione alle circostanze che essi hanno
contribuito a creare. Ma siamo diventati ossessionati da questa
storia della linearità. E probabilmente il pinnacolo
dell’istruzione consiste nell’andare all’università. Credo che
siamo ossessionati dall’idea di mandare le persone
all’università, a certe università. Non voglio dire che non ci
si dovrebbe andare, ma che non tutti devono farlo e non tutti
devono andarci subito. Magari più avanti, non immediatamente.
Qualche tempo fa ero a San Francisco
per autografare il mio libro. E lì c’era un tizio, sulla
trentina, che aveva comperato il libro. E io gli dico "
Che
lavoro fa?" E lui dice, "
Sono un pompiere." E io, "
Da quanto
tempo è un pompiere?" E lui dice, "
Da sempre, lo sono sempre
stato." E io dico, "
Ma quando ha deciso di diventarlo?" E lui
dice, "
Da bambino. Veramente per me era un problema a scuola,
perché a scuola tutti volevano fare il pompiere da grande."
Disse, "
Ma io volevo davvero fare il pompiere." E disse, "
Quando
arrivai agli ultimi anni della scuola, i miei insegnati non mi
presero sul serio. Un certo insegnante non mi prese sul serio.
Disse che avrei buttato via la mia vita se avessi scelto di fare
questo, che avrei dovuto andare all’università e diventare un
professionista, che avevo un grande potenziale e avrei sprecato
il mio talento altrimenti." E disse, "
Era umiliante perché lo
disse di fronte a tutta la classe e io ci rimasi molto male. Ma
era ciò che davvero volevo e, appena finita la scuola, feci
domanda per entrare nei Vigili del Fuoco e fui accettato." E
disse, "Sa una cosa, stavo pensando a quell'insegnante qualche
minuto fa, mentre lei parlava" disse, "
perché sei mesi fa gli ho
salvato la vita." (Risate) Era tra i rottami della sua
automobile, l’ho tirato fuori e praticato la rianimazione
cardiopolmonare. E ho salvato anche la vita di sua moglie."
Disse, "
Credo che adesso abbia una migliore opinione di me."
(Risate)
(Applausi)
Vedete, per me, le comunità umane si
reggono sulla diversità dei talenti, non su una singola
concezione di abilità. E al cuore delle nostre sfide -
(Applausi) Al cuore della sfida c'è la ricostituzione dell'idea
di abilità e di intelligenza. Questa cosa della linearità è un
problema.
Quando sono arrivato a Los Angeles,
circa nove anni fa, mi sono imbattuto in un documento ufficiale
che con le più buone intenzioni diceva: "
L’università comincia
dall’asilo." No, non è così. (Risate) Non comincia qui. Se
avessimo tempo potrei spiegare, ma non l’abbiamo. (Risate)
L’asilo comincia all’asilo. (Risate) Un mio amico una volta
disse, "
Un bambino di tre anni non è la metà di uno di sei."
(Risate) (Applausi) È un bambino di tre anni.
Ma, come abbiamo sentito nella
sessione precedente, c’è così grande competizione per entrare
all’asilo, per entrare nel "
giusto" asilo, che alla gente fanno
dei colloqui, a tre anni. Bimbi seduti di fronte ad una
commissione con il loro curriculum, (Risate) mentre viene
sfogliato e ti senti dire "
Beh? Tutto qua?" (Risate) (Applausi)
"Sei in giro da 36 mesi ed è tutto qua?" (Risate) Non hai fatto
niente. "
Hai trascorso i primi sei mesi a poppare, per quel che
vedo." (Risate) Vedete, è una concezione oltraggiosa, ma attrae
la gente.
L’altro grande problema è il
conformismo. Abbiamo realizzato sistemi educativi sul modello
del fast food. Jamie Oliver ha parlato su queste cose qualche
giorno fa. Ci sono due modelli di valutazione della qualità
nella ristorazione. Uno è il fast food, dove tutto è
standardizzato. E l’altro sono cose tipo Zagat o la Guida
Michelin dei ristoranti, dove niente è standardizzato, ma
personalizzato a seconda delle caratteristiche locali. E noi ci
siamo svenduti ad un modello educativo fast food. E sta
impoverendo il nostro spirito e le nostre energie così come il
fast food sta deteriorando i nostri corpi.
(Applausi)
Credo che qui dobbiamo riconoscere un
paio di cose. Anzitutto che il talento umano è tremendamente
diversificato. Le attitudini delle persone sono molto diverse.
Mi sono reso conto recentemente che mi è stata data una chitarra
da bambino più o meno alla stessa età alla quale ad Eric Clapton
è stata data una. Insomma, voglio dire, ha funzionato per Eric.
(Risate) Non per me. Non riuscivo a far funzionare 'sta cosa per
quanto spesso e forte ci soffiassi dentro. Semplicemente non
andava.
Ma non è solo questo. È questione di
passione. Spesso le persone sono brave nelle cose che non gli
interessano. È questione di passione e di ciò che entusiasma il
nostro spirito e ci dà energia. E se si fanno le cose che si
amano, quelle per le quali si è bravi, il tempo prende una nuova
strada completamente. Mia moglie ha appena finito di scrivere un
romanzo, e credo che sarà un bel libro, ma lei sparisce per ore
quando scrive. Lo sapete, quando si fa qualcosa che si ama
un’ora sembra cinque minuti. Se si fa una cosa che non risuona
con il proprio spirito, cinque minuti sembrano un’ora. E la
ragione per la quale così tante persone rinunciano
all’istruzione è perché non nutre il loro spirito, non alimenta
la loro energia o la loro passione.
Quindi credo che dobbiamo cambiare le
metafore. Dobbiamo passare da un modello industriale
dell’educazione, un modello di produzione, che è basato sulla
linearità sul conformismo e sulla segmentazione delle persone.
Dobbiamo passare ad un modello basato più sui principi
dell’agricoltura. Dobbiamo riconoscere che la crescita
dell’essere umano non è un processo meccanico, è un processo
organico. E non si può predire il risultato finale dello
sviluppo umano; tutto quel che possiamo fare, come un
agricoltore, è creare le condizioni entro le quali cominceranno
a crescere e svilupparsi.
Quindi, pensare di riformare e
trasformare l’educazione, non è come clonare un sistema. Ce ne
sono di ottimi, come KIPP, ottimo sistema. Ci sono molti ottimi
modelli. Ma è questione di personalizzazione sulla tua
situazione, e personalizzare l’educazione alle persone alle
quali stai insegnando. E questo credo sia la risposta al futuro
perché non è questione di adattare una nuova soluzione; è
questione di creare un movimento nell’educazione nel quale le
persone sviluppino le loro soluzioni, ma con il supporto esterno
a un percorso personalizzato.
In questa sala, ci sono persone che
rappresentano risorse straordinarie nel business, nel multimedia
e in Internet. Queste tecnologie, combinate con talenti
straordinari di insegnanti, forniscono l'opportunità di
rivoluzionare l’educazione. E vi sollecito a prenderne parte
perché è vitale, non solo per noi stessi, ma per il futuro dei
nostri figli. Ma dobbiamo passare dal modello industriale ad un
modello agreste, così che ogni scuola possa fiorire domani. È
qui che i bambini fanno esperienza della vita. O a casa, se è lì
che si è scelto di educarli, con le loro famiglie o i loro
amici.
Si è parlato molto di sogni nel corso
di questi ultimi giorni. E vorrei, molto rapidamente - mi hanno
colpito molto le canzoni di Natalie Merchant, l’altra sera,
recuperare le vecchie poesie. Vorrei leggervi una breve poesia
di W.B. Yeats, qualcuno lo conoscerà. La scrisse al suo amore,
Maud Gonne, dispiacendosi del fatto che non era in grado di
darle quello che avrebbe voluto. E disse: "
Ho qualcos’altro ma
forse non è quello che tu vuoi".
E disse: "
Se avessi i drappi ricamati
del cielo, intessuti della luce dell'oro e dell’argento, i
drappi azzurri e quelli dai colori chiari e scuri, delle mezze
luci del giorno e della notte, stenderei quei drappi sotto i
tuoi piedi. Ma io, essendo povero, ho solo i miei sogni. Ed i
miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi. Cammina leggera, perché
cammini sui miei sogni. E ogni giorno, in ogni luogo, i nostri
figli stendono i loro sogni sotto i nostri piedi. E noi dovremmo
camminare con piede leggero.
Grazie.
(Applausi)
Grazie molte".
Link della conferenza
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