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Ritratto di Giuseppe Verdi di Giovanni
Boldini. Analisi del magnifico e intenso capolavoro pittorico
che immortalò il massimo operista nazionale italiano ormai
vecchio e stanco dopo una vita di trionfi musicali.
   
Quando Giovanni Boldini
, l'artista nato a
Ferrara il 31 dicembre 1842, eseguì il
ritratto di
Giuseppe Verdi, nel 1886, il grande
compositore italiano che era al culmine della sua fama. Nonostante
si trovassero entrambi a
Parigi, il musicista
concesse di posare per il connazionale con grande ritrosia. Poco
convinto, si recò più volte al numero 11 di Place Pigalle,
insieme alla moglie Giuseppina Strepponi, la cui presenza
e petulanza lo innervosiva sempre, e al direttore d'orchestra
Emanuele Muzio, con cui discusse ininterrottamente di
lavoro.
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Ne
uscì la convenzionale tela a olio che, in occasione della
trionfale tournée del Falstaff nel 1893, l'artista donò e dedico
al maestro (l'opera è ora a Milano, presso la casa di riposo per
musicisti Giuseppe Verdi).
Nell'immediato
però, il pittore fu così insoddisfatto del risultato che implorò
Verdi di concedergli un'ultima seduta di posa. I Boldini
venivano dal nulla, erano povera gente e non potevano farsi
scappare una opportunità tanto facilmente. Suo padre Antonio,
pittore anche lui, di soggetti sacri, non aveva avuto fortuna
nell'arte: "Un mestiere da morir di fame", diceva
scoraggiato guardando i numerosi figli che aveva messo al mondo,
e si augurava per loro una carriera più redditizia. Ma Giovanni
aveva la pittura nel sangue, così come in mente aveva le donne
e, ormai già da molti anni a Parigi, voleva lasciare un segno
con il ritratto dell'illustre concittadino.
Il
maestro
Verdi acconsentì ad un'altra seduta con Boldini con grande riluttanza
solo dopo un ripetuto invito del pittore. Questa volta, il
compositore si presentò per la posa da solo, e dopo circa
quattro ore il ritratto a pastello era concluso. Nacque così, a
riparazione di un'opera male riuscita, il ritratto più
convincente noto del musicista, caratterizzato dall'alto
cilindro e dalla sciarpa bianca annodato al collo. È quello che
si potrebbe definire un ritratto romantico realista, dove gli
elementi psicologici e caratteriali bilanciano bene la precisa
resa fisionomica. Gli occhi vivissimi e chiari guardano curiosi
il mondo. E, le narici, leggermente aperte, sembrano fremere. La
volitività del volto si stempera nella curata barba bianca,
mentre cilindro e marsina raccontano la vita elegante, il
benessere la fama. La sciarpa, portata con noncuranza, svela
invece l'estro artistico. Il ritratto di grande espressività, fu
apprezzato moltissimo da subito, tanto che la casa Ricordi
voleva utilizzarlo per l’edizione dell’Otello. Tuttavia il
Giuseppe Verdi pur apprezzandolo ne rimase un po' turbato:
"Per quanto sia grande la rassomiglianza e il merito del lavoro,
mi pare sia uno scherzo più che un ritratto serio".
Questa tela a
pastello fu così cara Boldini che non volle cederlo neanche
all'allora Principe di Galles. Lo presentò invece come uno dei
suoi cavalli di battaglia nelle più grandi rassegne pittoriche
nazionali e internazionali dell'epoca. Nel 1918 il pittore,
infine, lo donò alla Galleria d'Arte Moderna di Roma,
dove ancora oggi e conservato.
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