Lavorare in Italia: il primo lavoro

 

Con un tasso di occupazione intorno al 60%, l'Italia presenta un mercato del lavoro variegato ma rigido, con forti divari territoriali e generazionali. Se Milano e le regioni del Nord offrono più opportunità, il Mezzogiorno sconta livelli di disoccupazione tra i più alti in Europa. In questo articolo analizzeremo le prospettive lavorative in Italia, tra luci e ombre, con un focus su settori trainanti, politiche attive del lavoro e confronti con realtà europee più dinamiche.

 

L'Europa presta molta attenzione ai giovani, tramite diversi programmi comunitari (Gioventù Socrates) e ricerche di approfondimento (Libro bianco). Tuttavia a chi ha meno di 30 anni continua a mancare una concreta possibilità di autonomia: il ritardo nell'ingresso nel mondo del lavoro ed il costo dell'affitto (o del mutuo) rendono molto difficile allontanarsi da casa e costruirsi una famiglia. Questo genera insicurezza e una perdita di fiducia nella politica e nelle istituzioni.

Giovane Europa

In Europa sono circa 85 milioni i giovani di età compresa tra i 15 ed i 25 anni. Una moltitudine che si porta sulle spalle uno zaino carico di aspettative e di richieste concrete spesso inevase nei rispettivi Stati nazionali. La speranza è che l'Europa riesca a fare qualcosa di più, realizzando politiche più incisive a livello comunitario. Oggi le principali iniziative europee che si rivolgono ai giovani sono il programma Gioventù, Socrates, Leonardo da Vinci. Il programma Gioventù si occupa di promuovere soprattutto la mobilità e il volontariato (attività individuali di volontariato giovanile transnazionale); il programma Socrates (in cui rientra anche l'Erasmus) dispone di uno stanziamento corposo ed è rivolto al mondo della scuola e della formazione. Altre iniziative trattano la mobilità volta a favorire la conoscenza linguistica; il Leonardo da Vinci si occupa di formazione a livello transnazionale. L'impegno delle iniziative europee è soprattutto rivolto alla contaminazione, allo scambio, al confronto culturale e non riesce ad entrare nel merito dei problemi che i giovani affrontano sul territorio.

Indipendenza? Un sogno lontano

Nonostante gli investimenti significativi, l'impegno dell'Europa per i giovani va potenziato. La scelta finora adottata è stata quella di lasciare questo tema alla responsabilità dei singoli Stati membri, limitandosi ad incentivare la mobilità e la formazione comunitaria. Anche i lavori della Convenzione Europea sembrano confermare quest'ottica, tuttavia manca ancora nella bozza del praesidium un articolo che definisca in modo chiaro il campo d'azione delle politiche comunitarie. I giovani europei sono un mondo estremamente variegato, che condivide però gli stessi problemi fondamentali: innanzitutto la difficoltà ad allontanarsi da casa. L'autonomia è acquisita sempre più tardi: il 67% dei ragazzi europei tra i 18 e i 24 anni vive ancora con la famiglia. L'ostacolo principale è il costo dell'affitto o del mutuo per la casa e pertanto i giovani preferiscono utilizzare il loro stipendio per beni di consumo o per occasioni di svago. La mancanza di una reale possibilità di autonomia indebolisce la fiducia nelle istituzioni e causa una perdita di interesse verso la partecipazione politica. Se l'Unione Europea deve modellarsi sugli europei, essa deve soprattutto modellarsi sui giovani.

Le politiche giovanili in Italia

I problemi di autonomia diffusi in Europa nel nostro Paese sono amplificati dal ritardo con cui i giovani italiani entrano nel mondo del lavoro. Secondo i dati dell'European Community Household Panel rispetto ai coetanei europei gli italiani incominciano a lavorare con un ritardo medio di quattro-cinque anni. Questo si riflette sulla possibilità di lasciare la famiglia per vivere da soli: il 95% degli italiani resta in casa almeno fino ai 24 anni.
Ma chi si occupa delle politiche giovanili in Italia? A seguito del decentramento amministrativo, la conduzione delle politiche giovanili è affidata da qualche anno ai comuni. Una scelta che ha portato ad esperienze positive, specie nella seconda metà degli anni '80, grazie soprattutto agli informagiovani, ma che oggi non sembra più sufficiente. Le politiche giovanili oggi cercano di fornire soprattutto spazi fisici dove incontrarsi e opportunità per esprimersi, in un'ottica in grado di integrare politiche del disagio, del lavoro e della cultura. Tuttavia questi interventi si preoccupano soprattutto della gestione del tempo libero, dando per scontato che ad un ragazzo di 22 anni non verrebbe mai in mente di andare a vivere da solo.

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