Museo Diocesano a Urbino

Museo Diocesano a Urbino 

 

Reliquari, dipinti, calici, mitre, pastorali, antifonari miniati, ceramiche e porcellane, cristalli e candelieri… sono solo alcuni dei pezzi d’arte sacra custoditi all’interno del Museo diocesano Albani di Urbino, uno dei più ricchi e apprezzati d’Italia. Opere di preziosa testimonianza di arte e religiosità lungo i secoli storici della città. Il museo è ospitato sul lato destro del Duomo di Urbino e si sviluppa in dodici sale al pianoterra del Palazzo Arcivescovile.

Tra queste sale in particolare spiccano due ambienti principali: la Sagrestia vecchia, sorta in epoca rinascimentale, e la Sacrestia nuova (detta anche dei canonici o Sala del Tesoro), del Settecento, voluta dal papa Clemente XI (nato Giovanni Francesco Albani), originario proprio di Urbino.

Museo DiocesanoLe due sacrestie costituiscono il primo nucleo del museo e ambedue custodiscono preziosi elementi, tra cui importanti tele di artisti come Girolamo Cialdieri, Andrea da Bologna, Federico Zuccari e Federico Barocci. Benché il museo diocesano come tale abbia una data recente (1964) e sia stato oggetto di lavori di ristrutturazione nel 2010, i due ambienti delle sacrestie già esponevano il tesoro sacro nel XVIII secolo. Il museo risulta dedicato alla famiglia Albani, storica casata nobiliare urbinate, il cui membro più importante, Giovanni Francesco Albani, il 243° papa della Chiesa cattolica con il nome appunto di Clemente XI, nacque proprio ad Urbino. Il papa continuò ad avere stretti rapporti con la sua città natale; il suo mecenatismo e amore per le arti fu tale da consentirgli di promuovere una ripresa per la città, dopo gli anni di decadenza a cui fu soggetta dalla fine del ducato (furono finanziate dagli Albani, dal papa e dai cardinali nipoti, importanti ristrutturazioni, tra cui il Palazzo comunale e il Palazzo dell’Arcivescovado, oltre che gli interni delle chiese della città, tra cui la Chiesa di San Francesco, la Chiesa di San Domenico e l’Oratorio di San Giuseppe e lo stesso Palazzo Albani), più la costruzione del Collegio Raffaello e, nel 1722, la creazione della Fabbrica delle Spille (che fu una rinomata manifattura artigiana, attività che divenne una delle più fiorenti e redditizie industrie cittadine).

Il nome Albani non poteva non presenziare quindi all’importante tesoro sacro oggi custodito all’interno del museo, anche perché molte opere della collezione presente furono donate proprio dal pontefice e da suoi parenti alla città: tra tutte, in particolare, nella sacrestia nuova troviamo il "leggio di Federico da Montefeltro", di probabile manifattura inglese, restituito da papa Clemente ad Urbino nel 1717, dopo essere stato portato a Roma a seguito della devoluzione dei beni del ducato allo Stato Pontificio (1658). Secondo la tradizione, il leggio venne sottratto dal duca Federico nel 1472 in quel di Volterra e poi collocato nella libreria del suo palazzo a sorreggere la famosa Bibbia ebraica, che oggi si ammira a Roma nella Biblioteca vaticana. Numerose donazioni riguardano sfarzosi arredi liturgici e paramenti sacri. Nella stessa sacrestia troviamo anche oggetti di culto, come calici, ostensori, ampolle, mitre, piviali e altri antichi cimeli, tra tutti spicca un settecentesco calice in argento dorato e filigrana d’argento, intarsiato di pietre preziose.

Il percorso interno del museo è organizzato secondo una base cronologica delle opere, quando non riferibile a scelte tematiche. Non mancano informazioni ed esposizioni e testimonianze sulla storia della cattedrale, dalla sua costruzione e fino all'assetto attuale o informazioni ed esposizioni che raccontano della nascita della collezione in rapporto all'attività di mecenatismo della famiglia Albani. Le tavole e le tele delle botteghe attive nel Rinascimento o nell’età più tarda attraggono il visitatore, così come la collezione di ori ed argenti opera di maestranze artigiane di epoche passate, o ancora dei rari codici miniati del Quattrocento custoditi nella sacrestia vecchia, come accade per il Codice miniato Proprium Sanctorum, un manoscritto  composto da 261 carte e decorato da lettere miniate, come la miniatura raffigurante il Martirio di Sant’Agata (attribuita a Bartolomeo della Gatta, 1479- 1482) o quella che raffigura una Chiesa goticizzante.

Splendide le porcellane custodite nella Sacrestia vecchia (prima sala del Museo), in particolare si apprezzeranno le due piccole statue San Paolo e San Pietro, in porcellana, opera di J.J. Kandler nel 1736-40, o i piatti in maiolica, con manifattura di Casteldurante (XVI secolo) o di Urbania (XVIII secolo) del Santuario di Battaglia. Il ciclo di affreschi di Antonio Alberti da Ferrara presenti nella stessa sacrestia proviene invece dalla chiesa di San Domenico, dove costituivano parte della cappella absidale.

Tra le tele, si ammiri in particolare la Madonna del latte, una tavola della seconda metà del Trecento, opera probabilmente di Andrea da Bologna, e rinvenuta presso la chiesa di San Paolo, sempre ad Urbino. Molto bella e rappresentativa è la Madonna col Bambino e santi Gregorio e Antonio Abate, di Girolamo Cialdieri, che fu eseguita per l’altare dell’Oratorio di San Gregorio, e sul cui sfondo s’intravede la chiesa di San Bernardino. I dipinti di Agostino Masucci furono donati dallo stesso oratorio. Dall’Oratorio di San Giuseppe pare invece essere provenienti una piccola tela raffigurante San Girolamo penitente, probabile opera di Federico Barocci. Il grande dipinto raffigurante l’Assunta e San Crescentino, patrono di Urbino, fu esposto come Pala d’altare durante il Natale del 1778, dove è anche possibile scorgere (in basso a destra) una veduta di Urbino, con il Palazzo ducale in primo piano.

Il museo prosegue l’esposizione nella cosiddetta Cripta o Oratorio della Grotta, un luogo suggestivo e sicuramente da visitare, a cui si accede dalla sinistra del portico della cattedrale e verso una lunga scalinata. Al suo interno, un tempo, un gruppo di persone creò la Confraternita della Grotta, o anche Compagnia della Grotta.  Oggi, si possono visitare le quattro cappelle, dove è possibile rivivere i luoghi della vita di Gesù (nascita, morte, sepoltura e Resurrezione), l’ultima delle quali venne aggiunta nel 1612. In una di queste cappelle è custodita la Pietà di Giovanni Bandini, commissionata dal duca Francesco Maria II della Rovere (l’ultimo duca) e utilizzata invece per il figlio, Federico Ubaldo, che mori in giovane età senza lasciare eredi (in effetti, ci fu la giovane Vittoria, la cui sorte tuttavia non la legò con il ducato di Urbino, bensì con il Granducato di Toscana e alla quale si contrappose comunque con forza lo Stato Pontificio).

 

Museo Diocesano Albani di Urbino

Palazzo Arcivescovile

Piazza Pascoli, 1

61029 Urbino PU

 

 

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