Federico da Montefeltro
Il duca di Urbino
Federico
da Montefeltro, abile condottiero, è passato
alla storia più per essere un rinomato mecenate dell'arte e
dell'erudizione rinascimentale che come soldato. Ritratto in una delle
più famose opere del
Rinascimento
da
Piero della Francesca
(Dittico di Montefeltro oggi
conservato alla
Galleria degli Uffizi di Firenze), scuro,
dalla pelle olivastra, con il suo topico naso
aquilino dovuto a un incedente durante un torneo
cavalleresco, rimane una figura tra le più
affascinanti della storia d'Italia.
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Divenuto ricchissimo grazie alle sue campagne militari,
spese gran parte del suo patrimonio per mantenere una delle
più famose corti rinascimentali e per edificare il
Palazzo Ducale di Urbino
e il Palazzo Ducale di Gubbio, oltre che per
allestire una delle più celebri biblioteche
dell'epoca, seconda solo a quella papale.
Nato
nella città umbra di
Gubbio, il 7 giugno
1422 figlio illegittimo e molto tardivo di Guidantonio da Montefeltro,
duca di Spoleto e signore di Urbino. I primi anni del futuro duca di Urbino
vennero condizionati grandemente della sua condizione di "Bastardo", benché
legittimato. La seconda moglie di suo padre non fu benevola nei suoi
confronti, facendolo allontanare dalla Corte nel timore di rivendicazioni
alla successione nei confronti degli altri figli avuti da lei.
Federico
fu affidato alle cure di Giovanna Alidosi, vedova di Bartolomeo
Brancaleoni, Signore di Sant’Angelo in Vado, mamma della piccola Gentile
Brancaleoni cui lo stesso Federico fu promesso in sposo quando aveva
soltanto tre anni d’età. Giovanna Alidosi, fu per lui una madre amorevole
che lo avrebbe cresciuto fino a quando, a undici anni, fu giudicato pronto
per affrontare la vita pubblica e venne inviato dal padre a
Venezia. Ma la sua condizione
di illegittimo non gli impedì di diventare uno dei principali protagonisti
della scena politica (e culturale) italiana del XV secolo. La
Serenissima fu la prima tappa di un percorso formativo, che poi lo portò a
Mantova, dove ebbe come mentore il grande umanista Vittorino
da Feltre, immerso in uno degli ambienti culturali più importanti che
l'Italia potesse contare in quel periodo, presso la corte di
Gianfrancesco Gonzaga.
Federico sposò la promessa Gentile Brancaleoni
a soli quindici anni. Tre anni dopo il duca di Milano, Filippo Maria
Visconti, lo incaricò della sua prima missione militare cui si dedicò con
rara maestria e talento. Da quel momento in poi entrò a pieno titolo nella
scena politico militare del nord Italia in un susseguirsi di alleanze e
contro-alleanze. Si scontrò con i Maletesta, i potenti Signori di
Rimini, che per tutta
la sua vita rimasero suoi nemici giurati, ma ai quali poco a poco, in un
susseguirsi di battaglie vinte e perse, complotti e dispetti reciproci,
avrebbe tolto quasi tutto il territorio precedente, con le sole eccezioni di
Rimini e Cesena.
Nel 1444 divenne il padrone di Urbino dopo
l'assassinio del suo fratellastro, Oddantonio da Montefeltro,
succeduto al padre un anno prima, di cui fu sospettato di essere il
mandante. Oddantonio, in ogni caso era un personaggio odiato per vari
motivi, tra cui, la sua la sua politica fiscale oppressiva, ed il vizio
tipico dei potenti di molestare le altrui signore. Nonostante il fatto che
non ci siano mai state prove certe del coinvolgimento di Federico
nell'assassinio, ci furono comportamenti plateali che lo fecero subito
pensare, a cominciare dal fatto che il giorno successive all'accaduto
Federico si presentò immediatamente alle porte di Urbino per entrare
trionfalmente in città dove, anziché punire i rivoltosi, concesse
un’amnistia generale, timoroso del fatto che qualcuno potesse parlare. La
storia dell'arte ricorda che Federico ordinò a Piero della Francesca la
Flagellazione di Cristo per commemorare l'assassinio del fratellastro
(oggi alla
Galleria Nazionale delle
Marche di Urbino).
Da allora fino alla sua morte nel 1482, per quasi quarant'anni e fra imprese
di guerra e strategici e accorti atti politici (che gli diedero fama
in Italia e all'estero) fece della sua dimora di Urbino "una città in
forma di palazzo" che rispecchiasse l'ideale umanistico di cui si era
spiritualmente nutrito. La vicenda della costruzione dello straordinario
Palazzo interessò i più potenti mecenati italiani. Ne vollero informazioni
Lorenzo il Magnifico e Federico Gonzaga, e assai più tardi il
cardinale d'Aragona. Baldassare Castiglione concepì il Cortegiano
in quell'atmosfera di raffinati splendori;
Giorgio Vasari
giudicò "così bello e ben fatto tutto quel palazzo, quanto altro che in
sin a ora sia stato fatto giammai", e ancor nel 1724 ne fu pubblicata
per il pretendente al trono inglese Giacomo III Stuart la descrizione di
Bernardino Baldi, scritta nel Cinquecento. Sommi maestri del Rinascimento
intervennero direttamente nella sua costruzione o indirettamente
contribuirono a creare il clima estetico, ed in un certo senso morale, per
cui essa poté attuarsi: Piero della Francesca, forse Leon Battista Alberti,
il Bramante, Luciano Laurana "Ingegnere e capo di tutti li maestri" artista
disputatissimo dalle corti del tempo (a cui è stato attribuito spesso
anche il celebre dipinto, la Città Ideale), Francesco di Giorgio Martini,
per non parlare delle figure minori come Baccio Pontelli o Matteo da
Volterra. Insomma, un compendio artistico del più puro Quattrocento
italiano, di cui si possono trovare le reminiscenze in tutta Europa, fino al
Castello reale di Praga.
Dopo la presa di potere a Urbino, il primo
incarico militare di Federico fu per
Francesco I Sforza, con 300
cavalieri. Al soldo degli Sforza, trasferì
Pesaro
sotto il loro controllo e, per 13.000 fiorini, ricevette
Fossombrone
come sua parte, facendo infuriare
Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Nonostante gli sforzi di Federico, la sovranità sforzesca nelle Marche fu
smantellata negli anni successivi. Quando lo Sforza rientrò in la Lombardia,
Sigismondo fomentò una rivolta a Fossombrone, ma Federico la riconquistò tre
giorni dopo.
Dopo sei anni al servizio di
Firenze,
Federico fu assunto nuovamente nel 1450 da Francesco Sforza, ora duca di
Milano. Tuttavia, non poté svolgere i compiti assegnatigli perché perse
l'occhio destro durante un torneo (ragion per cui venne sempre ritratto di
profilo nei quadri). Sigismondo Malatesta approfittò di questo infortunio
per prenderne la posizione di Federico da Montefeltro sotto gli Sforza, al
che quest’ultimo nell'ottobre 1451 accettò invece la proposta di Alfonso
V d'Aragona, re di
Napoli,
di combattere per lui contro la stessa Firenze (le alleanze, come detto,
erano molto mutevoli).
Dopo la perdita dell'occhio, Federico, che non era estraneo alle varie
cospirazioni dell’epoca tanto da essere uno dei personaggi che ispirarono
Niccolò Machiavelli a scrivere Il Principe, fece rimuovere dai
chirurghi il ponte del suo naso (ferito nell'incidente) e la palpebra.
Questo migliorò notevolmente il suo campo visivo in battaglia e lo rese meno
vulnerabile ai tentativi di assassinio e, come si può vedere dalla sua
carriera di successo in seguito, ripristinò i suoi meriti come comandante
sul campo.
Nel 1453 l'esercito napoletano fu colpito
dalla malaria, e Federico stesso rischiò di perdere il suo occhio sano. La
Pace di Lodi
dell'anno successivo sembrò privarlo di occasioni per esibire la sua abilità
di comandante militare. Il 1458 fu un anno difficile nella vita di Federico,
per la morte sia di Alfonso V d'Aragona che del suo amato figlio
illegittimo, Buonconte.
La sua fortuna si riprese quando Enea
Silvio Piccolomini, uomo di cultura
come lui, divenne Papa con il nome di
Pio II e lo fece Gonfaloniere di
Santa Romana Chiesa. Dopo alcune notevoli imprese nel Regno di Napoli,
combatté nelle Marche contro Malatesta, sconfiggendolo sonoramente al fiume
Cesano presso Senigallia (Battaglia di Cesano - 1462). L'anno successivo
catturò Fano e Senigallia, facendo prigioniero Sigismondo Pandolfo. Il Papa
lo fece vicario dei territori conquistati.
Nel 1464 il nuovo papa Paolo II lo
chiamò a respingere le mire di Everso
II Anguillara, dal quale
riconquistò gran parte del Lazio settentrionale per il controllo papale.
L'anno seguente catturò Cesena e Bertinoro in Romagna. Nel 1466 Francesco
Sforza morì, e Federico assistette il suo giovane figlio Galeazzo Sforza nel
governo di
Milano,
e comandò anche la campagna contro un altro famoso condottiero del tempo,
Bartolomeo Colleoni.
Nel 1467 prese parte alla Battaglia di
Molinella. Nel 1469, alla morte di
Sigismondo Pandolfo Malatesta, Paolo II lo mandò ad occupare Rimini:
tuttavia, temendo che un eccessivo potere papale nella zona potesse
minacciare anche la sua base di Urbino, una volta entrato a Rimini Federico
la tenne per sé. Il 30 agosto 1469 si scatena la battaglia decisiva fra
Roberto Malatesta, figlio di Sigismondo, e i suoi alleati, in primis il Duca
d’Urbino Federico da Montefeltro, contro l’esercito papale comandato da
Alessandro Sforza signore di Pesaro e il Capitano Generale Pontificio
Napoleone Orsini, conte di Albe e di Tagliacozzo, nonché signore di
Bracciano. Dopo aver sconfitto le forze papali Federico, cedette Rimini a
Roberto Malatesta.
La questione fu risolta dall'elezione di
papa Sisto IV, che diede in sposa il suo nipote preferito
Giovanni Della Rovere
alla figlia di Federico, Giovanna, e gli diede il titolo di duca di Urbino
nel 1474; Roberto Malatesta sposò l'altra figlia Elisabetta. Ora Federico
combatteva contro i suoi ex patroni, i fiorentini, nel tentativo del Papa di
ritagliare uno stato per suo nipote
Girolamo Riario. Il fallimento del
complotto per rovesciare i Medici (nella cosiddetta "Congiura
dei Pazzi" andata in scena il
26 aprile 1478) fu un duro colpo sia per il duca che per il papa. Qualche
decennio più tardi Machiavelli avrebbe descritto sempre nel "Principe",
il fatto che il ricorso a metodi moralmente discutibili era giustificato dal
fine superiore consistente nella volontà di procurarsi uno Stato e
soprattutto di mantenerlo.
Dopo la morte dell'amata seconda moglie
Battista Sforza (figlia di Elisabetta Malatesta e Alessandro Sforza), che
non si riprese più dopo aver dato alla luce il loro settimo figlio a 25
anni, trascorse gran parte del suo tempo nel magnifico palazzo di Urbino. Il
duca aveva perso la compagna che descriveva come "la delizia delle mie
ore pubbliche e private"; un contemporaneo, parlando del loro rapporto,
li aveva definiti due anime in un solo corpo. Nel 1482 fu chiamato a
comandare l'esercito di Ercole I di Ferrara nella sua guerra contro
Venezia,
ma fu colpito dalla febbre e morì a
Ferrara
in settembre. Un anno dopo ad Urbino nasceva
Raffaello.
Il figlio di
Federico, Guidobaldo, che ereditò il ducato di Urbino, fu un sovrano
malaticcio e inefficace, che si sposò con Elisabetta Gonzaga, la brillante e
colta figlia di Federico I Gonzaga, signore di Mantova. Con la morte di Guidobaldo nel 1508, il ducato di Urbino passò attraverso Giovanna alla
famiglia papale dei Della Rovere, nipoti di Guidobaldo.
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