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> Programmi in televisione, il nulla
Cosa guardiamo quando accendiamo distrattamente la TV? Spesso
solo contenuti ripetitivi e di scarso valore. Un'analisi
critica.
Articolo di archivio di più di 10 anni. Ma da allora non è
cambiato molto :).
Questo articolo scaturisce dalla visione di una serie di
programmi TV e dai pensieri derivati da questa visione e non vuole essere una critica tout court, ma un invito
alla riflessione ed alla considerazione dei modelli
di comportamento che la TV offre e che tutti noi
rischiamo di subire ed accettare senza troppe riflessioni.
AVVERTENZA: i programmi descritti decisamente non sollevano lo spirito!
Ho iniziato a meditare sull'argomento
"il nulla in televisione" qualche anno fa,
quando in un passivissimo dopo pranzo casalingo accesi la
TV su Canale 5. Mi ritrovai catapultata nel mondo di
Maria De Filippi, per la precisione della trasmissione "
Uomini
e donne", che ho seguito per qualche tempo, essendo ormai
perversamente schiava del format, come lo si è dall’osservazione
del gatto spiaccicato in autostrada quando si passa in macchina.
La capace conduttrice, probabilmente nativa dell’antica Sparta,
armata di misteriosa cartellina e di cattivissimi stiletti,
gestiva una specie di casa di appuntamenti, in cui un od una "
tronista",
cioè, una sorta di re o regina posizionati su di
un’ambiziosa
sedia-trono si facevano corteggiare da schiere di uomini o
donne, appunto, che si dicevano man mano invaghiti od innamorati
del/della tronista in questione. La curiosità mi ha avvinto. In
particolare, il perverso meccanismo della "
scelta", ovviamente
basato principalmente su criteri estetici, mi ha dato da
pensare. Il/la tronista inizialmente sgrossava il numero
dei pretendenti convenuti, con un simpatico "
si" o "
no" emesso
più o meno a prima vista o un po’ dopo. I pretendenti potevano
prendere la parola in modo da attirare l’attenzione del tronista
e farsi
conoscere, così da essere confermati, quindi rimanere
fino alla fine, ma spesso questo non bastava, se l’estetica o il
look non assistevano il malcapitato in questione. Poi iniziava
un corteggiamento di settimane, in cui il tronista parlava,
flirtava, discuteva, ballava con i corteggiatori, e venivano
mostrati filmati delle uscite, le cosiddette "
esterne", che il
tronista aveva girato nei giorni precedenti con alcuni
pretendenti prescelti. Tutto questo era condito dai commenti al
sapor di vetriolo o di zucchero filato, a seconda della persona
del pubblico parlante, uomo o donna, che interveniva, che diceva
la sua sul tronista, sul corteggiatore, sulla credibilità o meno
del loro essere, sulla probabilità o meno di successo della loro
futura potenziale storia. Fino a qui, credevo che non ci fosse
molto buon gusto, ma tutto qui. Poi la bionda del pubblico… la
bionda prendeva la parola, agguantando il microfono come fosse
l’ultima scialuppa di salvataggio sul Titanic, e parlava in
romanesco, con tono di voce da perforazione coatta del timpano,
apostrofando i tronisti od i corteggiatori, a seconda del
momento, con parolacce, insulti, sfottò così pesanti da
lasciarmi seriamente turbata. E lì ho iniziato a riflettere. Non
sono contro i programmi d’intrattenimento, né mi faccio turbare
più di tanto dall’assenza di buon gusto, che è pur sempre una
percezione personale, e come tale può essere falsata… Tuttavia
il modello di soggetto vincente che emergeva dalla visione del
programma era più o meno così formulato: persona di bellezza
imbarazzantemente sopra la media, con fisico palestrato e
lampadato nel 90 % dei casi, un modo dì fare e di parlare spesso
aggressivo, o perlomeno assertivo, ed una certa schiettezza nel
dire le cose agli altri, spesso di tipo offensivo e gratuito.
Stile di vita dispendioso e soldo facile ogni tanto comparivano
come chimere vagheggiate da un po’ tutti i partecipanti al
programma, ormai definibile un reality. Un valore aggiunto,
poi, sembrava essere il non dare attenzioni agli altri,
dimenticarne il nome, ostentare menefreghismo, mostrarsi
superiori, cosa che culminava con la scelta finale, momento in
cui il corteggiato prescelto, avendo finto per settimane o mesi
di essere interessato alla persona in trono, poteva rifiutare la
sua proposta, ribaltando la situazione di mesi e lasciando tutti
molto spettacolarmente di stucco. Share alle stelle. L’elogio
della sbruffoneria. L’apoteosi della strafottenza. Il trionfo
dell’egocentrismo. E tanto, spaventoso, dilagante, prepotente
nulla.
Da lì ho iniziato a pensare che il programma diffondesse
un’immagine di persona vincente ed un modello di vita da seguire
sbagliati, non perché io detenga il segreto di cosa è giusto e
cosa è sbagliato, ma perché la sensazione che mi lasciava
l’osservazione e l’ascolto di queste persone era spesso di
disagio, di inadeguatezza, di fastidio (ed ho scoperto che, come
a me, succedeva ad altri). Da questo programma sono usciti (o
fuoriusciti che dir si voglia, come una specie di fluido letale)
personaggi come Costantino Vitagliano, Daniele
Interrante (che ha coniato in Tv la parola "
voluttuabile",
suo malgrado) e compagnia bella. Questi personaggi-non
personaggi fanno soldi e guadagnano popolarità sfruttando il
loro nulla, andando ospiti nelle discoteche o nei programmi TV,
facendo spot pubblicitari, vendendo in esclusiva ai giornali
scandalistici brani delle loro ormai avvincenti vite, di cui
evidentemente tanti vogliono sapere i dettagli. Del resto,
questa è la logica di molti realities, rendere la finta
quotidianità di questi "
eroi per caso" una specie di spettacolo
per molti, ragion per cui quello che era spettacolo prima non lo
è più; è la verità, invece, che avvince tremendamente.
L’esempio successivo che viene da sé, scaturendo naturale dai
tasti della tastiera e dalle cellule del fegato, ormai
irrimediabilmente ingrossato, è il "
Grande Fratello".
Attenzione. So di star citando il jet-set della TV trash del
nostro (e non solo) Paese, ma voglio relazionarmi con essa nel
modo più scevro possibile da tutti i commenti snob ed
intellettualistici che posso aver letto e sentito. Sta di fatto
che questi programmi ci sono da anni e sono ancora seguitissimi.
Alessia Marcuzzi, presentatrice super-sgonfia
apparentemente dotata di un certo garbo, è l’attuale conduttrice
del reality show in questione. Le devono aver detto, tuttavia,
di cavalcare l’onda del privato più scabroso dei concorrenti,
chiusi in casa per tempi ormai biblici, animali in gabbia
(ovviamente consenzienti), il cui privato viene presto dato in
pasto al pubblico, felice di spulciare nei tradimenti dei
genitori di quello, nella dipendenza da droga del padre di
quell’altro, nel rapimento infantile del concorrente timido, nel
cambio di sesso del concorrente ambiguo. Un moderno
Colosseo
mediatico. Ancora quel fastidio fa la sua comparsa. Ancora quel
senso di violazione del buon gusto, di maleducazione, ma
soprattutto qualcos’altro. Una sensazione di violenza. La
superficialità, l’aggressività, il soldo facile, la popolarità
del nulla di "Uomini e donne" le ritrovo nel "Grande Fratello",
ma qui c’è anche la violenza.
La violenza dei concorrenti che
dopo un po’ di clausura cominciano ad urlarsi in faccia,
lanciarsi oggetti, venire alle mani. Bestemmiare. E qui però c’è
un regolamento. Se si bestemmia niente dubbi. Si esce. Come se
tutto il resto non fosse violenza. Ed ecco dell’altra violenza
in studio. Quello spulciare nella privacy dei concorrenti e
delle loro famiglie. So che loro accettano di essere messi in
vetrina, ma sfido chiunque a veder mettere in piazza le proprie
cose con totale noncuranza. Il paradosso è che sentiamo parlare
di privacy ovunque e sempre. Firmiamo clausole sulla privacy
quasi ogni giorno. Rispettiamo la linea di privacy in fila alla
Posta, in Banca, in Farmacia. Ci riempiamo la bocca di questa
parola che ci piace tanto. E poi ci rimbecilliamo a berci tutte
le storie che la conduttrice ci racconta, a frugare nei panni
sporchi dei Truman di turno, ad emozionarci per le loro
tragicommedie. E poi c’è Signorini. Un direttore di
giornale, giornalista, opinionista che rientra perfettamente nel
suddetto discorso. Insinua, strilla, allude, ammicca, mette
zizzania, aizza il pubblico, tutto per alimentare la gogna
mediatica che spesso il voyeuristico programma diventa. Ancora
fastidio. Ancora sensazione di violenza. Ed ancora troni, su cui
si innalza il nulla, e lo si esalta, lo si omaggia, lo si
applaude. Non sto parlando tanto a chi sceglie di vedere quei
programmi. I gusti son gusti. Parlo a chi, distrattamente,
facendo zapping, o per noia, o per curiosità, si lascia
avvincere da questo, e, senza avvedersene, ne diventa schiavo, e
in qualche modo si fa influenzare da questi modelli di
comportamento vincente, da applauso. E mi ci metto anche io, che
scrivo questo articolo per salvarmi, in realtà. Aggredire,
sparlare, sminuire, non rispettare l’altro, parlare in faccia e
vantarsene, come fosse sempre una cosa giusta, non sono la cosa
giusta. E non lo è la maleducazione.
E
poi c’è "Buona Domenica". Era presentata da Costanzo.
C’è stata la D’Urso. Ora c’è la Panicucci. o forse
è tornata la D'urso. E negli
ultimi due casi la gentilezza è tornata. Si, non mi sbaglio, no?
Sorrisi, abbracci, canzoni, lacrime, qui si respira aria di vera
umanità, quasi empatia. E invece no. Il rischio di cascarci
stava per fare di nuovo capolino. La violenza di cui parlavo si
manifesta anche qui, ma ha una faccia più subdola, quella della
finta umanità e gentilezza. Intervistare persone che hanno
vissuti drammi devastanti sempre con la lacrima pronta, il
sorriso di circostanza, e stringere mani e lanciarsi in abbracci
e avere lo sguardo fisso alla telecamera: il non plus ultra
dell’ipocrisia. La gentilezza artificiale. L’umanità simulata.
Una violenza sulla sincerità dei rapporti. Se deve essere show,
intrattenimento, spettacolo, che sia. Ma perché continuare a
simulare la vita vera in TV, invece che lasciarla vivere ai
diretti interessati? Per il Dio share? Per il soldo
facile? O semplicemente perché così stiamo diventando,
artificiali, filtrati da uno schermo, che di schermo TV,
computer, telefono o telecamera si tratti? È la TV che riflette
i nostri cambiamenti o siamo noi che cambiamo a causa della TV?
Senza continuare ad accanirmi su Canale 5, ultimamente, avendo
smesso di guardare questi programmi, avevo l’illusoria
sensazione che i tempi stessero cambiando, che ci fosse più
voglia di contenuti, di toni più pacati, di personaggi più
sensatamente interessanti, di temi più profondi, di maggiore
garbo. Insomma, stavo per credere al ritorno dell’educazione e
della gentilezza in TV. Poi è esplosa la mania di Real-Time.
Con il digitale terrestre questo canale ha raggiunto una
popolarità incredibile. Propone una serie di programmi molto
settoriali, che però toccano argomenti di interesse talmente
generale e con un taglio così leggero da catturare orde di
spettatori entusiasti. Non critico gli spettatori. Capisco che
molti dei programmi di Real-Time siano un intrattenimento
leggero ed apparentemente didascalico che può coinvolgere. Ma…
C’è un "
ma". Procediamo con ordine.
"Cortesie
per gli ospiti" è uno dei programmi di questa TV.
Cene a scrocco con aggiuntina di veleno.
Ci sono
tre personaggi, un cuoco, un’architetto donna ed un… "
esperto di
galateo?" che vanno in giro per case ingaggiando gare tra coppie
di "
ospiti" sulla loro bravura come padroni di casa. I tre
vengono invitati a cena e giudicano, nell’ordine: la casa, la
tavola, le abilità culinarie ed il carattere degli ospiti (la
piacevolezza, per meglio dire). L’architetto ha un atteggiamento
snob, molto critico, super-esigente. Il cuoco si mostra spesso
annoiato, deluso, ugualmente iper-critico. L’unico in cui vedo
tracce di gentilezza è l’esperto di buone maniere, che tuttavia
con una femminea favella fa della leggerezza e superficialità
del discorso il suo punto di forza assoluto. Ancora l’arte del
pettegolezzo, della critica, del dire le cose in faccia e
vantarsene. Cene a scrocco con aggiuntina di veleno. Qui il
voyerismo da reality e l’arte del pettegolezzo da talk-show
vanno a braccetto. Del resto, visto che non salutiamo neanche
più il vicino di casa, così è come se nelle case degli altri ci
entrassimo comunque, per spiare, ridacchiare, sbeffeggiare
l’altro, codardamente protetti dallo schermo della TV e dalle
pantofole ai piedi.
C’è poi "
Cerco casa disperatamente".
Della serie "
ora vi dico io come si vive".
E qui ho dovuto
ricontrollare il significato dell’avverbio "
disperatamente" sul
vocabolario. Un milionario che chiama la versione "
agente
immobiliare" di Crudelia Demon e l’allegro architetto
bi-cromo suo braccio destro per spendere qualche milione di
euro... non so, è disperato? Però va bene, qui facciamo finta si
tratti di pura fantasia, sogno, divertissement, intrattenimento
(e probabilmente lo è). Ma questo fare snob dei due
"
protagonisti", che parlano come se vivere fuori dal centro
storico o non avere dieci pareti color tortora in casa fosse
assolutamente disdicevole, in questo periodo storico
soprattutto, mi sembra pura aberrazione. E poco onesto
sicuramente. Però il programma è seguitissimo. E nei forum
dedicati molta gente si dice "
addicted", c’è chi si confessa
super-invidioso, c’è chi ha provato a rifare low-cost le
visionarie modifiche dell’architetto. Insomma, fa sognare. Ma
l’atteggiamento "
ora vi dico io come si vive" lo trovo
fastidioso, oltre che assertivo e di una superficialità nociva.
Ripeto, non parlo di chi lo guarda per diletto, ma di chi lo
subisce, facendone quasi un nuovo modello di vita, di
atteggiamento, di comportamento.
E
concludo la serie su Real Time con "
Ma come ti vesti".
Come distruggere il morale di una persona e ridicolizzarla.
Una platinata esperta di moda ed un simpaticone super- snob
distruggono dei poveracci (finti o veri che siano, non importa)
che si rivolgono a loro per cambiare look. E sembra che buttare
i vestiti vecchi, per quanto osceni possano essere, e
ricomprarsene di nuovi, significhi cambiare vita, migliorare,
rinascere. È vero che ad una donna spesso basta un taglio di
capelli per sentirsi meglio, ma da qui a confondere il
parrucchiere con Freud e l’estetista con il parroco, per
favore, ditemi che non sto delirando, mi pare che ci passi la
Route 66. Ancora superficialità. Ancora pura evasione. E
molta poca gentilezza. E l’arte dello sparlare o del massacrare
vis-à-vis. E torna il modello del personaggio vincente. Quello
che veste in modo costoso, quello che giudica e viene giudicato
in base all’apparenza. E se si guarda per ridere ok. Ma che
questi siano i nostri nuovi punti di riferimento, vi prego, no.
Possiamo fare di meglio. Lo sento. Forse.
E
concluderei con MTV. TV per ragazzi e giovani, dedicata
alla musica, ha ormai un palinsesto piuttosto vario anche a
livello di fiction, programmi, simil-realities.
Comincerei da "
I soliti idioti".
La gigantografia del peggio del nostro quotidiano.
Due ex-VJ si sono
improvvisati attori ed autori, creando una serie di episodi con
personaggi ricorrenti, cui molti giovanissimi, giovani e meno
giovani si sono ormai affezionati, tanto che i protagonisti
hanno girato un film per il cinema e sono stati ospiti a
Sanremo. Questo perché un programma molto sboccato ed
irriverente è diventato un cult. Ammetto di aver sorriso anch’io
all’inizio davanti ad alcuni tormentoni della serie. Poi di
nuovo il fastidio. La donna facile che fa carriera con il sesso;
il padre straricco, volgare e strafottente che ridicolizza il
figlio preciso e studioso prendendolo continuamente a parolacce,
e lo invita a fare il furbo, provarci non proprio delicatamente
con le donne, rubare e quant’altro; l’odiosa coppia di gay,
l’uno apatico e perennemente attaccato al cellulare, l’altro
aggressivo ed "
omofobo al contrario"; l’impiegata sciroccata e
menefreghista, che fa tutto tranne che lavorare. Capisco che ci
siano degli elementi di critica. Può darsi si tratti di satira.
In effetti si può sorridere un pò di certi stereotipi. Ma alla
lunga, non basta? Vediamo tutti i giorni nella vita quotidiana
personaggi e situazioni non troppo lontani da quelli della
mini-serie. Dobbiamo rivederli in TV, oltretutto così caricati,
volgari, pesanti, ripetitivi? E se un adulto di media cultura
riesce a comprendere che di caricature si tratta, un ragazzo un
po’ meno strutturato lo fa? O si limita a ripetere quello che
vede, citando il tormentone, senza interrogarsi più di tanto? Le
parolacce, la volgarità, la bassezza, il nulla… non sono già
dappertutto? C’è bisogno che la TV, oltre che farci vedere
quello che già subiamo tutti i giorni, lo amplifichi e ce ne
mostri un’odiosa gigantografia? Si sentiva davvero il bisogno di
altro "
vuoto", di altra aggressività, di altro individualismo
sfrenato?
Continuerei con "
My super sweet sixteen".
La festa fuori misura del viziatello di turno.
Il programma
mostra i preparativi per lo svolgimento della festa di sedici
anni (e la festa stessa) di teen-ager molto ricchi, americani,
canadesi o inglesi, per lo più, che organizzano l’evento come
fosse un matrimonio regale, con continui capricci, atteggiamenti
da divi/dive, esaltazione del soldo, ostentazione del lusso.
Dopo mille "
pretendo", "
esigo", ecc., il viziatello di turno
finalmente celebra la festa, i cui inviti come minimo sono stati
distribuiti da Madonna a cavallo di King Kong. E
lì ancora tanto nulla. A parte la superficialità e l’effimero,
che traboccano da tutte le parti, il divismo del nessuno, che
abbiamo già apprezzato in "
Uomini e donne", "
Grande Fratello" e
così via, ritorna. Frotte di adolescenti in visibilio acclamano
il festeggiato come fosse Freddie Mercury all’ultimo
concerto. Ora, a me dà fastidio e cambio canale, o scrivo un
articolo per segnalare un’aberrazione, e già mi sento meglio, ma
un adolescente, magari non molto abbiente, ed un po' troppo
influenzabile, siamo sicuri che tragga giovamento dalla visione
di quest’osceno programma? Odierà i genitori più di quanto non
faccia già un adolescente normale perché non gli possono dare
tutto quello scintillante nulla? Ed un bambino più piccolo?
Chiederà a mamma e papà di vendere la casa, la macchina e
qualche organo per pagare il suo decimo compleanno?
E
concluderei con il peggio del peggio che si sia mai visto
(finora), "
Jersey Shore" (imitato su Italia 1 dall’altra
chicca della TV dei nostri tempi, "
Tamarreide").
Alcuni
personaggi "
adorabili", la maggior parte dei quali
italo-americani (altra meravigliosa botta positiva all’opinione
internazionale sull’italiano medio), convivono in una casa in
New Jersey e sono ripresi dalle telecamere tutto il giorno,
in casa e fuori, al lavoro, in discoteca, in viaggio. La loro
massima ambizione è andare a ballare, farsi la lampada, fare
sesso per poi raccontarselo e vantarsene, parlare delle proprie
funzioni e disfunzioni corporee. Gli uomini ne escono come delle
specie di scimmioni egocentrici e mono-neuronici. Le donne sono
perennemente svestite, ubriache, sboccate. E ancora mi chiedo il
perché. Un canale per giovani mostra ai giovani questo. Ed i
giovani probabilmente lo trovano divertente, perché da sempre si
trova divertente la caricatura di noi stessi, la volgarità, la
deformazione comica della quotidianità. Ma non c’è ancora una
volta il rischio che questi semi nullafacenti vengano divizzati,
emulati, idolatrati? In questo tempo senza eroi, vogliamo
davvero che il vuoto di modelli che ci circonda sia colmato da
simili sottouomini e sottodonne? E anche se li guardiamo e ne
pensiamo male, è comunque sano riempire i nostri vuoti, seppure
di tempo libero si parla, con altro vuoto?
Questo non è moralismo. È preoccupazione. È senso di
disagio. E sono sicura che questo senso di disagio lo hanno
provato anche molti dei giovani di cui ho parlato come passivi
fruitori di alcuni imbarazzanti programmi TV. Ci sono persone
più e persone meno influenzabili, tra i giovani, come tra i non
giovani, ma l’allarme va lanciato ugualmente, secondo me. Se
vogliamo migliorarci, e credo questa debba essere l’ambizione di
ogni civiltà che si rispetti, quello che facciamo nel nostro
tempo libero dovrebbe elevarci, non abbrutirci. E non sto
parlando di censura pubblica. Sto parlando di scelte che noi
possiamo compiere. La frase "
Nulla in TV" magari tornerà
a significare che non c’è nulla che ci interessi
particolarmente, invece di sembrare l’amara descrizione del
deprimente palinsesto contemporaneo.
Aristotele
parlava della tragedia greca come di una forma d’arte che eleva
l’uomo, lo porta alla catarsi, alla purificazione, attraverso
sentimenti come l’empatia. La tragedia imita la realtà,
amplificandola in senso tragico, attraverso la "mimesi",
l’imitazione, ed il "pathos". L’uomo,
assistendovi, rivive situazioni reali amplificate e, in tal
modo, le sublima, purificando e sollevando lo spirito. Lo so,
sto chiamando in causa teorie del IV secolo a.C., ma sono
convinta che l’arte e l’intrattenimento possano e debbano, se
non proprio innalzare lo spirito, almeno non abbrutirlo. E credo
che noi possiamo scegliere cosa ritenere degno e cosa no, ma che
almeno possiamo e dobbiamo porci in modo critico dinanzi alle
bassezze che la TV (e non solo) ci propina, spacciandole per
prodotti d’intrattenimento. Se libertà d’espressione deve
esserci, libertà d’opinione deve farle seguito. Ed invito tutti
ad averla un’opinione, positiva o negativa che sia, e ad evitare
il più possibile di mettere il pilota automatico quando ci si
abbandona sul letto o sulla poltrona di casa davanti ad uno dei
programmi che ho citato (e non solo, purtroppo). Ci saranno pure
i garanti e gli osservatori perché non si
travalichino certi limiti, ma se parolacce e oscenità vengono
censurate, multate o relegate in fasce orarie da adulti (come se
a nessun genitore in nessun momento sfuggisse il controllo sugli
ormai sveglissimi figli), la sottile volgarità, la
non-gentilezza, la bassezza ed il nulla non sono censurabili.
Dilagano. Ci annullano. Ed è solo con cervello e senso critico,
oltre che con una spero naturale pulsione verso
l’auto-miglioramento, che possiamo combatterli e debellarli. Se
lo vogliamo.
Per il vostro continuo
supporto, Informagiovani Italia vi ringrazia. Per qualsiasi
commento su questo e altri articoli scriveteci a
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