Occupazione giovanile - Italia ultima

 Occupazione giovanile - Italia ultima  

Ho una tale sfiducia nel futuro che faccio i miei progetti per il passato
(Ennio Flaiano)

Secondo gli ultimi recenti dati, l'Ocse (Organizzazione Cooperazione e Sviluppo Economico), massimo istituto di osservazione e studio economico, e fondato allo scopo di stimolare progresso e commercio internazionale, indica l'Italia come ultimo tra i Paesi membri per occupazione giovanile.

Solo poco più della metà dei giovani italiani, di età compresa tra i 25 ed i 29 anni (per l'esattezza il 52,8 %), ha una occupazione. Poca roba se si equipara il dato agli altri Paesi membri, che infatti si presentano con un bel 73,7% di media e considerando che l'Olanda presenta il massimo rapporto di occupati per la stessa fascia d'età (81,7 %). Il Paese dei mulini a vento e dei tulipani corre anche più forte del Giappone, che si ferma ad buon 81,2 %. Non se la cava male la virtuosa Austria, che di occupati giovani ne presenta 81,4 %.

I Paesi appartenenti all'area OCSE sono 34 e sono tra i maggiori a livello di sviluppo economico, democratico e politico. Tra i Paesi membri, l'Italia è ultima. Meglio di lei fanno Spagna (58,1% occupanti) e Slovacchia (66,9% lavoratori). Peggio di lei fa la Grecia, ulteriormente frustrata ma senza percentuali di riferimento, e per questo non inserita nella stessa classifica.

 

Non finisce qui. Come se non bastasse, a lasciare amareggiati è anche la percentuale di ersone sotto i 30 anni ad essere completamente inattive: a non essere cioè né lavoratori, né occupati in un periodo di formazione, né studenti. Sono i cosiddetti 'NEET', persone che a dirla all'inglese sono " Not – engaged – in Education, Employment or Training", non fanno praticamente niente. Il termine ha avuto origine nel Regno Unito alla fine degli anni '90, e non nasce quindi da una semplice realtà italiana. Si è tuttavia dimostrato, che nel nostro Paese, negli ultimi anni, il fenomeno pare acuirsi in maniera più che allarmante e comprende una fascia ben più ampia da quella originariamente indicata (15 – 35 anni).

Al 2009 L'ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), riferiva di un 21,2 % di NEET, circa 2 milioni di giovani; attualmente l'OCSE riferisce di un buon 26,1 %. Numeri da capogiro se si considera che in Italia la disoccupazione giovanile è di oltre il 40% e l'abbandono scolastico tra i più elevati. Troppo poche evidentemente le competenze professionali dei giovani, che per l'appunto non studiano (perché hanno terminato o abbandonato) e non lavorano (perché non specificamente preparati a garantire un determinato settore produttivo). L'OCSE rivela anche purtroppo, che il 20% dei giovani in età tra i 16 ed i 29, possiede scarse competenze di lettura e scrittura; questo contro una media OCSE del 10%. Meglio non discutere del fatto che in nozioni di matematica la percentuale arriva fino al 60% di scarse competenze e un bel 54,3% di giovani 16-29 a non avere alcuna esperienze nell'uso del computer sul posto di lavoro. Tra i NEET, circa il 40% ha conseguito un diploma di scuola secondaria e il 10% una laurea. Del resto, si consideri che – sempre secondo i dati OCSE – oltre il 50% dei giovani in Italia ha un lavoro precario (quindi temporaneo).

I dati, i numeri, quelli negativi, sembrano riguardarci tutti. Sono dati reali, riflesso di una società che è in via di fallimento culturale ancor prima che economico. Quale il rimedio? Cosa manca ai giovani di oggi? Da dove rincominciare? Secondo l'OCSE spetta ai governi, dall'alto, imporre un dialogo più fruttifero e intelligente con i vari attori sociali, siano questi scuole, famiglie o imprese. É ora di iniziare a fare sul serio.


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