Primavera di Praga

Primavera di Praga

 

Il 21 agosto del 1968 i carri armati del Patto di Varsavia posero fine all'esperimento cecoslovacco del "socialismo dal volto umano". L'intervento militare, deciso dopo mesi di trattative e di minacce contro Dub?ek e i suoi fece ripiombare l'Europa indietro di dodici anni dal tragico epilogo dell'insurrezione ungherese.

Gli avvenimenti anzi si prestarono all'immediato paragone con quelli d'Ungheria e fornirono ampio spazio in Occidente ad una nuova ondata di anticomunismo alla vecchia maniera. Ma la vecchia maniera era stata anzitutto quella usata dall'Urss e dagli altri Paesi del blocco orientale, nella convinzione che prima o poi la «primavera praghese» avrebbe aperto in tutti i Paesi dell'Est un fronte che poteva fare crollare tutto il blocco sovietico. La Primavera di Praga del 1968 è il termine usato per il breve periodo di tempo in cui il governo della Cecoslovacchia guidato da Alexander Dub?ek apparentemente voleva democratizzare il paese e diminuire la morsa del potere sovietico sul Paese. Questa breve parentesi si concluse con l'invasione delle truppe di Mosca, la rimozione di Alexander Dub?ek come capo del partito e la fine del periodo riformista in Cecoslovacchia.

I primi segnali che non tutto andava bene a Praga e nel resto del Paese si verificarono nel maggio del 1966 quando si levarono diverse proteste di alcuni esponenti della classe dirigente Cecoslovacca sul l'ingerenza eccessiva che l'Unione Sovietica aveva sulla vita della nazione. Il malcontento si diffuse in Slovacchia,  che si opponeva alle norme del governo centrale di Praga di imporre ristrettezze all'autonomia degli slovacchi. Una situazione economica debole  aggravò ancora di più  la situazione e nessuna delle riforme che furono introdotte per contrastarla funzionarono. Sia gli operai nelle fabbriche che gli agricoltori si stavano via via impoverendo. I contadini dovevano seguire le linee del partito per quanto riguarda la coltivazione e l'innovazione delle culture non era vista di buon occhio.

Nel giugno del 1967, ci fu la critica aperta a Antonin Novotný, leader del partito comunista ceko, al Congresso dell'Unione degli Scrittori Sovietici. Nell'ottobre del 1967, gli studenti manifestarono contro Novotný il quale all'inizio del 1968 fu sostituito come Primo Segretario del Partito di Alexander Dub?ek. Quest'ultimo anche se non era il leader del movimento anti-Novotný, era l'uomo che aveva consegnato un lungo elenco di denunce contro di lui (settembre 1967), quindi la sua era stata la scelta più ovvia.

Il 5 aprile th 1968, Dub?ek avviò un programma di riforme che comprendeva emendamenti alla costituzione della Cecoslovacchia che avrebbe riportato un grado di democrazia politica e di una maggiore libertà personale per le persone. Dub?ek annunciò che anche se il Partito comunista ceco sarebbe rimasto il partito predominante in Cecoslovacchia, gli aspetti totalitari all'interno di esso dovevo essere attenuati. I membri del partito avevano il diritto di agire "secondo coscienza". In quella che divenne nota come la 'Primavera di Praga', annunciò anche la fine della censura e il diritto dei cittadini cechi di criticare il governo. I giornali colsero l'occasione per produrre report sferzanti circa l'incompetenza del governo e la corruzione dilagante. Lo stato inadeguato delle abitazioni per i lavoratori divenne un tema molto i voga e discusso. Dub?ek annunciò anche che gli agricoltori avrebbero avuto il diritto di formare cooperative indipendenti, in modo che essi stessi avrebbero potuto dirigere il lavoro al contrario di una politica agricola impostate da un'autorità centralizzata. Ai sindacati vennero dati maggiori diritti di contrattare per i loro membri. Dub?ek assicurò Mosca che la Cecoslovacchia sarebbe rimasta nel Patto di Varsavia e che non avevano nulla di cui preoccuparsi per quanto riguarda le riforme.

Il segretario del partito comunità sovietico Breznev non era affatto convinto delle rassicurazione che arrivano dalla Cecoslovacchia e la notte del 20 agosto le truppe del Patto di Varsavia invasero la il Paese per riaffermare l'autorità di Mosca. La maggior parte di queste truppe erano dall'Unione Sovietica, ma per dare l'impressione di rappresentare l'intero Patto di Varsavia furono coinvolti contingenti polacchi, tedeschi dell'Est, ungheresi e bulgari. Il Paese invano non era in grado di resistere e non ci furono spargimenti di sangue, al contrario con la rivolta ungherese del 1956.

Le riforme del Dub?ek vennero immediatamente abbandonate. Il primo ministro venne arrestato e inviato a Mosca. Qui gli fu detto cosa l'Unione Sovietica si aspettava dalla Cecoslovacchia e fu rilasciato e rimandato a Praga. Al suo ritorno Dub?ek annuncio che i colloqui a Mosca erano stati "camerateschi" riuscendo a mantenere la carica di Primo Segretario del Partito del suo Paese. Dub?ek fece come gli è stato richiesto la fine di tutte le riforme. Tuttavia, i suoi giorni erano contati e nell'aprile 1969, venne rimosso dal suo incarico.

La Primavera di Praga aveva dimostrato che l'Unione Sovietica non era disposta a contemplare il minimo dissenso anche in qualsiasi membro del Patto di Varsavia. I carri armati che viaggiavano per le strade di Praga ribadirono in Occidente che i popoli dell'Europa orientale erano quasi completamente soggiogati a Mosca.

 

Rispetto all'insurrezione ungherese di 12 anni prima le differenze erano molte e spesso sostanziali.  A Budapest nel '56 la rivolta scoppiò quando ancora l'Ungheria non era uscita dall'incubo stalinista: fu sostanzialmente un elementare bisogno di libertà individuale che trovò unita la stragrande maggioranza degli ungheresi in un soprassalto un po' irrazionale, come sempre succede in simili eventi. Imre Nagy, il leader comunista autonomista che avrebbe potuto pilotare il Paese fuori della crisi (posto che i sovietici glielo avessero permesso) fu travolto dagli avvenimenti; il ritorno di fiamma dei conservatori, l'involuzione «controrivoluzionaria», diede più d'un pretesto alla brutale repressione. Nel '68, in Cecoslovacchia, non ci fu insurrezione, fu lo stesso regime comunista che cercò di sperimentare una via di sviluppo diversa da quella degli altri Paesi comunisti, ma non per questo centrifuga rispetto alla comunità degli Stati "socialisti". L'intervento in agosto di cinque potenze "alleate" con i loro eserciti non ebbe la "giustificazione" dei tentativi "controrivoluzionari", anche se gli invasori azzardarono goffamente argomentazioni di questo genere.

 

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