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60 d'Europa Unita - Pericoli e
incertezze sul futuro. Cronaca e riflessioni a 60 anni dalla
firma dei Trattati di Roma, tra risultati di pacificazione e unità
continentale ma anche nuovi venti di nazionalismo e frammentazione.
Oggi si
festeggiano i 60 anni della nascita dell’Unione Europea.
Il 25 marzo 1957, a
Roma,
in
Campidoglio, sei Paesi europei, usciti solo 12 anni
prima dalla più sanguinosa guerra nella storia dell’Umanità,
firmarono i Trattati per la costituzione della Comunità
economica (Cee) e per l'Energia atomica (Euratom).
Erano oltre all'Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e
Lussemburgo. La cerimonia fu trasmessa dalla Rai in una delle
sue prime eurovisioni. A questi primi stati membri se ne
aggiunsero via via tanti altri, fino ad arrivare al numero
attuale di 28 (2017), il massimo raggiunto, numero che comincerà a
scendere dopo lo storico referendum della Brexit e
l’uscita della Gran Bretagna. |
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Un
anniversario funestato quindi da venti di disintegrazione del
continente, che si sente in tutti i modi, tranne che unito. In
Gran Bretagna, una scellerata campagna referendaria indetta da
uno scellerato primo ministro, ha portato ad una spaccatura
nella popolazione che non si vedeva da decenni: giovani per
l’Europa, anziani per l’isolazionismo; sud ricco contro nord
povero; scolarizzati contro esclusi sociali. Certo non si può
restare indifferenti al fatto che il voto per uscire dall'Europa
è stato espresso da "chi è rimasto indietro" anzi, per essere
più precisi, da "chi è stato lasciato indietro". Troppe
persone dimenticate nelle loro esigenze, troppi cittadini che
sentono di non contare. La politica non si è occupata di loro
come avrebbe dovuto, questo resta un dato di fatto. Che poi la
Brexit ricadrà pesantemente soprattutto su di loro, questo è un
altro dato. Solo il futuro
prossimo ci dirà se la Brexit è stata solo la scintilla
della disgregazione dell’Europa, come la conosciamo oggi o,
nella migliore delle ipotesi, un allarmante sintomo di
malessere che in
qualche modo avrà permesso al continente di prendere le
contromisure contro un'evidente decadenza. Questa è un'Europa
dove diamo per scontate molte cose, come la "Pace" con la P
maiuscola e dove tutti si aspettano che ci debba essere un continuo progresso sociale ed economico.
Si ha la sensazione che i giorni della nascita della Comunità
Europea siano lontani anni luce e nel presente, demagoghi di tutti i tipi, soffiano su ogni piccola
fiammella di scontento popolare, dimenticandosi, o appunto dando
per scontati, tutti i grandi progressi obiettivamente acquisiti in questi 60 anni.
Per molti esperti, forse colti dal pessimismo imperante di
questo periodo, l’Europa non si risolleverà più come ideale di
un continente. Anni di politica europea caduta dall’alto, spesso
con enormi conflitti di interesse malcelati, con la dottrina
della finanza a farla da padrona, senza principi forti e
condivisi hanno portato cattivi frutti. Una burocrazia oppressiva autoreferenziale e una
scarsa autocoscienza di sé hanno fatto il resto, portando a quello che, fino a 10
anni fa, sembrava impensabile: il rischio di una frantumazione.
L'Europa viene trascinata nell'atmosfera dei periodi bui delle
ancestrali rivalità tra piccoli e grandi stati, dove divisioni, fobia
dello straniero, senso di superiorità proprio e di inferiorità
dell’altro, fanno temere il ritorno di possibili guerre.
L’unica speranza, come sempre, sono i giovani, che sono
cresciuti in un'Europa senza confini o dogane, dove è possibile andare in
ogni luogo liberamente e sentirsi nei confini del proprio paese.
Non sono sole le generazioni Erasmus, che hanno comunque
cambiato in meglio questo continente martoriato per 2000 anni da
guerre fratricide, ad aver contribuito al senso più vero del
sentirsi uniti. Di certo non hanno contribuito i burocrati
mandati a svernare a Bruxelles... il senso di unione è venuto
anche da ogni singola persona uscita viva dalla Seconda Guerra
Mondiale, che ha visto realizzato nell'Unione Europea, il suo
bisogno di sentirsi al sicuro, la conferma che mai più nella
loro vita, e in quella dei loro figli, ci sarebbero state le
atrocità e le sofferenze che avevano patito o delle quali erano
stati testimoni.
I giovani hanno una mente vergine, aperta, non sentono le differenze
di nazionalità, colore, razza o religione, parlano un'unica
lingua e si capiscono. Le differenze vengono
trasmesse dall'ambiente, più o meno ostile, che li circonda nel
loro percorso di crescita.
I giovani europei rappresentano la speranza di evitare gli errori e gli
orrori del passato. Quasi che l’umanità, o un pezzo di essa, in
qualche modo, sia diventata saggia e non sia più una creatura che
sbatte la testa sempre nello stesso piccolo muro, evitando
accuratamente di vedere l’orizzonte che, così come la luna, è
unico per tutti.
In una giornata come questa fa un po’ tenerezza, e
un po’ tristezza,
vedere l’imponente manifestazione di decine di migliaia di
giovani inglesi contrari alla Brexit, che urlano in faccia ai
propri genitori e nonni: "Avete messo in pericolo il nostro
futuro! Siamo inglesi e siamo europei." Forse non servirà a
niente, come dicono "i falchi" inglesi, ma almeno non potranno
dire che non ci hanno provato, pensando ancora una volta, che il
futuro è dalla loro parte.
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