Giovanni Verga

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Giovanni Verga

 

Giovanni Verga è considerato uno degli scrittori più importanti della letteratura italiana, esponente della corrente letteraria conosciuta come "Verismo", insieme ad altri siciliani come  Luigi Capuana e Federico De Roberto. Vissuto tra l'Ottocento e i primi decenni del Novecento, è stato anche drammaturgo e giornalista. Originario di Catania, nell'allora Regno delle Due Sicilie, nei suoi 82 anni di vita ha vissuto i maggiori cambiamenti politici, sociali, economici e culturali della storia italiana. Come verista s'interessò alla realtà sociale del tempo, soprattutto situazioni locali fatte di povertà, sfruttamento, ingiustizia, lasciando che le vicende si raccontassero "da sole", restando un narratore nascosto. Il romanzo verista fotografava infatti in modo crudo, quasi spietato, la società del tempo. Famosi rappresentanti del Verismo, oltre a Verga sono, il suo amico Capuana e i  meno noti Federico De RobertoCesare Pascarella e Salvatore di Giacomo. Tra le donne influenzate dal verismo ricordiamo Matilde Serao,  Maria Messina e Grazia Deledda.
 

L'attività letteraria di Verga può considerarsi divisa in tre fasi, dalla narrativa storico-patriottica degli esordi, ai romanzi romantico-mondani del primo periodo milanese fino ad arrivare alla produzione "verista" per la quale è maggiormente conosciuto. Verga è stato uno tra gli autori più fedeli  nel raccontare la sua epoca, capace di rappresentare la storia italiana – e ancor prima, regionale – che man mano gli accadeva intorno, dalle guerre d'indipendenza, allo sbarco dei Mille di Garibaldi, dall'unificazione italiana, passando per la presa di Roma, fino alla proclamazione del Regno e alla prima guerra mondiale. Acuto osservatore di grande intelletto, Verga è celebre soprattutto per romanzi Cavalleria rusticana, I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo.

Biografia di Verga

Nacque nel 1840 in una prospera famiglia di piccoli proprietari terrieri catanesi, benestanti e con qualche vanto nobiliare di lunga data (verosimilmente di ascendenza spagnola). Il nonno materno era un carbonaro, eletto nel primo parlamento siciliano del 1812. Una famiglia caratteristica del periodo con tanti zii e zie e parenti vari, tutti in contrasto per per spartirsi patrimoni ed eredità. Il giovane Giovanni, sin dall'adolescenza ebbe chiara la passione per la letteratura e la scrittura e soprattutto per le idee liberali. Compiuti gli studi primari a Catania, e proseguendo quelli secondari presso la scuola di don Antonino Abate, Verga si appassionò sempre più alle lettere. Il suo primo romanzo, d'ispirazione risorgimentale, Amore e patria, lo scrisse a soli 16 anni, tra il 1856 ed il 1857, ed era ispirato alla rivoluzione americana. Nel 1858, per desiderio del padre, venne iscritto alla facoltà di legge all'Università di Catania, che abbandonò dopo qualche anno preferendo dedicarsi alla letteratura, sicuramente incoraggiato dalla madre.

Letteratura e critica politica furono infatti il centro dei suoi interessi. Il romanzo I carbonari della montagna venne pubblicato a sue spese (trattava della Carboneria calabrese che si opponeva al dispotismo napoleonico di Murat). Anche la letteratura francese esercitò su di lui un certo fascino, in particolare autori come Dumas (padre e figlio), Eugène Sue e Octave Feuillet. Il Verga del primo periodo fu attratto dai romanzi storici specialmente quelli di stampo romantico. Uscì in questo periodo il romanzo storico-romantico Sulle Lagune (1863), pubblicato a puntate sulla rivista Nuova Europa, dove si narravano le vicende sentimentali di un ufficiale ungherese e di una donna veneta, sullo sfondo delle lotte per l'indipendenza dall'impero austro-ungarico.

A seguito dello sbarco dei Mille, arruolatosi nella Guardia nazionale garibaldina di Catania, Verga intensificò l'attività di giornalista politico, fondando tre giornali insieme a Nicolò Niceforo e Antonino Abate: Roma degli Italiani, L'Indipendente, e L'Italia contemporanea, dove ebbe modo di pubblicare la sua prima novella verista, Casa da thé. Seguirono nel 1866 e nel 1871 altri due romanzi, Una peccatrice (romanzo di carattere autobiografico e melodrammatico, sulle vicende di un piccolo borghese catanese) e Storia di una capinera, il suo primo romanzo di successo. Quest'ultimo, fu pubblicato a Firenze, dove Verga si era trasferito  a seguito della morte del padre. A Firenze, a quei tempi capitale d'Italia, Verga frequentò Luigi Capuana, che divenne suo amico caro e collega, Federico De Roberto, Francesco Dall'Ongaro, personaggi di spicco dell'ambiente letterario e giornalistico fiorentino dell'epoca. In città, iniziò a frequentare i salotti mondani e culturali dell'epoca, oltre a noti caffé letterari fiorentini, come il Caffè Doney e il Caffé Michelangelo

Abbandonata la Sicilia, Verga a Firenze si dedicò a studiare la vita borghese che aveva davanti agli occhi a Firenze. Mostrò particolare interesse per le figure femminili e per le vicende sentimentali, come si può comprendere anche dai titoli dei romanzi che scrisse in questo secondo periodo "romantico/mondano": Una peccatrice (1866), Eva (1873), Eros (1875). Grande successo riscosse in particolare Storia di una capinera (1871), storia drammatica di un amore impossibile di una donna per il marito della sorella, che si fa monaca e muore di dolore.

Dopo Firenze fu la volta di Milano, nel 1872. Milano era città di vivacissimi scambi letterari, e qui Verga frequentò in modo assiduo il salotto Maffei. Ebbe modo di conoscere nuove correnti letterarie, come quella della Scapigliatura, un gruppo artistico e letterario che si rifaceva allo stile anticonformista bohème parigino, del naturalismo francese, e del decadentismo alla Baudelaire. A Milano, tra gli altri, conobbe Arrigo Boito, Emilio Treves e Felice Cameroni, alcuni dei maggiori letterati d'epoca.

La svolta stilistica avvenne neel 1874 quando venne pubblicata la novella Nedda, considerata il primo scritto del periodo verista di Verga. In Niedda non c'è più nessuna traccia della mondanità, la storia non è ambientata più nel Nord Italia ma in Sicilia in campagna tra i poveri contadini. La sua scrittura abbandona il tema della mondanità e si concentra adesso sulla ricerca della verità. Da questo momento in poi la Sicilia contadina con la sua antica cultura e il folklore divenne il centro del lavoro dello scrittore. Nel 1877 l'amico Capuana inizia a scrivere Giacinta, romanzo verista.

 Nel 1878 vennero alla luce altri romanzi e novelle, tra cui Rosso Malpelo (triste storia di un ragazzo destinato a lavorare e a morire in miniera, rivivendo il tragico destino del padre), con la raccolta di novelle intitolata Vita dei campi, pubblicata dall'editore Treves nel 1880 e di cui facevano parte anche Jeli il pastore, Cavalleria rusticana e Fantasticheria; alcuni di questi testi, in seguito, costituirono la base per numerosi libretti d'opera (il caso più noto è Cavalleria rusticana di Mascagni, racconto di un duello mortale scatenato dalla gelosia.

A seguito della morte della madre e al conseguente inatteso rientro a Catania, lo scrittore ebbe soffrì depressione, per diversi mesi, fino a quando rientrato a Milano, riniziò a scrivere con maggior fervore. Sempre a Milano, iniziò la progettazione dei cinque romanzi del celebre Ciclo dei Vinti.

Il ciclo dei Vinti

Il primo episodio dei Malavoglia, con il titolo di Poveri pescatori,  uscì nel 1881 sulla rivista Nuova Antologia, pubblicato nello stesso anno sempre dalle edizioni Treves. I romanzi sarebbero dovuti essere cinque e descrivere la lotta per l'esistenza di coloro che sono destinati a essere "vinti" appunto, oppressi, umili, sconfitti, senza nessuna speranza di cambiamento, assoggettati ad una legge di natura che vede sempre prevalere il più forte.

I Malavoglia, "una specie di fantasmagoria della lotta per la vita", come scrisse Verga descrivendo il romanzo in una lettera all'amico Salvatore Paola, una fantasmagoria che si estende a tutte le classi sociali ogni dove.  La storia narrata è quella di una poverissima famiglia di pescatori siciliani, di Aci Trezza, un piccolo paese, vicino a Catania. Protagonista della storia è l'intero paese, la triste sorte collettiva, la rassegnazione di questi "vinti" dinanzi all'accanirsi del destino contro di loro. La scrittura è impersonale, riproduce alcune caratteristiche del dialetto siciliano, descrive i diversi punti di vista dei personaggi, e l'autore scompare, si fa piccolo per lasciare il palcoscenico ai suoi umili eroi. Per ottenere l'impersonalità Verga adotta il punto di vista della gente, di chi fa parte dell'ambiente che sta descrivendo, evitando di esprimere giudizi e sentimenti. Il romanzo purtroppo non ebbe molto successo, anzi fu un fiasco, come lo stesso Verga ammise.  

Seguirono diversi viaggi a Parigi, Médan (dove incontrò Zola), Londra e la produzione di nuovi romanzi, tra cui le pubblicazioni delle dodici Novelle rusticane (1883) e di Per le vie (1883), dove si racconta la vita nei bassifondi milanesi. Sono scritti tipici di quello che viene definito "il regionalismo" verghiano. Seguirono Vagabondaggio (1887), I ricordi del capitano d'Arce (1891), e soprattutto Mastro-don Gesualdo (1889), storia dell'umile Gesualdo che riesce a vincere il suo destino di miseria e diventa ricco. Ma la sorte non è benevola con lui. Sposa la nobile Bianca Trao ed ha da lei una figlia, Isabella. Ma la ricchezza raggiunta e il matrimonio con una nobile, non cancellano le sue modeste origini e perfino Isabella si vergogna di lui. Il suo destino è comunque quello del vinto e rimasto solo, muore nel palazzo ducale di Palermo, addirittura deriso dalla sua servitù.

Non arriva il successo sperato per i Malavoglia e Don Gesualdo, così che il progettato "ciclo dei vinti", che avrebbe dovuto prevedere altri tre romanzi ambientati a un livello sociale via via superiore (La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso) viene abbandonato.

La scrittura per il teatro

Nel frattempo, già qualche anno prima, Verga si era accostato alla scrittura teatrale con l'adattamento della novella Cavalleria rusticana, poi rappresentata nel 1884  al Teatro Carignano di Torino con protagonisti Eleonora Duse e Flavio Andò e musicata da Pietro Mascagni. Confortato dal grande successo di questo primo spettacolo, Verga si prodigò nel dare seguito ad altri adattamenti teatrali del suo repertorio. Nonostante i successi, le preoccupazioni finanziarie non diminuirono, e afflitto da grande stress decise di rientrare momentaneamente in Sicilia e di spostarsi da qui per brevi soggiorni a Roma. Nel 1893, lo scrittore si trasferì definitivamente a Catania. Il trasferimento fu possibile grazie alla vittoria della causa legale contro Mascagni, per i diritti d'autore di Cavalleria rusticana in seguito alla quale intascò una bella somma (140mila lire, un'ottima cifra per l'epoca) e ripianò i suoi debiti. A Catania dove rimase fino alla fine, anche dedicandosi alla passione per la fotografia, a cui lo aveva iniziato l'amico Luigi Capuana.

Proseguì la produzione per il teatro. La sua opera, La Lupa, venne rappresentata a Torino nel 1896.

Conobbe la pianista Dina Castellazzi, che gli rimase accanto fino alla fine, ma che mai sposò; fu questa una delle due relazioni sentimentali importanti di Verga,  l'altra fu quella con Paolina Greppi, una contessa milanese, conosciuta nel 1878. 

A Catania, Verga si dedicò all'amministrazione dei suoi beni. Diventò sempre più riservato e scontroso. Quasi ottantenne, ebbe modo di pubblicare altre opere e di rimanere attivo negli incontri letterari (come documentato dai suoi viaggi, seppur brevi, a Roma). Negli anni che precedono la prima guerra mondiale pubblico e critica preferivano autori del post–verismo e le opere di Verga persero interesse. Tale interesse fu riacceso, dopo la guerra, dal contributo di Luigi Russo, che nel saggio "Giovanni Verga" (1919), riportò attenzione sulla sua bravura. Il riconoscimento dei suoi meriti si fece sempre più unanime, proprio per ciò che di più originale e vivo aveva la produzione verghiana. Nello stesso anno scrisse l'ultima novella, Una capanna e il tuo cuore, che uscì postuma. Nel 1920 venne nominato Senatore a vita. Morì a Catania due anni dopo, il 27 gennaio del 1922, a seguito di una paralisi cerebrale manifestatasi qualche giorno prima.

Oggi, nella sua Catania sono visitabili la Casa-museo Giovanni Verga di via Sant'Anna e il Teatro Verga a lui dedicato.

 

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