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Il Festival di
Salisburgo è uno dei più importanti festival musicali e teatrali al mondo. Si
svolge in estate con concerti, opere e rappresentazioni nelle splendide location
storiche della città.
Il Festival di Salisburgo ha superato le 90
edizioni. Ogni luglio, neppure mai un'interruzione, nemmeno durante la guerra e
gli anni tremendi. Sempre alla ricerca della qualità artistica che la città
natale di Mozart oltre che cercare, merita, fin dal suo esordio, nel 1920,
voluto da un comitato artistico quale nessuna manifestazione musicale ha più
potuto vantare: Hugo von Hoffmannsthal, Max Reinardt e Richard
Strauss. |
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Il Festival estivo della Musica di Salisburgo è
uno dei maggiori eventi di musica classica e lirica in Europa. A fine luglio e
fino a tutto il mese d'agosto, la città ospita una serie di concerti, tra cui in
particolare quelli dedicati a
Mozart. Il legame tra Salisburgo e
gli eventi musicali ha origine nel lontano 1877 ed oggi, nel periodo estivo, si
concentrano in una serie di concerti, spettacoli teatrali, mostre e sagre in
diversi punti del centro storico e la città, tra cui rinomate sale da concerto
come la Grosses Festspielhaus, il Landestheater ed il Mozarteum.
Sono migliaia i visitatori che affollano la città per godersi questo
appuntamento annuale, che sicuramente non deluderà le vostre aspettative. Oltre
ai mesi estivi, è possibile assistere ad una manifestazione più breve nel
periodo pasquale, chiamato Osterfestspiele Salzburg, fondato nel 1967 da
Herbert von Karajan.
Come abbiamo ricordato nella pagina principale della
nostra guida di Salisburgo il fondatore del Festival, Max Reinhardt,
che è stato
il più grande regista teatrale del '900 a suo tempo diceva:
"Tutta questa città è un palcoscenico." Alla tenacia
organizzativa di Reinhardt si deve la realizzazione di un progetto
che tra tentativi, sogni, speranze, delusioni e difficoltà d'ogni
genere ha accompagnato per trentatré anni la fase più cruciale,
drammatica e sconvolgente della comunità austriaca quando la
crisi del decadentismo, l'esplosione
dell'arte e della scienza moderna, il crollo dell'impero asburgico
hanno rafforzato la paura di perdere la propria identità sotto
le rovine fumanti della prima guerra mondiale. Salisburgo
usciva intatta dalla guerra, risparmiata dagli orrori del tempo;
la bellezza del suo Barocco, la teatralità naturale delle sue
vie, delle sue piazze, l'idilliaca natura circostante e la forza
della sua tradizione culturale la predisponevano a diventare
una nuova Weimar, simbolo di riconciliazione nell'Europa postbellica,
luogo privilegiato, dove l'idea austriaca di Maria Teresa
di un impero multietnico e tollerante poteva risorgere dopo
la fine dell'impero stesso.
Reinhardt voleva fare
del Festival
non solo una serie di rappresentazioni ma una vera e propria
festa, che richiamasse uomini di ogni ceto e provenienza culturale:
non più teatro borghese ma l'unione di un pubblico eterogeneo,
com'era nella tradizione austro-bavarese del medioevo, a Salisburgo,
mai realmente dimenticata. Accanto ai classici,
Shakespeare,
Schiller, Goethe, si doveva dar spazio ai misteri, alle rappresentazioni
religiose e natalizie, alle antiche storie di moralità di origine
popolare. Mozart, in cui l'anima austriaca e la sua vocazione
cosmopolita si esprimono nel modo più alto, doveva rappresentare
l'unità spirituale del Festival e imprimergli la sua marca inconfondibile.
Reinhardt, la cui famiglia era di origine ebraica, dovette abbandonare
Salisburgo e il castello che vi aveva comprato, il suo amato
Festival e l'Austria, in seguito all'avvento di Hitler nel 1935
per rifugiarsi in America, dove sarebbe morto, otto anni dopo,
nel 1943. Ma il suo lascito rimase.
Ogni anno, oggi come allora Salisburgo ci costringe a riflettere su
quale debba essere il senso di un festival di musica e teatro; se il suo compito
sia offrire conforti e conferme nella ripetizione del repertorio più collaudato,
oppure proporre nuove opere, nuovi compositori, nuovi modi di allestire la
tradizione. Custodire la "Cultura", rinnovarla o crearne una nuova? Se debba difendere il presunto primato della cultura mitteleuropea,
o accogliere nuove tendenze, sceniche e visive, del gusto, che
dilagano dal
Giappone e dagli Stati Uniti, dal Brasile, alla Cina e all'India. Questa la sfida di chi si è succeduto come
responsabile artistico nel corso degli anni, da Toscanini, a Mortier agli anni
di Herbert von Karajan (nato proprio a Salisburgo il 5 aprile del 1908) Nel suo ultimo concerto di congedo, Karajan diresse il
Requiem tedesco di Brahms, in modo così toccante, che ancora oggi viene
ricordato. L'innovatore Gerard Mortier, da
Gand, non fu bene accetto
all'inizio, le novità, si sa,
spaventavano. Durante il suo prino anno Salisburgo fu tapezzata di manifesti
appiccicate alle vetrine che dicevano semplicemente "Montier Raus", "Montier
Fuori". Non era affatto piaciuto il suo esordio, la netta ostilità al cosidetto
"Star System": "Pavarotti ha le spalle troppo larghe per passare dalle nostre
porte." Scandalo. La guerra ai condizionamenti pesanti delle
case discografiche,
il richiamo forte alle origini del Festival alle sue origini contemporanee che
Karajan aveva progressivamente dimenticato a favore di un'area di
imbalsamazione. Molti giornali, molti sponsor, molti affezionati ospiti temevano
la perdita di identita del Salburger Festspiele. Lui rispondeva che l'unica
identità di cui la musica ha bisogno per vivere è di restare figlia del proprio
tempo e delle sue culture. Gli chiedevano Mozart e lui (nella città di Mozart)
programmava Prometeo di Luigi Nono e sette concerti di Boulez in una sala
affolata di ragazzi in maglione, offrendo abbonamenti accessibili. Si esigeva il
primato della musica pura, lui rilanciava il teatro di prosa, del tutto
trascurato da Karajan, e chiamava il regista americano Peter Sellars, che aveva
appena ambientato un Don Giovanni nel Bronx, oppure per il San Francesco d'Assisi di
Messiaen, c'erano 34 televisiori a formare le croci durante la predica agli
uccelli. Il belga Mortier sapeva giocare bene con la comunicazione (aveva preso
infatti una seconda laura in Scienze della Comunicazione), sapeva che i dissensi fanno notizia ormai più degli
entusiami. I ritagli stampa raddopiavano, i giornali americani ritornavano al
Festival, Le Monde, dedicava alla sua "rivoluzione" un servizio in prima pagina.
L'astuzia di Mortier non era inferiore alla sua
determinazione. Fece suo un precetto dell'informazione contemporanea: chi
attacca per primo, vince; o almeno, costringe l'avversario alla difesa. In
questa strategia dell'aggressione, putroppo privilegia gli artisti italiani.
Dopo aver sepolto Pavarotti, preseguì con Sinopoli ("finché ci sono io qui
non dirigerà mai"), insistito con Muti (non l'ha appoggiato quando ha protestato
il regista della Clemenza di Tito e ha cancellato la ripresa di Traviata) per
conludere con Abbado, neo senatore a vita, (alla sua Elektra allestita per il Festival di Pasqua, poi
vista a Firenze, contrappose la stessa opera diretta da Maazel). Soltanto
Maurizio Pollini sembrava godere da lui di assuluto rispetto.
Mortier dopo Salisburgo, andrà a dirigere l'Opera di Parigi,
la New York City Opera, il Festival wagneriano di Bayreuth e
il Teatro Real di Madrid.
Detto
questo, con tutti i sui anni, il peso della tradizione,
l'alone del grande turismo, il Festival di Salisburgo resta senza dubbio il
primo festival musicale del mondo: ventaglio di scelte amplissimo, da musiche
eterne a pagine contemporanee, affidate a massimi esecutori, da Herbert von
Karajan, a Karl Bohm, a Leonard Bernstein, Lorin Maasel, Seiji Ozawa,
Claudio
Abbado, Riccardo Muti e tanti altri nomi indimenticabili, con orchestre come le
filarmoniche di Berlino, di Vienna e di Londra.
Ogni anno i migliori artisti della musica e del teatro
si esibiscono al Festival di Salisburgo. In città, prima del periodo
mozartiano, spettacoli e opere erano in genere eseguite presso l'antica
Università
o presso la
Cattedrale. Dal medioevo, al periodo
Barocco ed oltre, fino a quando la passione per il teatro e l'opera raggiunse
dimensioni ben più vaste all'interno della società e comunità cittadina, non
solo aristocrazia dunque. Fu infatti nel 1877 che per la prima volta l'Orchestra
filarmonica di Vienna ebbe modo di esibirsi qui, al di fuori dei confini
urbani della propria città. Quasi mezzo secolo dopo, a Salisburgo l'usanza di
ospitare ogni estate degli eventi musicali dedicati a Mozart era ormai divenuta
pratica corrente. Hugo von Hofmannsthal, Richard Strauss, Franz
Schalk, Arturo Toscanini, sono solo alcuni dei nomi che per primi
esibirono il proprio talento al pubblico salisburghese. Alla morte di von
Karajan nel 1989, il festival venne drasticamente modernizzato da Gerard
Mortier, poi sostituito da Peter Ruzicka nel 2001. Dal 2006 ci sono
stati Jürgen Flimm e Markus Hinterhäuser, mentre dal 2011 il
direttore artistico è Alexander Pereira e il presidente Helga
Rabl-Stadeler.
Quanto
dura il festival? 45 giorni. Dove esattamente si tiene il festival?
In 16 posti diversi della città di Salisburgo. Volete sapere quanti concerti
sono in programma? 95 circa. E quante le Opere? 44 circa. In totale sono
circa 250 le rappresentazioni che il Festival di Salisburgo completa per il
piacere di visitatori e appassionati in genere. Perché è tutta la città ad
essere in festa, ricordando che sono ben più di 40 gli spettacoli gratuiti che
Salisburgo presenta ogni anno durante la manisfestazione. Secondo uno studio
analisi del 2011 (della Zentrum für Zukunftsstudien Fachhochschule
Salzburg), l'impatto economico del Festival di Salisburgo sulla città e
sulla regione in generale è stato di grande importanza, con ulteriore aumento
delle entrate fiscali pari ogni anno a circa tre volte l'importo dei sussidi
che il Festival riceve dalle autorità pubbliche (poi dicono che di cultura non
si può vivere). Si stima che l'impatto economico complessivo sia di circa 276
milioni di euro: fornendo inoltre circa 200 posti di lavoro per tutto l'anno e
più di 3.600 posti di lavoro estivi, il Festival di Salisburgo diventa così un
importante 'datore di lavoro' per l'intera regione (assicurando inoltre
indirettamente ben oltre 3000 posti in tutta l'Austria, aumentando i contributi
sociali e le imposte, con maggiori entrate allo Stato). Il Festival quindi non è
solo un bonus artistico, ma anche un vantaggio economico per la città, per la
regione e la nazione intera, se si pensa che circa il 75% dei visitatori estivi
di luglio e agosto arriva in città per il Festival (alcuni di loro si stima
essere stati presenti per una decina di altre volte in passato per lo stesso
motivo). Non c'è dubbio che uno a Salisburgo ci ritorna sempre molto volentieri
a quanto pare.
Si visiti anche il Felsenreitschule, costruito
nel 1693 durante il governo dell'arcivescovo Johann Ernst von Thun. Venne
progettato da Johann Bernhard Fischer von Erlach ed utilizzato come
scuola d'equitazione estiva e dimora di caccia. La prima produzione operistica
fu Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni, per la regia di
Max Reinhardt. Del 1933 è invece il Faust di Goethe. Il teatro contiene 1412
posti a sedere e 25 posti in piedi.
Le ragioni del successo continuo di questo importante evento
sono varie. Si riscontra per esempio un carattere
organizzativo molto efficiente, un vasto programma artistico
rispetto ad altri festival dello stesso genere, tanto da
includere Opera, concerti e spettacoli vari, anche a
carattere sperimentale. Che cosa attrae il visitatore
così tanto, quando ad essere preso in considerazione non è
tanto l'appassionato e il culture mozartiano? Beh, spero
che con questo articolo abbiamo dato una piccola risposta a
questa domanda, che sicuramente vi riverrà in mente una
volta qui.
Il festival venne inaugurato
nell'estate del 1920, con il 'Jedermann' di Hugo
von Hofmannsthal (il suo debutto fu nella Domplatz,
nella piazza della cattedrale, per la regia di proprio di
Max Reinhardt) e da allora, ancora oggi la stessa
rappresentazione allieta i visitatori dopo quasi un secolo
di vita. Se siete diretti verso la bella sala concerti
Grosses Festspielhaus avrete modo di raggiungere la
Hofstallgasse (civico 1), nel cuore del centro storico più
antico di Salisburgo.
Un tempo qui avevano sede le scuderie dei principi
vescovi che nei secoli hanno governato la città; questa stessa area oggi è stata
sostituita da questo edificio, una delle più grande sale concerti del mondo e
con una capacità di 2179 di posti. Negli anni '50 dello scorso secolo si decise
infatti per una nuova destinazione dell'area, affidandone il progetto
all'architetto Clemens Holzmeister, a cui contribuì con la sua influenza
anche il maestro Herbert von Karajan (sua l'inaugurazione della sala, il
26 luglio 1960 con l'opera 'Der Rosenkavalier' (il cavaliere della rosa)
di Richard Strauss. Il motto che vediamo nella facciata del grande
edificio, rivolta verso la Hofstallgasse, ci accompagna durante tutto il periodo
festivo, o almeno la nostra settimana di permanenza; è in latino ed è opera del
padre benedettino Thomas Michel: "Sacra camenae domus concitis carmine
patet quo nos attonitos numen ad auras ferat" (la sacra dimora della musica
è aperta a tutti gli amanti delle arti, affinché una potenza divina ci sospinga
attoniti al cielo).
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