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Eravamo felici e non lo sapevamo
 

Eravamo felici e non lo
sapevamo, sono parole che saltano alla mente
incessanti nelle ampie 24 ore che ognuno di noi vive
in questi tempi rallentati. Siamo sotto osservazione
di noi stessi. Quel che non osserviamo è il mondo
futuro, perché quello possiamo solo immaginarlo. Lo
immaginiamo bene però il futuro, con orgoglio ed
emozione, non solo incertezza. Quel che avevamo e
quel che eravamo lo sappiamo, oggi possiamo
solo imparare dal nostro passato per essere migliori
nel nostro futuro.
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Sono il mio tempo e il mio
presente e ho in me il potere di immaginare il futuro e
ricordare il passato.
Mentre vado a prendere il pane, unica uscita possibile di
questi tempi, munito di autocertificazione e un po' di
timore ancestrale, osservo camminando lentamente (tanto che
fretta c'è) il mio quartiere, la strada malconcia
piena di buche, il marciapiede mai finito, cose che ora non
fanno più arrabbiare nessuno in questo momento e che quando
lo faranno saranno benvenute come la normalità.
Il quartiere è silenzioso, ci sono parecchi gatti in giro, un
po' randagi, un po' gatti di tutti con tanti nomi diversi per lo
stesso gatto, che non patiscono la fame (per ora) e che si
somigliano tutti, devono avere una nonna in comune, non ci avevo
mai fatto caso prima.
Lo cerco nell'angolo delle mia memoria il quartiere.
Ricordo l'ulivo del cancello di casa che veniva amorosamente
potato dal suo proprietario. Ricordo il profumo del fornaio che
impregnava la via, e ricordo il mercato rionale, proprio dietro
l'angolo, il rumore e le voci urlate, aggrappate alla speranza
di trovare un cliente in più. Ma quella normalità era felicità?
Forse no, ma ora che manca, una piccola nostalgia la trasfigura
come qualcosa di molto simile alla felicità, anche se non saprei
darne una definizione esatta essendo una cosa così
sfuggente.
Le persone cercano di farsi forza, i vecchi raccontano delle
privazioni della guerra e della fame e per loro questa
situazione non è nulla in confronto. Tutto vero, ma la paura è
una cosa irrazionale e le persone hanno paura per sé, per i
propri cari, per il futuro incerto e pieno di nuvole e che,
finita la "guerra", non ci saranno i balli per la
liberazione a farci ripartire col sottofondo di Boogie-woogie.
Mi metto in fila per il pane, tutti mantengono le dovute
distanze, un signore incolpevole, con un abito di velluto troppo
ingombrante per il primo giorno di primavera, viene
invitato dalla fila ad aspettare il suo turno. La gente aspetta
e non dice nulla. Anche questo silenzio rassegnato mi colpisce
al cuore. Vorrei chiedere a qualcuno "come va?", ma non mi
sembra il caso. Ho paura che mi rispondano "Ma come vuole che
vada...".
C'è una signora molto anziana in fila, non l'avevo mai vista
da queste parti, minuta e quasi invisibile, con una mascherina
di fortuna più grande lei. Rischia più di altri ad andare in
giro per questo maledetto virus, gli vorrei parlare, la vorrei
stupidamente consolare (ma poi per cosa), ma tra me e lei c'è
un'altra persona che chatta con qualcuno su Whatsapp. Quando mi
decido a dirle qualcosa di gentile la signora davanti a me
la incita, un po' bruscamente, a entrare dal fornaio. Quando
esce con una bustina col pane incrociamo brevemente lo sguardo,
le sorrido e la saluto. Prometto a me stesso di farlo più
spesso, saluto un po' tutti quelli che se ne vanno e quelli che
arrivano dal panettiere, stando a distanza. Ora mi sento un po'
meglio.
Bisogna avere fiducia mi dico, mi sforzo di non guardare le
notizie per non esserne condizionato troppo. Ma poi le guardo lo
stesso, perché vorrei sentire una buona notizie da qualche
parte, tra tante cattive notizie. Con la mia famiglia cerco solo
di fare il mio dovere, stiamo a casa, la riscopriamo e ritiriamo
fuori scatoloni di ricordi che avevamo dimenticato, un vecchio
libro da rileggere o quelli che mi ero ripromesso di prendere
in mano, quando ci fosse stato un momento di calma.
Le voci del mercato, arrivavano fino alle nostre finestre,
sono sincero, a volte mi davano fastidio, ma ora vorrei
risentirle. Mi fa stringer il cuore pensare a tutti quelli che non
sanno come faranno a pagare il prossimo mutuo, le bollette o la
prossima scadenza, dopo avere perso tutte le loro entrare
dall'oggi al domani. Sono anche io nella stessa situazione,
dicono che potremo sospenderli certi pagamenti, ma sembra così complicato
e
sicuramente dovrò pagare la rata del mutuo di questo mese, aspettando moduli che non
arrivano, decreti attuativi, bizantinismi vari e poi si vedrà.
Torno a casa con il pane per la mia famiglia, la mia "scusa" per
uscire di casa, faccio una strada leggermente più lunga per
tornare e quasi mi sento un malfattore. Ne approfitto per
accorgermi di case che non avevo mai visto, anche se erano state
sempre lì e semplicemente non ci avevo mai fatto caso. Una casa
molto bella ha uno stile
Art Nouveau,
o Liberty come diciamo noi in Italia. Com'è possibile che
non l'abbia mai vista?
Quante cose ci siamo persi nell'altra vita, prima del
Coronavirus? Eravamo felici e non lo sapevamo? Il pensiero si fa
ora più incisivo e lo guido tra i meandri della memoria, alla
ricerca delle occasioni quotidiane perdute. Sono occasioni
non legate ai rimpianti, non c'è tempo per quelli. I rimpianti
non sono mai legati alle scelte, bensì all'inerzia.
Vado deciso alla ricerca delle occasioni future, quelle
che arriveranno. La mia è una maschera di realtà aumentata,
virtuale, e vedo il mio sguardo guidato veloce dal pensiero, che
vaga per le strade della mia città, attraversa la via e gira
l'angolo. Quasi non riesco a starci dietro, corre affamato alla
ricerca di un qualcosa che sfugge e che teme di perdere per
sempre. Passa oltre il tabaccaio, la scuola, la rosticceria
chiusa con ancora il cartello affittasi attaccato alla vetrata.
Si ferma all'edicola, quella ancora aperta, il presidio di
informazioni oltre la televisione e internet. Compro i
giornali nell'edicola più vicino a casa, quella della signora
Paola, che è molto anziana e giustamente se ne sta con i suoi
cari a casa. Poche volte ho comprato il giornale nell'altra
edicola.
Ora voglio vederlo da vicino con occhi nuovi l'edicolante più
giovane, dalla testa lucida e pelata, e lo vedo come un ragazzo
eroico, con la mascherina che gli copre tutta la faccia, tranne
gli occhi vispi e allegri. Mi viene voglia di incitarlo ad
andare avanti, a non perdersi d'animo, e lo immagino diventare
il punto di riferimento del quartiere che verrà, dei vicini di
casa che finalmente, a causa o per merito di questo caos, si sono
finalmente conosciuti nei pianerottoli dei palazzi, dai balconi
degli appartamenti, dopo essersi
ignorati per anni. Ma per fortuna non ne ha bisogno il ragazzo
dell'edicola, anzi è
lui, dandomi il giornale, forse accorgendosi dei miei timori
interiori, che mi dice che tutto passerà e che saremo migliori e
a concludere con "Buona giornata e forza!"
Il passato e il futuro ci sono. Quel che sembra mancare è
forse il presente, forse. E dire che eravamo il paese più
felice del mondo e non lo sapevamo. Altro che la Finlandia,
con tutto il rispetto per quel Paese e per le statistiche che
vengono fatte (e che si contraddicono in modo assurdo se si
mettessero vicino altre cose come omicidi, suicidi e via
dicendo).
Volgo lo sguardo altrove, nuovamente alla ricerca del passato,
con la consapevolezza che non abbiamo considerato quello che
avevamo di fronte. Non il vicino dall'altra parte della strada,
non quello a cui non abbiamo sorriso, o quello a cui non abbiamo
dato il buongiorno, ne tanto meno quello che abbiamo mandato a
quel paese mentre non vedevo l'ora di tornare a casa. Ed ora
che siamo obbligati a restarci a casa, viene nostalgia di
tante cose belle e meno belle, da una semplice pausa caffé
al bar, al tumultuoso via vai dell'ora di punta. Proprio
quello che andando a lavoro ci lasciava esausti ancor prima di
arrivare. Vorresti tornare al giorno prima, perché eri felice e
non lo sapevi.
La vita può essere molto sorprendente. Guarda come siamo
adesso. Nel tuo ieri magari desideravi solo organizzare il
viaggio per le vacanze pasquali, magari in una città d'arte o in
un luogo esotico. Mentre nel tuo oggi ti consideri fortunato a
stare bene, a non aver conseguenze sulla salute, ad avere
il fornaio dall'altra parte della strada. Già la strada, che
ogni mattina ti assicura il profumo del pane e che ti fa venire
in mente le parole di Churchill, quando diceva che la “democrazia
è quando bussano alla tua porta di notte e sai che è il lattaio?.
Oggi mi rendo conto che "lattaio e fornaio" sono il mio
presente, sono qui ora e sono la mia normalità e li vedo
diventare, giorno dopo giorno, come un pilastro della nostra società.
Il fornaio ha il nome di Danila, una dolce ragazza che da sola,
ogni giorno che passa, si trasforma in una crocerossina, pronta a
sacrificarsi come un eroe perché sente il dovere di essere qui,
per il quartiere ed oltre. Porta la mascherina e i guanti come
gli angeli degli ospedali. Se gli dici "Brava!" ti
risponde "Che vuoi che sia. Bravi sono i medici e gli
infermieri, non io. Cerco solo di essere quella di sempre,
quella di un mese fa, ma con la mascherina. Cerco di dare solo
un po' di normalità." Solo un po' di normalità.
Il giro virtuale diventa adesso reale e mi fa rendere conto
di ciò che sono e che ho. Sono il mio tempo e il mio
presente e ho in me il potere di immaginare il futuro e
ricordare il passato. Ho il potere di scegliere cosa
voglio essere, il potere di scegliere quale strada fare e il
potere di salutare il mio vicino con un sorriso non lasciandomi
sviare dalla fretta.
Ho il potere di sorridere alla persona che mi manda a quel
paese in auto perché ho scelto di non stressarmi. Ho il potere
di non emigrare e di scegliere di vivere nel paese più bello del
mondo perché è il paese più bello del mondo. Ho il potere di
cercare dentro la memoria per ricordare a me stesso come era la
vita e come posso migliorarla in futuro. Ho il potere di
immaginare il futuro e passare dal fruttivendolo nel mercato
dietro l'angolo per acquistare le prime fragole di maggio. Ho il
potere di offrire il posto in autobus alla signora anziana che
sale per ultima e il potere di ringraziare la vita che mi è
stata donata. Ho il potere di non lamentarmi di questo e di
quello, ho il potere di essere solidale e il potere di
manifestare il mio amore a chi mi circonda, perché "Eravamo
felici e non lo sapevamo".
M. Serra
21/03/2020
Per
Informagiovani-Italia.com
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