Eravamo felici e non lo sapevamo

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Eravamo felici e non lo sapevamo

Eravamo felici e non lo sapevamo, sono parole che saltano alla mente incessanti nelle ampie 24 ore che ognuno di noi vive in questi tempi rallentati. Siamo sotto osservazione di noi stessi. Quel che non osserviamo è il mondo futuro, perché quello possiamo solo immaginarlo. Lo immaginiamo bene però il futuro, con orgoglio ed emozione, non solo incertezza. Quel che avevamo e quel che eravamo lo sappiamo, oggi possiamo solo imparare dal nostro passato per essere migliori nel nostro futuro.

Sono il mio tempo e il mio presente e ho in me il potere di immaginare il futuro e ricordare il passato.

Come affrontare lo stress da Coronavirus con i bambiniMentre vado a prendere il pane, unica uscita possibile di questi tempi, munito di autocertificazione e un po' di timore ancestrale, osservo camminando lentamente (tanto che fretta c'è) il mio quartiere, la strada malconcia piena di buche, il marciapiede mai finito, cose che ora non fanno più arrabbiare nessuno in questo momento e che quando lo faranno saranno benvenute come la normalità.

Il quartiere è silenzioso, ci sono parecchi gatti in giro, un po' randagi, un po' gatti di tutti con tanti nomi diversi per lo stesso gatto, che non patiscono la fame (per ora) e che si somigliano tutti, devono avere una nonna in comune, non ci avevo mai fatto caso prima.

Lo cerco nell'angolo delle mia memoria il quartiere. Ricordo l'ulivo del cancello di casa che veniva amorosamente potato dal suo proprietario. Ricordo il profumo del fornaio che impregnava la via, e ricordo il mercato rionale, proprio dietro l'angolo, il rumore e le voci urlate, aggrappate alla speranza di trovare un cliente in più. Ma quella normalità era felicità? Forse no, ma ora che manca, una piccola nostalgia la trasfigura come qualcosa di molto simile alla felicità, anche se non saprei darne una definizione esatta essendo una cosa così sfuggente.

Le persone cercano di farsi forza, i vecchi raccontano delle privazioni della guerra e della fame e per loro questa situazione non è nulla in confronto. Tutto vero, ma la paura è una cosa irrazionale e le persone hanno paura per sé, per i propri cari, per il futuro incerto e pieno di nuvole e che, finita la "guerra", non ci saranno i balli per la liberazione a farci ripartire col sottofondo di Boogie-woogie.

Mi metto in fila per il pane, tutti mantengono le dovute distanze, un signore incolpevole, con un abito di velluto troppo ingombrante per il primo giorno di primavera, viene invitato dalla fila ad aspettare il suo turno. La gente aspetta e non dice nulla. Anche questo silenzio rassegnato mi colpisce al cuore. Vorrei chiedere a qualcuno "come va?", ma non mi sembra il caso. Ho paura che mi rispondano "Ma come vuole che vada...".

C'è una signora molto anziana in fila, non l'avevo mai vista da queste parti, minuta e quasi invisibile, con una mascherina di fortuna più grande lei. Rischia più di altri ad andare in giro per questo maledetto virus, gli vorrei parlare, la vorrei stupidamente consolare (ma poi per cosa), ma tra me e lei c'è un'altra persona che chatta con qualcuno su Whatsapp. Quando mi decido a dirle qualcosa di gentile la signora davanti a me la incita, un po' bruscamente, a entrare dal fornaio. Quando esce con una bustina col pane incrociamo brevemente lo sguardo, le sorrido e la saluto. Prometto a me stesso di farlo più spesso, saluto un po' tutti quelli che se ne vanno e quelli che arrivano dal panettiere, stando a distanza. Ora mi sento un po' meglio.

Bisogna avere fiducia mi dico, mi sforzo di non guardare le notizie per non esserne condizionato troppo. Ma poi le guardo lo stesso, perché vorrei sentire una buona notizie da qualche parte, tra tante cattive notizie. Con la mia famiglia cerco solo di fare il mio dovere, stiamo a casa, la riscopriamo e ritiriamo fuori scatoloni di ricordi che avevamo dimenticato, un vecchio libro da rileggere o quelli che mi ero ripromesso di prendere in mano, quando ci fosse stato un momento di calma.

Le voci del mercato, arrivavano fino alle nostre finestre, sono sincero, a volte mi davano fastidio, ma ora vorrei risentirle. Mi fa stringer il cuore pensare a tutti quelli che non sanno come faranno a pagare il prossimo mutuo, le bollette o la prossima scadenza, dopo avere perso tutte le loro entrare dall'oggi al domani. Sono anche io nella stessa situazione, dicono che potremo sospenderli certi pagamenti, ma sembra così complicato e sicuramente dovrò pagare la rata del mutuo di questo mese, aspettando moduli che non arrivano, decreti attuativi, bizantinismi vari e poi si vedrà.

Torno a casa con il pane per la mia famiglia, la mia "scusa" per uscire di casa, faccio una strada leggermente più lunga per tornare e quasi mi sento un malfattore. Ne approfitto per accorgermi di case che non avevo mai visto, anche se erano state sempre lì e semplicemente non ci avevo mai fatto caso. Una casa molto bella ha uno stile Art Nouveau, o Liberty come diciamo noi in Italia. Com'è possibile che non l'abbia mai vista?

Quante cose ci siamo persi nell'altra vita, prima del Coronavirus? Eravamo felici e non lo sapevamo? Il pensiero si fa ora più incisivo e lo guido tra i meandri della memoria, alla ricerca delle occasioni quotidiane perdute. Sono occasioni non legate ai rimpianti, non c'è tempo per quelli. I rimpianti non sono mai legati alle scelte, bensì all'inerzia.

Vado deciso alla ricerca delle occasioni future, quelle che arriveranno. La mia è una maschera di realtà aumentata, virtuale, e vedo il mio sguardo guidato veloce dal pensiero, che vaga per le strade della mia città, attraversa la via e gira l'angolo. Quasi non riesco a starci dietro, corre affamato alla ricerca di un qualcosa che sfugge e che teme di perdere per sempre. Passa oltre il tabaccaio, la scuola, la rosticceria chiusa con ancora il cartello affittasi attaccato alla vetrata. Si ferma all'edicola, quella ancora aperta, il presidio di informazioni oltre la televisione e internet.  Compro i giornali nell'edicola più vicino a casa, quella della signora Paola, che è molto anziana e giustamente se ne sta con i suoi cari a casa. Poche volte ho comprato il giornale nell'altra edicola.

Ora voglio vederlo da vicino con occhi nuovi l'edicolante più giovane, dalla testa lucida e pelata, e lo vedo come un ragazzo eroico, con la mascherina che gli copre tutta la faccia, tranne gli occhi vispi e allegri. Mi viene voglia di incitarlo ad andare avanti, a non perdersi d'animo, e lo immagino diventare il punto di riferimento del quartiere che verrà, dei vicini di casa che finalmente, a causa o per merito di questo caos, si sono finalmente conosciuti nei pianerottoli dei palazzi, dai balconi degli appartamenti, dopo essersi ignorati per anni. Ma per fortuna non ne ha bisogno il ragazzo dell'edicola, anzi è lui, dandomi il giornale, forse accorgendosi dei miei timori interiori, che mi dice che tutto passerà e che saremo migliori e a concludere con "Buona giornata e forza!"

Il passato e il futuro ci sono. Quel che sembra mancare è forse il presente, forse. E dire che eravamo il paese più felice del mondo e non lo sapevamo. Altro che la Finlandia, con tutto il rispetto per quel Paese e per le statistiche che vengono fatte (e che si contraddicono in modo assurdo se si mettessero vicino altre cose come omicidi, suicidi e via dicendo).

Volgo lo sguardo altrove, nuovamente alla ricerca del passato, con la consapevolezza che non abbiamo considerato quello che avevamo di fronte. Non il vicino dall'altra parte della strada, non quello a cui non abbiamo sorriso, o quello a cui non abbiamo dato il buongiorno, ne tanto meno  quello che abbiamo mandato a quel paese mentre non vedevo l'ora di tornare a casa. Ed ora che siamo obbligati a restarci a casa, viene nostalgia di tante cose belle e meno belle,  da una semplice pausa caffé al bar, al tumultuoso via vai dell'ora di punta.  Proprio quello che andando a lavoro ci lasciava esausti ancor prima di arrivare. Vorresti tornare al giorno prima, perché eri felice e non lo sapevi.

La vita può essere molto sorprendente. Guarda come siamo adesso. Nel tuo ieri magari desideravi solo organizzare il viaggio per le vacanze pasquali, magari in una città d'arte o in un luogo esotico. Mentre nel tuo oggi ti consideri fortunato a stare bene, a non aver conseguenze sulla salute, ad avere il fornaio dall'altra parte della strada. Già la strada, che ogni mattina ti assicura il profumo del pane e che ti fa venire in mente le parole di Churchill, quando diceva che la “democrazia è quando bussano alla tua porta di notte e sai che è il lattaio?.

Oggi mi rendo conto che "lattaio e fornaio" sono il mio presente, sono qui ora e sono la mia normalità e li vedo diventare, giorno dopo giorno, come un pilastro della nostra società. Il fornaio ha il nome di Danila, una dolce ragazza che da sola, ogni giorno che passa, si trasforma in una crocerossina, pronta a sacrificarsi come un eroe perché sente il dovere di essere qui, per il quartiere ed oltre. Porta la mascherina e i guanti come gli angeli degli ospedali. Se gli dici "Brava!" ti risponde "Che vuoi che sia. Bravi sono i medici e gli infermieri, non io. Cerco solo di essere quella di sempre, quella di un mese fa, ma con la mascherina. Cerco di dare solo un po' di normalità." Solo un po' di normalità.

Il giro virtuale diventa adesso reale e mi fa rendere conto di ciò che sono e che ho. Sono il mio tempo e il mio presente e ho in me il potere di immaginare il futuro e ricordare il passato. Ho il potere di scegliere cosa voglio essere, il potere di scegliere quale strada fare e il potere di salutare il mio vicino con un sorriso non lasciandomi sviare dalla fretta.

Ho il potere di sorridere alla persona che mi manda a quel paese in auto perché ho scelto di non stressarmi. Ho il potere di non emigrare e di scegliere di vivere nel paese più bello del mondo perché è il paese più bello del mondo. Ho il potere di cercare dentro la memoria per ricordare a me stesso come era la vita e come posso migliorarla in futuro. Ho il potere di immaginare il futuro e passare dal fruttivendolo nel mercato dietro l'angolo per acquistare le prime fragole di maggio. Ho il potere di offrire il posto in autobus alla signora anziana che sale per ultima e il potere di ringraziare la vita che mi è stata donata. Ho il potere di non lamentarmi di questo e di quello, ho il potere di essere solidale e il potere di manifestare il mio amore a chi mi circonda, perché "Eravamo felici e non lo sapevamo". 

M. Serra

21/03/2020

 

Per Informagiovani-Italia.com

 

 



 

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