Grazie Milano - Montanelli 1962

Grazie Milano - Indro Montanelli 1962

 

Io sono uno dei tanti italiani (che si contano ormai a milioni) che devono a Milano il poco o il molto che sono diventati. Forse ciò mi rende un po’ parziale nel giudizio su questa città. Ma non credo che m’impedisca di vederla com’è, con le sue qualità e i suoi difetti. Cominciamo coi difetti. Milano era la città meglio qualificata a mettersi alla testa del "miracolo economico" e la meno preparata a capirlo e a comprenderne le conseguenze. Forse ci sarebbe riuscita la sua vecchia e collaudata borghesia, che in tre o quattro generazioni aveva avuto il tempo di selezionare anche dei quadri intellettuali.

 

Ma il miracolo economico è sfuggito di mano a questo ceto e ne ha avuto a protagonista un altro, abile, audace e aggressivo negli affari, ma grezzo, gretto e d’idee anguste. Esso si è lanciato a testa bassa alla conquista del potere economico, ma non ha mirato che a quello e non ha visto i limiti che una società moderna, tutta dominata da esigenze giustizialiste, gl’impone riducendolo a ben poca cosa.

Grazie Milano - Indro Montanelli 1962Di qui viene il disagio del milanese, diventato un italiano di cattivo umore come tutti gli altri, perché come tutti gli altri anche lui ora si sente "vittima" di qualcosa che non comprende, e che di volta in volta s’identifica con lo Stato, con la politica, col fisco. Egli non riesce a capacitarsi come mai, pur accumulando tanti "dané" col suo fervore produttivo e rimettendoli in circolazione con la sua generosità, non è più padrone di nulla e a nulla riesce più a dare il "la".

Grazie Milano - Indro Montanelli 1962Sono i milanesi che con la loro intraprendenza, con la loro forza di lavoro e col loro spirito d'iniziativa, hanno più contribuito a costruire la nuova società italiana, e sono essi che meno sanno orientarcisi e afferrarne i nessi. Mi fanno pensare al vecchio Ford che a Dearborn si era ricostruito un cantuccio della vecchia America rurale e jeffersoniana, e trascorse gli ultimi suoi anni a rimpiangerla senza rendersi conto ch'erano state soprattutto le sue automobili a distruggerla. Ma forse è la sorte di tutti i grandi pionieri, quella di non sapere cosa costruiscono e poi di restarne i delusi prigionieri.

I milanesi non comprendono nemmeno che la ricchezza oggi non è, come lo era fino al secolo scorso, un segno della grazia. E invece di nasconderla, la ostentano. Si parla spesso e molto della pacchianeria milanese. lo conosco una Milano che, caso mai, cade nell’eccesso opposto, quello di un pudore e di una riserva portata fino alla ritrosia. Ma questa Milano è la Milano che non si vede.

Grazie Milano - Indro Montanelli 1962Quella che si vede è purtroppo l'altra, quella esibizionista e tracotante delle feste, degli sciali, delle riserve e delle battute di caccia con migliaia di fagiani, dei gioielli comprati a chilo, delle "fuori serie" da corsa, dei motoscafi rombanti, delle scuderie di cavalli, degli aerei personali. Questa Milano texana e spavalda esiste, non c'è dubbio. E sullo sfondo delle "aree depresse" che oramai ne lambiscono la periferia coi suoi poveri quartieri superaffollati d’immigrati meridionali, schiaffeggia l’occhio e irrita la pelle.

Ma si è mai espressa diversamente la ricchezza nuova? In un paese che cresce a un ritmo tumultuoso come quello nostro, i contrasti sono fatali e inevitabili. Fino alla prima guerra mondiale e oltre, la America ne ha conosciuti di ancora più clamorosi, che hanno suscitato le medesime reazioni.

Grazie Milano - Indro Montanelli 1962Detto questo, dobbiamo però subito aggiungere che nella polemica contro Milano, solo un venti per cento è fondato. Il resto non è che una specie di "castrismo" regionale ispirato soltanto da complessi d’inferiorità, di gelosia e d’invidia. Milano non è soltanto la più ricca città italiana, ma è anche la più "aperta" e la meno razzista. Il suo orgoglio è infantile, scoperto e senza nulla di offensivo per gli altri. Il buon cuore milanese non è una leggenda. Esiste veramente, e non è affatto condizionato dall’abbondanza.

Anche il milanese povero è generoso, perché nel fondo della sua natura ci sono sempre l’ottimismo e la fiducia. Lasciamo ai sociologi di spiegare come mai queste qualità così rare nel nostro paese si sono rincantucciate lassù, in quell’angolo di penisola fra le Alpi e il Po. Certo, qualche motivo ci sarà. Ma riconosciamo finalmente che sono soltanto lì e che non si possono spiegare solo con le condizioni economiche perché in tutto il resto del cosiddetto "triangolo", dove le condizioni sono ugualmente floride, non se ne trova, o per lo meno non se ne trova nella stessa misura.

Grazie Milano - Indro Montanelli 1962Venendo da una città razionale, diffidente e guardinga come Firenze, io sono sempre rimasto sbigottito dalla forza passionale che Milano impegna in tutto ciò che fa. A voler essere cattivi, si potrebbe dire ch’è una città senza cervello. Il suo carattere è nella sua stessa urbanistica, cioè nella sua mancanza di urbanistica, in cui i "piani" arrivano sempre a battaglia vinta (o persa), scavalcati come sono regolarmente dal ritmo travolgente e dirompente del suo crescere. Io non so in cosa credono i milanesi. Ma in qualcosa devono credere, cui attingere tanta forza di slancio. La campagna che li circonda documenta a qualunque occhio una religione, quella degli alberi, che quasi tutto il resto d’Italia ha ormai dimenticato e rinnegato, e che testimonia, se non altro, la fiducia nel domani, il senso per così dire sacro di una continuità.

Non ho l’intenzione di fare un ritratto di Milano che richiederebbe ben altro spazio e impegno. Ma debbo dire che quello che ne fanno oggi il cinematografo, il teatro e la letteratura è falso e convenzionale. Milano non é "il Commendatore". E anche "il Commendatore" non somiglia alla macchietta che ne hanno costruito i nostri facili caricaturisti. Era fatale che il suo ruolo di capitale del "miracolo economico" rendesse impopolare Milano agli occhi di un paese, dove per tradizione il diritto di compiere miracoli è riconosciuto solo a San Gennaro.

Ripeto: può darsi che il mio giudizio sia inficiato dalla gratitudine che io provo per Milano. Ma una cosa è certa: che ogni volta che mi capita di dubitare di me stesso e di ciò che faccio, ogni volta che la stanchezza, la nausea e la sfiducia mi assalgono, torno a Milano: e solo qui ritrovo slancio e fervore. Questa città non mi dà soltanto di che vivere: mi dà anche la speranza che la mia vita serva a qualcosa.

Grazie, Milano.

Indro Montanelli

Tratto da Tuttitalia, Saeda Edizioni 1962

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