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Michelangelo
Merisi, detto Caravaggio - Biografia e opere
Nel 2007 Vittorio Pirami,
un ex dirigente d'azienda con la passione dell'arte fece una scoperta
sensazionale, un atto di nascita che attestava che Michelangelo Merisi
non era nato nel borgo di Caravaggio, nella bassa bergamasca il 28
settembre 1573 come si pensava e come il suo soprannome faceva
supporre.
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Tra i documenti conservati nell’Archivio Diocesano
di Milano se ne trovava uno, che attesta la nascita di
Michelangelo Merisi proprio nel
capoluogo lombardo, nella parrocchia di Santo Stefano in Brolo,
probabilmente il 29 settembre del 1571.
Contrariamente a quanto vuole molta letteratura ottocentesca, che ne fa una
sorta di plebeo Nomade e irregolare, il giovane Caravaggio risulta figlio di
buona famiglia: il padre è infatti "il signor Fermo maestro di case",
dei marchesi del luogo. Non ancora undicenne, morto il padre, Michelangelo
viene allocato dallo zio Battista ("Huomo di lettere e buon costume")
presso la bottega milanese di Simone Petranzano, pittore manierista
di una certa fama. Ma già entro il 1592 Caravaggio si trova a
Roma,
meta obbligata degli artisti del tempo, dove ebbe quale patrono il
cardinale Francesco Maria Del Monte, esponente dell'ala più colta e liberale
della Chiesa. Quanto ai fatti del soggiorno romano poco si sa, se non che
nel 1606 egli deve addirittura abbandonare la città perché accusato
d'omicidio: certo, il turbolento carattere dell'uomo "rapido tanto a finire il quadro quanto a
menar di coltello" deve essere stato determinante anche per il quattro
tumultuosi anni seguenti, passati a
Napoli,
Malta,
Siracusa e
Messina.
Morirà il 18 luglio 1610, a Porto Ercole, sull'Argentario, sulla via del ritorno a Roma, disperando del perdono
papale: come Raffaello, non aveva ancora compiuto 39 anni.
La formazione lombarda e il soggiorno romano
Come ha magistralmente scritto lo stoico dell'arte di
Alba
Roberto Longhi, nella sua biografia sull'artista del 1952, le strade della formazione del
Caravaggio sono strade di Lombardia: "… Era questa la zona dove il gruppo
di pittori lombardi, o naturalizzati, teneva aperto da gran tempo il
santuario dell'arte semplice. Già nel Quattrocento il Foppa e il Bergognone,
nel Cinquecento il Lotto di moretto il Savoldo e il Moroni, dopo aver reso
omaggio al grande "gôut" del secolo paganeggiante… Con la loro umanità più
accostante, religiosità più umile, colorito più vero ed attento, ombretti
descritte, e curiose fin negli effetti di notte o di lunghe artificiale,
avevano tenuto in serbo una disposizione è meglio capire la natura degli
uomini e delle cose".
Frutto di tali radici lombarde, un quadro come il Riposo nella fuga in Egitto del 1593 circa, dovette piacere per i suoi
colori "dolci e schietti" anche ai classicisti d'ambiente romano, giocato
con m'è su una gamma di toni avana, argentei, verdi-chiaro. Agli
esordi del soggiorno a Roma, la produzione del giovane, promettente talento
è certamente subordinata a un severo controllo da parte del cardinal Del
Monte: per lui Caravaggio eseguirà - fra il 1594 e il 1599 diversi
capolavori il Concerto (oggi al Metropolitan Museum of Art di
New York), I
bari (che dal 1987 si trova al Kimbell Art Museum, Fort Worth), La buona ventura
(che oggi si trova al
Louvre
di
Parigi),
Il suonatore di liuto (oggi all'Ermitage
di
San Pietroburgo),
La Santa
Caterina (Museo
Thyssen-Bornemisza
di
Madrid) La Medusa, probabilmente Il Bacco (ora entrambi
alla
Galleria
degli Uffizi a
Firenze) e infine la
celebre Canestra di Frutta (che si trova nella
Pinacoteca Ambrosiana di
Milano), poi donata dal Del Monte al cardinale
Federico Borromeo.
Affascinante per flagranza naturale, quest'ultima opera racchiude, portandole
ormai al più alto risultato poetico, le complesse sollecitazioni
simbolico-culturali che l'artista apprese e acquisì dal coltissimo
prelato: come scrive infatti Maurizio Calvesi storico e critico
dell'arte nel suo denso, suggestivo saggio Caravaggio o
la ricerca della salvazione: "… Nella canestra caravaggesca la duplice
simbologia del frutto come peccato e come vita sembra quindi approfondita e
svolta, quasi unificando i miti del vaso di Pandora e della cornucopia. Ma
ogni specie di frutto o il suo ruolo e la sua simbologia: i pomi (peccato),
la melagrana (martirio), l'uva che è un simbolo di Cristo…". Sempre tramite
il Del Monte il giovane Caravaggio entra anche in contatto con alcune delle
più illustri famiglie del patriziato romano: i Giustiniani per i quali
esegue il Ritratto di cortigiana nel 1598 (che si trovava al
Kaiser Friedrich Museum , ora
Museo
Bode di
Berlino
e che è andato distrutto durante la seconda guerra mondiale
nel corso dell'incendio della Flakturm Friedrichshain) e l'Amore vittorioso; i
Barberini per cui
dipinge il Sacrificio di Isacco (oggi custodito agli Uffizi); i Borghese ai quali si deve la commissione
del San Girolamo (Galleria
Borghese); infine i Mattei per i quali porta a termine la celebre
Cena
in Emmaus (che oggi si trova alla
National
Gallery di
Londra) del 1599.
Da questa data, la maggior parte della produzione dell'artista si concentra
su
soggetti religiosi, coincidenti con importanti mutamenti di mezzi
espressivi; mutamenti osservabili proprio a partire dalla Cena di Emmaus, che solo la
natura morta ricollega, nella povera e spoglia tavola imbandita, al primo periodo
romano. Il quadro vive infatti di un'evidenza narrativa senza precedenti,
giocata su una composta misura sentimentale quanto su una calmante
gestualità: come scrive infatti il Rudolf Wittkower, nel suo saggio
L'Arte in Europa Occidentale (1957) "...la gesticolazione
drammatica ebbe nel Caravaggio anche un altro significato: un espediente
psicologico, non ignoto nella storia dell'arte, per attirare l'osservatore
nell'orbita del quadro e aumentare l'urto emotivo e drammatico dell'evento
rappresentato; infatti, il braccio di Cristo disegnato molto di scorcio, come
pure quello disteso del discepolo più anziano, sembrano staccarsi dal piano
del quadro e raggiungere lo spazio in cui si trova l'osservatore…".
Nello
1599, sempre per interessamento del cardinal Del Monte, Caravaggio mette
mano alla sua prima opera di destinazione pubblica, la decorazione della
Cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi in cui si trova,
scandalosamente, a rappresentare l'episodio della Vocazione di San Matteo
come una scena di giocatori d'azzardo. Seguono, fra il 1613 e il 1605,
La
Deposizione (che si trova oggi nella Pinacoteca nei
Musei
Vaticani), la Madonna dei Palafrenieri, la Madonna dei
Pellegrini (Galleria Borghese), la Morte della
Vergine (Louvre), che verrà rifiutata dal clero della Chiesa di Santa Maria della Scala. Poi, nel
maggio del 1606 la fuga da Roma: a
Napoli, eseguirà Le sette opere di
misericordia (che oggi si trova al Pio Monte della Misericordia) il
Davide con la testa di Golia e la Madonna del Rosario, tutti e
due del 1607 (entrambi si trovano al
Kunsthistorisches Museum di
Vienna),
e la Flagellazione di Cristo eseguito tra il 1607 e il 1608, per la
chiesa di San Domenico Maggiore, poi spostato al
Museo di Capodimonte.
Malta vede
l'esecuzione, l'anno seguente, della Decollazione del Battista, capolavoro
pervaso da un'altissima assuefazione alla morte, alla necessità del
martirio che ancora si trova nella Concattedrale di San Giovanni a
La Valletta. Fuggito anche da Malta, Michelangelo Merisi si rifugia
angosciato a Siracusa esegue il Seppellimento di Santa Lucia per la
Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, poi a Messina, dove esegue L'Adorazione dei pastori
e la sublime
Resurrezione di Lazzaro (entrambi al Museo Regionale di Messina).
Verso la fine dell'estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli e nella
città partenopea, in ottobre venne, affrontato con violenza da alcuni uomini al soldo
del suo rivale maltese per il quale era fuggito, all'uscita della Locanda
del Cerriglio (nei pressi di Via Monteoliveto), rimase sfigurato e la
notizia della sua morte cominciò a circolare prematura.
La fase creativa del suo secondo periodo napoletano è ricostruita dagli
storici con molte congetture: dipinse sicuramente il San Giovanni Battista
disteso (1610) appartenente a una collezione privata a
Monaco di Baviera, la
Negazione di san Pietro, il San Giovanni Battista e il Davide con la testa
di Golia, quest'ultimo molto importante dal punto di vista storiografico in
quanto raffigurante un macabro autoritratto del Caravaggio nella figura del
Golia con la testa mozzata, sorte questa dalla quale il Merisi tentava da
anni di fuggire.
Ancora del periodo di Napoli, sono da attribuire i due diversi quadri con
medesimo soggetto: la Salomè con la testa del Battista, che il pittore
avrebbe dovuto recapitare ai Cavalieri dell'Ordine di Malta, e la Salomè con la testa
del Battista che oggi si trova a Madrid, tela cominciata durante il primo periodo
napoletano. Poi vi furono tre tele per la chiesa di Sant'Anna dei Lombardi
di Napoli, il San Francesco che riceve le Stimmate, il San Francesco in
meditazione e una Resurrezione (quest'ultima nota oggi attraverso una copia
di Louis Finson ad
Aix en Provence), tutte però perdute durante il
terremoto del 1805 che causò il crollo di una parte dell'edificio religioso.
Infine, dipinse il Martirio di sant'Orsola nel 1610 per Marcantonio Doria,
oggi conservato nel Palazzo Zevallos a Napoli. Questo è considerato
di fatto l'ultimo dipinto di Caravaggio arrivato ai giorni nostri.
Gli ultimi mesi di
vita di Caravaggio
Nel luglio del 1610, per intercessione della famiglia Colonna, venne accolta
la sua richiesta di grazia per i fatti che portarono all'omicidio di
Ranuccio Tomassoni da parte di Caravaggio, che partì da Napoli su una
feluca diretta a Porto Ercole, porto maremmano, nel promontorio
dell'Argentario, allora territorio dello Stato dei Presidi Spagnoli.
Il pittore portò con se, oltre ai i suoi bagagli tre tele, il San Giovani
Battista, detto Caravaggio Boghese (Galleria
Borghese,
Roma), il San Giovanni disteso (collezione
privata, Monaco di Baviera) e la Maddalena in estasi (collezione
privata), che erano a tutti gli effetti un salvacondotto per la
salvezza, poiché intendeva donarli al cardinale Scipione Borghese,
nipote di papa Paolo V, per ringraziarlo dell'interessamento dimostrato.
Giunto al porto laziale di Palo a Ladispoli (circa quaranta km da Roma) Caravaggio venne
probabilmente scambiato per un criminale ed arrestato. Dopo essersi
faticosamente chiarito con le autorità del posto ed essere stato liberato, la
sua feluca aveva ripreso il mare con a
bordo i suoi quadri.
Caravaggio di rincorrere letteralmente la feluca, per recuperare le sue tele incamminandosi alla volta di
Porto Ercole, dove arrivò stremato e senza riuscire a ritrovare il battello.
Non poté più riprendere il cammino perché stremate e indebolito morì,
probabilmente a causa di una infezione, a Porto Ercole il
18 luglio 1610 all'età di trentanove anni.
Vedere anche: Giuditta e Oloferne
e
David
e Golia.
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