Roma
>
Musei di Roma
>
Galleria Nazionale d'Arte Antica >
Descrizione
della sconvolgente, realistica e controversa tela con cui
Caravaggio dipinse un noto episodio biblico dando prova di
audacia compositiva e maestria tecnica assoluta.
Giuditta che taglia la testa a Oloferne venne
realizzato da
Caravaggio sotto l'influenza emotiva
della decapitazione di Beatrice Cenci. L'esecuzione
di Beatrice Cenci, della matrigna e del fratello maggiore
avvenne la mattina dell'11 settembre 1599 nella piazza di
Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti,
oltre a Caravaggio il pittore Orazio Gentileschi e la
figlioletta, anch'essa futura pittrice, Artemisia. Si
dice che, esasperata dalle violenze e dagli abusi sessuali
paterni, Beatrice Cenci fosse giunta alla decisione di
organizzare l'omicidio del padre Francesco con la complicità
della matrigna Lucrezia, dei fratelli Giacomo e Bernardo e
di altre persone.
|
|
Questo
fatto colpì molto il giovane Caravaggio, che dipinse altre famose
decapitazioni oltre a
Giuditta e Oloferne. La
Giuditta e Oloferne (olio su tela, 145 x 195 cm), considerato uno dei
massimi capolavori di Caravaggio, fu commissionato dal banchiere Ottavio
Costa (che lo cita nel suo testamento), uno dei più grandi ammiratori di
Caravaggio e anch'egli presente il giorno dell'esecuzione di Beatrice Cenci.
Fu pagato per 400 ducati, una cifra molto considerevole. La tela non si
mosse mai da Roma, rimanendo nelle mani degli eredi di Ottavio Costa fino al
1846 per volontà della Congregazione degli Operai delle Divina Pietà,
ultimo erede che la vendette all'asta. In quel frangente la Giuditta
venne acquistata dal marchese Antonio De Cinque Quintili, il cui
bisnipote
Vincenzo Coppi vendette il dipinto allo stato
italiano nel 1971.
Il quadro di Caravaggio rappresenta l'episodio biblico della
decapitazione del condottiero assiro Oloferne
da parte della vedova ebrea Giuditta, che voleva salvare il
proprio popolo dalla dominazione straniera. Giuditta è
raffigurata intenta a decapitare Oloferne con una
scimitarra, mentre alla scena assiste una vecchia serva che
sorregge con le mani il drappo contenente il cesto nel quale
verrà conservata la testa.
Nel
ruolo di Giuditta venne raffigurata la cortigiana
Fillide Melandroni, amica dell'artista, originaria di
Siena e che all'epoca aveva 17 anni (la Melandroni
ebbe poi una relazione con Ranuccio Tomassoni, lo
stesso che Caravaggio uccise nel 1606 costringendolo alla
fuga da Roma). La Melandroni fu usata come modella in altri
quadri dell'astista come Santa Caterina d’Alessandria
(ora a
Madrid, nel Museo Thyssen-Bornemisza).
Stanca di vedere il suo popolo morire di
fame e di sete, Giuditta decide di
smettere le umili vesti da vedova e
indossare i suoi abiti più belli. Con il
suo fascino riesce a sedurre il generale
nemico e a decapitarlo, dopo essere
stramazzato sul letto completamente
ubriaco dopo un ricco banchetto. La
Giuditta è senza dubbio un’opera cruenta
e feroce, ma nonostante il suo impatto
visivo forte, rispetta molto fedelmente
le descrizioni bibliche.
Pochi gli elementi nel dipinto che rendono chiara
l'ambientazione della scena. Lo sfondo scuro, se si eccettua
il panno rosso in alto a sinistra e una parte minima del
letto su cui giace, rende più drammatica la scena,
accentuata dal fondo nero e dalla luce che rivela i
contrasti dei volti e i loro stati dell'animo, con una
tecnica "leonardiana" diffusa dal lombardo Giovan Paolo
Lomazzo
con gli studi sulla fisiognomica e la gestualità, che
stavano tanto alla base del teatro quanto della stessa
pittura.
Lo
sguardo vitreo di Oloferne farebbe supporre che sia già
morto, tuttavia lo spasmo e la tensione dei muscoli ci
inducono a pensare il contrario. Il tiranno non è più vivo,
ma non è neanche morto, come si vede anche osservando le
mani che si aggrappano ancora disperatamente al lenzuolo, le
membra sono contratte e la bocca ancora emette urli
disperati. Giuditta, invece, adempie al suo compito non
senza un moto di coscienza: come si può osservare le braccia
sono tese, come se la donna volesse allontanarsi il più
possibile dal corpo di Oloferne, e il suo volto è contratto
in un'espressione mista di fatica e orrore. ?un sacrificio
per un intero popolo. Accanto a Giuditta una serva, anziana
e brutta, contraltare alla bellezza e alla giovinezza della
vedova. Caravaggio, così facendo sottolinea (con un
artificio artistico legato alla fisiognomica, caro anche a
Leonardo) le differenze tra le due figure e fa risaltare
maggiormente la prima, che incarna grandi valori morali.
Giuditta, presentata il simbolo di salvezza che Dio offre al
popolo ebraico, assurge anche a simbolo della Chiesa stessa
e del suo ruolo salvifico, ulteriormente testimoniato dal
colore bianco della camicia della donna, che evoca la
purezza.
Studi successivi e un'analisi radiografica hanno mostrato
che Giuditta in una prima raffigurazione era a seni nudi, ma
non è chiaro se Caravaggio abbia voluto seguire una
tradizione iconografica che vedeva nella nudità un senso di
eroismo e di purezza connesso con il sacro, oppure abbia
voluto accentuare, in questo modo il carattere provocante,
seducente dell'eroina; aspetto che resta, peraltro anche
dopo la raffigurazione del corpetto coprente, probabilmente
per cause d'ordine morale e di autocensura, che, mostra
comunque, in trasparenza, il seno dell'eroina, sudato per lo
sforzo messo nell'azione violenta, risultando così ancora
più seducente.
Partendo ad esempio dall’acconciatura
della protagonista, Caravaggio dimostra
di conoscere approfonditamente le Sacre
Scritture: corrisponde infatti alla
frase "spartì i capelli del capo" la
rappresentazione della riga centrale
della giovane. Lo stesso vale per gli
orecchini, espressamente citati nei
versetti sacri (abbiamo anche delle
ipotesi avanzate nel corso degli anni da
diversi critici che identificano gli
orecchini di perla come dei gioielli
appartenuti al committente del quadro).
Sempre rapportandoci alla giovane
eroina, è importante soffermarsi sulle
sue labbra.
Da altri studi radiografici, è emerso anche che la testa di
Oloferne era più attaccata al collo. Giuditta infatti
dovette dare ben due colpi al nemico per staccare totalmente
il capo del tiranno assiro. In questo quadro Caravaggio
tratta per la prima volta un soggetto drammatico, cruciale
anche per la crescita nel suo percorso compositivo e
stilistico: si tratta infatti di una tela che rappresenta il
momento di passaggio tra la sua pittura giovanile e quella
naturalistica. Del dipinto esiste un'altra versione datata
1607 e conservata a Napoli, ritenuta perlopiù una copia
dell'originale.
Copyright © Informagiovani-italia.com. La
riproduzione totale o parziale, in qualunque forma, su
qualsiasi supporto e con qualunque mezzo è proibita senza
autorizzazione scritta.
Se questa guida vi è piaciuta e volete dare una mano a
Informagiovani-italia.com aiutateci a diffonderla.
Ostelli Roma
Ostelli Italia
Carte de Rome
Karte von Rom
Mapa Roma
Map of Rome
Carte Latium
Karte von Latium
Mapa Lazio
Map of Lazio
Carte d'Italie
Karte von Italien
Mapa Italia
Map of Italy
|