Castel Sant'Angelo

Castel San'Angelo

 

La fortezza di Castel Sant'Angelo  prende il nome dalla statua dell'arcangelo Michele posta sulla sua cima. Voluta dall'imperatore Adriano nel 139 d.C. come mausoleo per se e per i suoi figli, nel 271 d.C venne incorporato nelle Mura aureliane assumendo l'aspetto di un vero avamposto. L'opera originale era molto diversa da quella che oggi si può vedere. Per opera dell'imperatore Aureliano ci fu la trasformazione in castello, poi nel XI secolo fu aggiunta la torre e quando nel 1277 divenne proprietà del Vaticano, furono aggiunti gli appartamenti pontifici. Inizialmente la costruzione era stata concepita come mausoleo dell'imperatore Adriano.

Si raggiunge dal Ponte Sant'Angelo, decorato da angeli che vennero scolpiti da Bernini nel XVII secolo. Venne trasformato in fortezza per i Papi nel VI secolo, utile in caso di pericolo, ed è collegato ai palazzi del Vaticano da un passaggio sotterraneo. Il mausoleo è ora un interessante museo e la sua atmosfera evocativa trae ancora maggior fascino dal sapere che fu gettandosi da qui che la Tosca di Puccini trovò la morte. L'Angelo bronzeo del XVIII secolo che da il nome al castello è protagonista di un'antica leggenda che risale alla terribile peste del 590. Secondo la storia la peste terminò grazie all'apparizione di un angelo che si posò sopra il mausoleo e fece il gesto di riporre la spada nel fodero a simbolo della grazia concessa. Correva l'anno 590 e Roma era stremata da una terribile epidemia di peste. Per impetrare la fine del morbo il neo eletto Papa Gregorio Magno (590-604) chiamò il popolo in processione. Mentre questa si snodava sotto il sepolcro di Adriano, apparve alla sommità dello stesso l'Arcangelo Michele nell'atto di rinfoderare la spada come annuncio della fine del flagello, cosa che poi avvenne. Da questo evento in poi il mausoleo di Adriano prese il nome di Castel Sant'Angelo.

 

Nel VI secolo il mausoleo di Adriano, ormai divenuto fortezza, resistette all'assedio dei Goti in guerra contro i Bizantini del generale Belisario. Questi, per respingere gli assedianti, non esitarono a distruggere le statue del monumento per usarle come proiettili. Sul finire dello stesso secolo il mausoleo perse anche il suo nome originario.

Divenuto ormai la principale roccaforte di Roma, il castello fu, con alterne vicende, ambita preda di pontefici, famiglie nobiliari (Pierleoni, Orsini, Borgia) e truppe imperiali. Nel 1379 venne quasi distrutto dal popolo che si era sollevato contro le truppe francesi che l'occupavano. Pochi anni dopo, nel 1395, Bonifacio IX (1389-1404) diede inizio alla sua ricostruzione, accentuando il carattere militare dell'edificio e progettando il celebre passetto che costituiva il passaggio protetto per il pontefice dalla basilica di San Pietro alla fortezza. L'inizio dell'impresa viene attribuita all'antipapa Giovanni XXIII il 15 giugno 1411.

Nicolò V (1447-1455) fece raggiungere tre bastioni agli angoli del quadrilatero esterno e due torrette tra il ponte ed il portale d'accesso. Più tardi, Alessandro VI Borgia incaricò Antonio da Sangallo il Vecchio di ulteriori lavori di fortificazione. Furono così costruiti quattro torrioni inglobanti quelli di Nicolò V e chiamati con i nomi dei santi Evangelisti. In particolare, dal bastione di S. Marco si accede al passetto, in quello di S. Luca c'era la cappella del Crocifisso o dei condannati. Qui ricevevano gli ultimi conforti religiosi i condannati a morte prima di essere giustiziati nell'adiacente cortile delle fucilazioni. La fortezza fu quindi circondata da un ampio fossato in cui immettere l'acqua del fiume. Tali opere permisero, 32 anni dopo, a Papa Clemente VII di resistere sette mesi all'assedio delle truppe di Carlo V, i famosi Lanzichenecchi, che diedero inizio, il 5 maggio 1527, al tremendo "sacco di Roma".

L'architetto Giulio Bonatti, su incarico di Urbano VIII, nel 1628, fece demolire il torrione tra il ponte ed il castello per evitare che ostacolasse il flusso delle acque del fiume e trasferì sul lato destro il portone principale. A Clemente XII (1730-1879) dobbiamo la costruzione dell'ascensore che portava dall'imbocco della rampa elicoidale alla cappella papale. All'interno de castello, dalle celle dei piani inferiori fino agli appartamenti dei papi del Rinascimento, un museo narra la sua storia. Da non perdere la Sala Paolina dove vi sono affreschi e trompe d'oeil di Perin del Vaga e Pellegrino Ribaldi, la vista dalla terrazza e la Scala di Alessandro IV che attraversa il centro dell'edificio. Gli alloggi pontifici affacciavano sul cortile d'onore, poi detto dell'Angelo da quando, nel 1753, vi fu posta la statua marmorea di Raffaello da Montelupo, che si ergeva dal 1544 sul culmine del castello. Venne sostituita da quella in bronzo del Verschaffelt, tuttora sul posto.

Gli ambienti del corpo centrale, destinati ai pontefici e più volte rimaneggiati, comprendono:

1) La sala del camino, così chiamata per il grandioso camino settecentesco.

2) La sala della giustizia, ricavata proprio al di sopra della cella sepolcrale di Adriano. Vi si svolgeva l'attività giudiziaria durante i soggiorni papali nel castello.

3) La sala dell'Apollo. Decorata con scene mitologiche, comprende il vano dell'ascensore papale, del quale ancora si vedono le guide della cabina.

4) la cappella di Leone X, con un pregevole trittico di Taddeo Gaddi del 1336.

5) le due sale di Clemente VII. Costituivano la parte privata dell'appartamento: lo studio e la camera da letto.

Dalla sala dell'Apollo si passa al cortile del pozzo o del teatro, così chiamato sia per la presenza del pozzo di Alessandro VI, sia perché sotto Leone X (1513-1521) vi si svolgevano spettacoli teatrali. Da questo cortile si accede alla stanza da bagno di Clemente VII, alle prigioni storiche (che hanno ospitato anche B. Cellini) ed ai magazzini per l'olio e per il grano. Attraverso una scaletta si arriva al piano superiore dove, lungo il corridoio anulare realizzato tra il XVI e il XVII secolo dai Papi Pio IV e Alessandro VII, si aprono una serie di ambienti contenenti l'armeria storica. Continuando il percorso si attraversa la loggia di Paolo III (1534-1549) del 1543, si supera l'appartamento del castellano e si arriva all'ariosa loggia di Giulio II (1503-1513), attribuita al Sangallo o al Bramante. Da qui si accede all'appartamento di Paolo III, formato dalla sala Paolina o del Consiglio, le sale del Perseo e di Amore e Psiche, la sala dell'Adrianeo, la sala dei Festoni e la biblioteca, che custodiva i documenti dell'archivio Vaticano. Infine si trova la sala del Tesoro, sistemata nel vano superiore dell'originaria mole Adriana, nel punto più inaccessibile: era destinata a camera blindata per conservare il tesoro Vaticano e i documenti dell'archivio segreto. Vi si possono ammirare le originarie casse trecentesche, circondate dagli armadi del '500. Dalla biblioteca una stretta scala conduce a tre salette dette "la Cagliostra", dal nome di Giuseppe Balsamo Conte di Cagliostro, che vi fu tenuto prigioniero nel 1789. Un'altra scala ricavata nello spessore del muro romano porta alla sommità del castello ed alla terrazza, dove è posta la campana della misericordia, che annunciava le esecuzioni capitali. Qui in origine stava la statua dell'imperatore Adriano su quadriga. Perduta in circostanze e tempi ignoti, venne sostituita, a partire almeno dal XII secolo, dalla prima delle tante versioni dell'Angelo. Quella attuale è alta circa 5 metri e ha un'apertura alare di 6 metri.

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