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Duomo di Milano
Il Duomo di Milano si
staglia bello e maestoso sulla piazza omonima e nel panorama della città, ed è da sempre il
simbolo di
Milano,
patrimonio dei milanesi e di tutta l'Italia. Questo nonostante il fatto che
questo immenso e unico edificio gotico abbia avuto molti critici nel corso
nel tempo che lo hanno "accusato" di essere sovraccarico di ornamenti che
tolgono linearità alla sua struttura.
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Non
esistono critiche che tengano per il popolo milanese che ne ha
finanziato la costruzione nei secoli, che si è sempre raccolto molto
volentieri dentro queste fresche e ampie mura, e anche nei periodi di
incertezza, lo ha sempre considerato come un'opera d'arte collettiva di cui
va fiero.
Il
Duomo fu iniziato per volere di Gian Galeazzo Visconti
signore di Milano nel 1386, che lo volle di dimensioni tali che si addicesse alla capitale di un'Italia unita,
come lui sognava. Vi si dovevano riunire 40.000 persone, per adorare Dio e
ammirare l'opera di Gian Galeazzo. Fu realizzato sul sito dell'antica
Cattedrale di Santa Maria Maggiore, e la Basilica di Santa Tecla
(i cui resti sono in parte visibili nei sotterranei del duomo). La scelta di
questa collocazione derivò dal fatto che non era più possibile restaurare
Santa Maria Maggiore, il cui campanile era crollato devastando parte della
navata e la facciata ed anche perché l’arcivescovo volle che fosse costruita
una cattedrale più grande sul luogo del più antico cuore religioso della
città.
Si racconta che in quel periodo le donne milanesi fossero afflitte da una
misteriosa malattia durante lo stato di gravidanza, per cui molti dei loro
figli morivano appena nati. Anche Gian Galeazzo aveva avuto tre figli nati
dopo grandi tribolazione, i quali morirono subito. Per questo volle dedicare
il grande tempio propiziatorio a Mariae nascenti (Santa Maria
Nascente) pregando che gli
fosse concesso un erede e che le madri milanesi potessero generare una sana
prole. Chiamò architetti sia dalla Francia e dalla Germania, sia dal resto
d'Italia. Gli "stranieri" vollero lo stile gotico, mentre gli italiani si
prodigarono a sovraccaricarlo di ornamenti. L'armonia dello stile delle
forme svanì nel conflitto dei pareri contrari e nel protrarsi dei lavori per
due secoli; intanto lo stato d'animo il gusto mutarono col tempo e coloro
che finirono la costruzione non sentivono più allo stesso modo di quelli che
l'avevano cominciata.
Quando Gian Galeazzo morì nel 1402, solo i muri erano stati eretti. Poi
tutto andò a rilento mancanza di fondi. Circa 80 anni dopo Ludovico il Moro chiamò il
Bramante,
Leonardo e altri per fare progetto di una cupola che
avrebbe dovuto formare tutt'uno armonico con gli arditi pinnacoli solitari.
Ma le loro proposte furono disapprovate. Tutti si scontrarono con il
problema del tiburio (un elemento architettonico che racchiude al suo
interno una cupola proteggendola, un elemento tipico del
Rinascimento) che, seppure già presente nei primi piani di
costruzione della cattedrale, alla fine del Trecento, non fu mai realizzato per problemi statici,
e quando si tentò di costruirlo, crollò più volte.
Infine nel 1490 venne scelto Giovanni Antonio
Amadeo, che stava lavorando in quel periodo la Certosa di Pavia,
con l'incarico di terminare la costruzione del
Duomo. Quest'ultimo e i suoi assistenti erano più scultori che architetti e
non potevano sopportare l'idea che rimanessero delle superfici lisce e
disadorne. Ricordiamo che Amadeo scrisse un "Trattato di architettura"
che fece parte della biblioteca di Leonardo da Vinci.
Amadeo impiegò in questa impresa titanica nella "fabbrica del Duomo"
trent'anni della sua vita, dal 1490 al 1522, ma non terminò la cupola che fu
finita solo nel 1759, mentre la facciata, iniziata nel 1616, non venne completata
finché Napoleone non lo ordinò perentoriamente con un decreto
imperiale nel 1809. Ai tempi di Ludovico il Moro il Duomo di Milano era la
seconda chiesa del mondo per ampiezza, con un'area di circa 15.000 m²,
mentre oggi è la terza dopo la Basilica di San Pietro a
Roma
e il
Duomo di Siviglia.
Può tuttavia andar fiero delle sue dimensioni
di base 157 metri per 92, e della sua altezza di 108 metri da terra fino al capo
della Madonnina sulla guglia della cupola, delle 135 guglie che
frastagliano sua
linea, e delle 3a00 statue che sovrastano le guglie, i pilastri, i muri e il
tetto. Tutta la costruzione, tetto compreso, è in marmo bianco, trasportata
a gran fatica dalle Cave di Candoglia, e da una dozzina di altre cave minori. Fu sempre Gian Galeazzo
Visconti a volere il marmo per edificare la Cattedrale al posto del mattone.
L'edificio doveva lasciare chiunque a bocca aperta.
Venne scelta come "cava
madre" la "Cava di Candoglia", in Val d'Ossola, vicino al Lago
Maggiore, una località che dista più di cento chilometri da Milano, ma che
vantava una qualità altissima del marmo, già nota ai romani che, in effetti,
non sfruttarono a pieno le cave a causa della difficoltà del trasporto del
materiale. Dopo aver superato le difficoltà per l'accesso alle cave dove era
necessario arrampicarsi in un percorso difficile e pericoloso, i milanesi
sfruttavano il Naviglio Grande per trasportare il marmo. I massi
arrivavano dove oggi c’è via Laghetti, dove allora c'era un canale, venivano
sollevati, posti su un carro e trasportati fino al cantiere del Duomo per
essere lavorato.
Le 135 guglie che si innalzano nel cielo con le numerose
statue esterne, sono qualcosa che incantano e non si dimentica. Tra queste
spiccano i bassorilievi di martiri e profeti (San Felicie, San
Vittore, San Canziano, etc), ma ci sono anche presenze laiche
come Dante Alighieri,
Arturo Toscanini, Vittorio Emanuele II e il pugile Primo
Carnera. Questa varietà di persone e oggetti (un elmo romano, palle da
rugby e attrezzi da montagna) estranei anche se possono sembrare estranei al
contesto religioso servono a enfatizzare il fatto che il Duomo rappresenta
tutto e tutti e quindi propone la varietà delle cose.
La facciata è troppo bassa
rispetto alla larghezza e nasconde l'elegantissima cupola. Per vedere questo
intrico di stalagmiti in preghiera che si ergono da terra, bisognerebbe
potersi librare a mezz'aria; continuare a vagare intorno al grande "dolmen",
in mezzo a una foresta di contrafforti, per sentire la grandezza strana di
questa massa bisognerebbe aggirarsi per le strette affollate vie della
città, e trovarsi all'improvviso nella vasta e aperta Piazza del Duomo per
afferrare in pieno lo splendore della facciata, delle guglie che riflettono
il sole del Nord Italia, o insinuarsi tra la folla attraverso i portali, in
un giorno di festa, per lasciare che tutta questa spaziosità, e i pilastri,
i capitelli, gli archi, le volte, le statue, gli altari, le vetrate colori
suggeriscano, col loro armonioso silenzio, il mistero della fede, della
speranza e della carità.
La costruzione del Duomo, come si è visto, ha avuto un iter lunghissimo che
non si è mai stato interrotto. Tanti milanesi nei secoli hanno contribuito
alla sua costruzione. Tanti anche i contributi di povera gente, decisamente
superiori a quelli delle famiglie importanti della città. Anche nei momenti
più difficili per la città, le famiglie più umili non facevano mai mancare
il loro contributo: operai, contadini, persino prostitute. La maggior parte
dei contributi per il Duomo arrivati nel corso del tempo furono versati dal
popolo.
Interno del Duomo
L'interno del Duomo
di Milano ha uno stile prevalentemente tardo-gotico con
l’aggiunta di elementi classicheggianti risalenti al periodo della
Controriforma, quando prendono forma il presbiterio, l’altare maggiore, i
pulpiti e alcuni altari laterali. La cattedrale è una chiesa a cinque navate
ognuna con un lungo corridoio separate da file di alti piloni. Lo spazio
centrale, più largo è chiamato Navata Maggiore. Le navate sono interrotte
dal transetto, che si sviluppa trasversalmente. L'abside, la parte
terminale dell'edificio, è semi ottagonale e rivolto a oriente, verso il
sorgere del sole. Il Duomo ha quindi la pianta a forma di croce.
All'interno
del Duomo, per sostenere l'edificio ci sono 52 piloni, come le settimane
dell'anno, alti 22 metri, che hanno un diametro di circa due metri e sono
collegati tra loro con archi acuti. Ogni
pilone si conclude con alto
capitello ottagonale e ciascun lato contiene, dentro una nicchia, una grande
scultura accompagnata da altre più piccole. Nell'insieme si una
l'impressione di una folla, di una processione di figure che conducono verso
l'altare. Sono personaggi del vecchio e del nuovo testamento, riconoscibili
per i simboli che portano. Le nicchie sono tutte diverse, come i pilastrini
e le decorazioni che le incorniciano.
Appena vicino al portone di ingresso del Duomo si trova la meridiana
realizzato nel 1786 dagli astronomi dell'Osservatorio Astronomico di Brera e
modificato nel 1827 in seguito al rifacimento del pavimento della
Cattedrale. La meridiana composta da una striscia d'ottone incassata nel
pavimento che attraversa la navata e che risale per tre metri sulla parete
di sinistra (a nord). Dall'altra parte, sulla parete rivolta a sud, ad una
altezza di quasi 24 metri dal pavimento, è praticato un foro attraverso il
quale, al mezzogiorno solare, un raggio di luce si proietta sulla striscia
del pavimento.
A destra dell'altare maggiore, posto nel cuore della chiesa, si trova la
Cattedra. Da quest'ultima il vescovo di Milano presiede le celebrazioni
e da essa deriva il nome di Cattedrale. La Statua di San Bartolomeo,
porta sulle spalle la pelle che gli tolta durante il martirio e così mostra
il proprio corpo con muscoli, vene, tendini e arterie. Lo sculture Marco
d'Agrate aveva evidentemente una profonda conoscenza dell'anatomia, lo
si capisce da come la mano sinistra afferra il libro e la mano destra tiene
la pelle; della testa si vede il cranio e del volto i muscoli che
determinano l'espressione.
Molto belli anche i tre altari progettati da Pellegrino Pellegrini,
con la Visita di San Pietro a Sant'Agata Imprigionata di Federico
Zuccari. Altri capolavori sono l'altare rinascimentale in marmo nel
transetto destro e il cosiddetto Candelabro Trivulzio, opera del XII
secolo del bronzista Nicola da Verdun, per la sua forma è chiamato
anche "albero" Trivulzio dal nome dell'arciprese Giovanni
Battista Trivulzio, membro dell'omonimo potente casato lombardo che lo
donò al Duomo nel 1562. Interessante dal punto di vista simbolico anche
osservare un punto sopra l'abside contrassegnato con una luce rossa, con una
teca sopra il coro, dove è conservato il Sacro chiodo che si ritiene
provenga della croce di Gesù che secondo la tradizione fu rinvenuto
da Sant'Elena e usato come morso del cavallo di Costantino I. Anche se
sospeso molto in alto, una luce rossa lo rende visibile da tutta la
cattedrale.
Il chiodo viene mostrato ai fedeli dall'arcivescovo ogni 3
maggio, festa dell'"Invezione della Santa Croce" (cioè del
ritrovamento della Croce), e portato in processione il 14 settembre, festa
dell'Esaltazione della Santa Croce. Un fatto curioso è che per
prelevare il chiodo a quella altezza viene utilizzato un curioso ascensore
seicentesco oggi meccanizzato detto Nivola. Dei quattro chiodi della
Vera Croce, altri due si trovano, secondo la tradizione, nella Corona
Ferrea a
Monza
e alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a
Roma. Il quarto chiodo che
avrebbe tenuto la scritta "INRI", dalla tradizione più dubbia, si troverebbe
nella Cattedrale di Colle Val d'Elsa in provincia di
Siena.
Un
altro capolavoro all'interno del Duomo è il monumento funebre di
Gian Giacomo Medici detto il Medeghino (ossia "piccolo Medici",
per la sua bassa statura, l'appellativo passò alla storia e fu utilizzato
anche da lui stesso in alcune firme)
fratello di papa Pio IV (che volle il monumento) e
zio di Carlo Borromeo, opera di Leone Leoni che lavorò su un
disegno di Michelangelo Buonarroti. Originariamente la famiglia dello
spietato condottiero milanese (che divenne Conte di Lecco, Marchese di
Marignano e di Musso e viceré di Boemia), era di modeste condizioni sociali
ed economiche e non aveva rapporti di parentela con i potenti e ricchissimi
Medici di Firenze.
Tuttavia, quando il Medeghino, diventerà famoso per le sue imprese e
ricompensato dall'imperatore
Carlo V per i suoi servigi, i de' Medici di
Firenze inizieranno a chiamarlo parente, per ovvi motivi di prestigio.
Altro capolavori del Duono includono il Battistero inserito nel
Cinquecento da Pellegrino Tibaldi in un tempietto classico dove la
fonte è una vasca romana in porfido (lo trovate nella navata sinistra); le
meravigliose vetrate, le più antiche delle quali risalgono al XV secolo. Da
non perdere inoltre, i resti sia dei battisteri paleocristiani di San
Giovanni alle Fonti e di Santo Stefano, sia della basilica di Santa Tecla
nei sotterranei dell'edificio.
Il finestrone centrale dell'abside, detto della "Raza" per il
grande rosone
con al centro il sole, conserva ancora vetri del 1400 e del 1500. Illuminata
dal sole, la vetrata mostra il suo disegno geometrico. Le zone non
trasparenti, sono gli elementi in marmo che sostengono la vetrata. Ogni
figura è stata prima disegnata e poi tagliata nel vetro e montata dal mastro
vetraio con i profili di piombo, come fosse un puzzle. La "Raza" è il centro
di una corona circolare in cui sono compresi quattro cerchi che formano una
croce. Dall'esterno è ben visibile sotto questo rosone la scena
dell'Annunciazione con l'angelo a destra e la Vergine a sinistra. Il sole,
simbolo di Cristo, riprende lo stemma di Gian Galeazzo Visconti.
La Cripta ospita la cappella di San Carlo Borromeo, progettata da
Francesco Maria Ricchino nel 1606, con l’urna di cristallo di rocca che
racchiude il corpo del santo in abito pontificale.
Dalle terrazze, alle quali si accede con ascensore o scale, si può ammirare
tutta la città di Milano.
Le
fasi della costruzione
La costruzione della cattedrale fu commissionata ufficialmente dal vescovo
Antonio da Saluzzo nel 1385. Ma il primo sostenitore della
costruzione del grande tempio, fu il duca di Milano, Gian Galeazzo
Visconti, che prevedeva la creazione della più grande chiesa del
mondo. Per questo motivo diede l'accesso alle sue cave di marmo e concesse
esenzioni fiscali, invitando architetti provenienti da tutta Europa. La
costruzione iniziata nel 1386, si sarebbe trascinarsi per secoli. Quando la
cattedrale fu consacrata nel 1418, la costruzione della navata era appena
iniziata e Gian Galeanno era ormai morto da 16 anni. La costruzione
continuerà fino al 1813 con Napoleone, anche se le finiture finali furono
apportate fino al 1965. Nel corso degli anni numerosi architetti e mastri
costruttori furono coinvolti e il progetto iniziale venne continuamente
modificato per diventare ancora più spettacolare. Il periodo di costruzione
così prolungato portò a un "minestrone" di stili anche se il risultato
finale è sorprendentemente omogeneo, con un disegno gotico prevalente e
decisamente "fiorito".
Il Quattrocento
Già
attorno al 1395, sotto la direzione di Filippino degli Organi e
su un progetto iniziale di Nicola de' Bonaventis, si era conclusa la
costruzione dell'abside con i suoi tre finestroni e nel 1404 venne ultimata
la prima guglia, detta "Carelli" dal nome del generoso benefattore
che ne permise la costruzione, con la posa della statua raffigurante il duca
Gian Galeazzo Visconti (nella foto).
Nel 1407 si affidarono le prime vetrate-campione a Michelino Molinari da
Besozzo, Paolino da Montorfano, Antonio da Cortona, Stefano da Pandino e
Franceschino Zavattari e altri. Attorno al 1415 furono ultimati e completate le volte a crociera
dell'abside, il presbiterio e il coro, i due bracci del
transetto, con esclusione delle absidiole terminali. Inoltre vennero impostate le prime
campate delle navate verso la facciata. In attesa della cupola fu posta una copertura provvisoria sopra
i quattro piloni centrali. in attesa della cupola. Il 16 ottobre 1418, quando papa Martino V riconsacrò l'altare
(era lo
stesso di Santa Maria Maggiore), questo dovette essere ricomposto nella
parte ultimata, al centro del coro.
I
lavori ripresero
dopo il rallentamento dei lavori dovuto alle lotte intestine tra i Visconti
e all'avvento della Repubblica Ambrosiana, con la conquista del ducato da
parte di Francesco Sforza (1450), e poi con l'avvicendarsi di Galeazzo Maria
Sforza e di Ludovico il Moro.
Vennero assunti architetti quali Antonio di Pietro Averlino detto il
Filarete, Giovanni e Guiniforte Solari, gli
scultori Giovanni Antonio Amadeo, Gian Giacomo Dolcebuono, i
Mantegazza,
Benedetto da Briosco e molti altri. Le navate proseguirono alacremente verso
la facciata, si posero le premesse statiche della cupola, mentre all'esterno
e sui piloni si collocarono centinaia di statue e di ornati scultorei di
raffinata modellazione. Anche l'arte vetraria segnò una ripresa vigorosa,
impegnando i maestri lombardi Cristoforo de' Mottis, Niccolò da Varallo,
Antonio da Pandino e i frati Gesuati .
Scartati i progetti di Leonardo da Vinci, Francesco di Giorgio Martini ,
Luca Fancelli,
Donato Bramante per la cupola,
questa venne affidata nel 1490 all'Amadeo e al Dolcebuono, che la portarono
a termine il 24 settembre del 1500.
Il Cinquecento
Sospesa
la costruzione della grande guglia, Giuvanni Antonio Amadeo innalzò il primo dei
quattro gugliotti, quello che prese il suo nome appunto. Grande impulso ricevettero
sia gli scultori come il Fusina, Cristoforo Solari il
Gobbo, il Bambaja, Cristoforo Lombardo, Marco d'Agrate, sia i mastri vetrai,
come i maestri transalpini Dirck Crabeth, Giorgio d'Anversa e
Corrado Mochis da Colonia, quasi sempre operanti su cartoni dei lombardi
Pellegrino Pellegrini, Biagio e Giuseppe Arcimboldi, Carlo Urbini e
Giovanni
da Monte.
Con l'arrivo a Milano (1565) del cardinale e santo Carlo Borromeo il Duomo
entrò nella fase di revisione liturgico-pastorale richiesta dalle norme del
Concilio di Trento, il concilio della Controriforma. A Pellegrino Pellegrini
che fu nominato architetto della
Fabbrica de Duomo nel luglio 1567, furono affidate la progettazione e l'esecuzione del
nuovo presbiterio, degli altari laterali e della cripta voluti e ispirati
dal Borromeo.
Il Seicento
L'azione di riforma iniziata da Carlo Borromeo fu portata a termine dal
cugino di questi Federico Borromeo; la facciata "alla romana"
disegnata dal Pellegrini e ripresa a fine Cinquecento da Francesco Maria Richini,
(autore tra le altre cose dell'edificio che oggi ospita la
Pinacoteca di Brera) venne
avviata agli inizi del secolo ma sospesa quando erano stati quasi del tutto
ultimati i cinque portali e le quattro finestre laterali. Carlo Buzzi
sostituì Richini nel 1638 e nel 1650, in un'epoca di
Barocco imperante,
riportò il Gotico nella facciata del Duomo, conservando quello che era già
stato realizzato. I lavori quindi vennero ancora sospesi dopo aver completato la zoccolatura con i due ordini
di altorilievi e i primi telamoni (in tutto furono 26), dalla parola
greca "telamos" colui che sostiene, sono quelle sculture maschili, a tutto
tondo o a altorilievo, impiegate come sostegno, strutturale o decorativo,
spesso in sostituzione di colonne o lesene (nella foto). Continuò invece la produzione scultorea
con accenti sempre più barocchi (del resto quella era l'epoca), per decorare l'esterno.
Il Settecento
Oltre alla ricca produzione di statuaria del tipico
Barocchetto milanese,
le direttive dei lavori di questo secolo, che andarono molto a rilento, furono
dominate dalla
facciata e dalla guglia maggiore. Quest'ultima ebbe maggior fortuna: dopo gli
studi di Antonio Quadrio e di Giuseppe Merlo, tra il 1765 e il 1769
Francesco Croce eresse la guglia maggiore innalzando l'altezza del
Duomo a 108,50 metri. In quest'ultima nel 1774 venne innalzata l'aurea
Madonnina, una statua alta 4,16 metri
realizzata dallo scultore Giuseppe Perego e dall'orafo
Giuseppe Bini in rame dorato, raffigurante la Madonna Assunta. Dal
quel momento, la Madonnina divenne il simbolo della città. Frasi come
"all'ombra della Madonnina" indicano per antonomasia la città di Milano.
L'interno della statua conserva uno scheletro metallico che, degradandosi
negli anni '60 del Novecento, è stato sostituito da un'ossatura in acciaio.
La tradizione voleva che nessun edificio di Milano potesse essere più alto
della Madonnina. Una legge che fu resa ufficiale negli anni trenta, impedì,
per esempio alla Torre Branca di Gio Ponti e alla Torre
Velasca di superare i fatidici 108,5 metri per rispetto della Madonnina.
In realtà, dietro i sentimenti religiosi si celavano principalmente problemi
strutturali: pochi metri sotto la superficie della città c'è una falda
freatica, la quale esercita una forte pressione sugli strati rocciosi del
sottosuolo. Una costruzione più alta e più pesante del Duomo, pertanto,
avrebbe potuto rivelarsi instabile. In seguito l'altezza di alcuni edifici
fu superata con un espediente. Sul Grattacielo Pirelli, sede del
Consiglio regionale della Lombardia, di 127 metri venne posta una copia
della Madonnina sulla sommità del grattacielo. Così è successo sulla sommità
del Palazzo Lombardia, sede della Regione Lombardia, a 161 metri
d'altezza e sulla sommità della Torre Isozaki.
Altra curiosità. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale la Madonnina venne
coperta di stracci, onde evitare che i riflessi di luce sulla sua superficie
dorata potessero essere usati come punto di riferimento per i bombardieri
alleati in volo sulla città, mentre le vetrate della cattedrale furono
preventivamente rimosse e sostituite da rotoli di tela.
L'Ottocento
Il 26 maggio del 1805 Napoleone venne incoronato nel Duomo di Milano incoronato re d'Italia.
Il condottiero francese ordinò di ultimare i lavori della facciata, cosa che
avvenne, a opera degli architetti Carlo Amati e
Giuseppe Zanoja nel 1814. Venne ultimata la "copertura" della cattedrale con
le sue terrazze e circa 1800 statue di Santi furono innalzate sulle nuove
guglie e sui fianchi. A metà del secolo, Ambrogio Nava salvò la guglia
maggiore con un intelligente restauro; riprese anche l'arte della vetrata ma
ridotta a pittura su vetro, a opera di Giovanni Battista Bertini e dei figli
Giuseppe e Pompeo.
Con
l'unità d'Italia cambiò il contesto ambientale della cattedrale: negli anni
1865-1874 venne aperta la grande Piazza del Duomo.
Maturava nel frattempo nell'opinione pubblica, come nella Fabbrica, il
proposito di dare al Duomo una facciata coerente con il Gotico
dell'edificio. Grazie al lascito di Aristide De Togni (un
facoltoso rappresentante di aziende straniere che producevano pizzi e
ricami), fu bandito un
concorso internazionale per una nuova facciata che, in secondo grado (1888)
premiò il progetto del giovane milanese Giuseppe Brentano; la morte
prematura a soli 27 anni
di quest'ultimo e l'ormai superato sentimento della cultura romantica,
indusse la Fabbrica del Duomo ad abbandonare l'iniziativa nel 1904. Metà
del lascito di De Togni fu devoluto all'Ospedale Maggiore di Milano.
Novecento
Il contributo specifico del XX sececolo al opera del Duomo di Milano è consistito nelle cinque porte di
bronzo, messe in opera tra il 1906 e il 1965. Le cinque porte sembrano molto
più antiche di quello che sono. Quella centrale, la prima, fu ideata nel XIX
secolo da Ludovico Pogliaghi. Le altre porte furono inserite nella
metà del XX secolo; la quinta porta è la più recente, inserita nel 1965. I
pannelli delle porte raffigurano episodi della vita della Vergine Maria,
Sant'Ambrogio (patrono di Milano) e di San Carlo Borromeo così come le scene
dalla storia di Milano e la costruzione e della cattedrale. Dal 1946 si operò
principalmente per riparare
i danni di guerra, soprattutto quelli subiti nelle tragiche incursioni aeree
dell'agosto 1943 (facciata, abside, guglie e archi rampanti).
Dall'inizio degli anni Sessanta, la Veneranda Fabbrica ha intrapreso il
metodico restauro statico e conservativo dell'intero Duomo: guglia maggiore,
gugliotti, volte, facciata 1 vetrate e dipinti, e poi guglie, archi
rampanti, falconature, strutture verticali dei fianchi e dell'abside con il
loro corredo di migliaia di statue, di ornati, di altorilievi. Un'opera,
questa della conservazione, che non vedrà mai la fine, destinata a
continuare nel tempo con grande impegno di uomini, di professionalità, di
tecniche sempre più aggiornate, di mezzi finanziari. Tra gli interventi di
particolare rilievo, perché inediti il restauro statico dei piloni del
tiburio e delle altre strutture più importanti del 1984 e l'adeguamento
liturgico del presbiterio del 1986.
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