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Trilussa
- Biografia e opere
Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, da tutti
conosciuto come Trilussa, è stato un giornalista, scrittore e poeta
italiano, per oltre mezzo secolo il principale cantore in versi della sua
amata Roma. Nasce a Roma il 26 ottobre 1871 da madre sarta di origine
bolognese, e papà originario di Albano Laziale, che di lavoro faceva il
cameriere. Una famiglia modesta ma tanto sfortunata: un anno dopo la nascita
di Carlo, muore la sua sorellina di tre anni a causa di una difterite, e poi
un paio di anni più tardi muore anche suo padre.
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Rimasto solo con la madre
in tenera età si ritrovarono a cambiare più volte abitazione pur sempre
stando a Roma ma con vivere alquanto disagiato, fino a quando non vengono
accolti nel suo palazzo dal padrino di Carlo e caro amico del padre; il
marchese Ermenegildo De’ Cinque Quintili.
Il giovane Carlo non è un buon scolaro, e ai libri
preferisce passeggiare in Piazza di Spagna. Ripete due anni e cambia un paio
di collegi e così si ritrova ad abbandonare gli studi all’età di 15 anni,
deciso a intraprendere la strada da autodidatta nonostante la contrarietà
dei suoi affetti più cari, che per lui, avrebbero voluto il diploma di
ragioneria per garantirgli un futuro più sicuro. Carlo però possiede un
innato talento per l’improvvisazione di versi in rima del dialetto romanesco
e ama la poesia, principalmente quella popolare. Grazie al suo talento,
riesce a farsi pubblicare il suo primo sonetto in dialetto romanesco dalla
redazione del foglio di folklore dialettale "Il Rugantino" di Giggi Zanazzo
nel 1887. Il suo "L’invenzione della stampa", un sonetto che scrisse
ispirandosi al poeta dialettale Gioachino Belli, venne molto apprezzato. Dal
suo primo pezzo in poi deciderà di assumere il nome di Trilussa, ricavato
dall’anagramma del suo cognome, e partirà da qui la sua leggendaria carriera
artistica. Da questa prima pubblicazione iniziò una assidua collaborazione
con il periodico romano, grazie anche al sostegno e all'incitamento di
Edoardo Perino, editore del Rugantino, che porterà il giovane Trilussa a
pubblicare, tra il 1887 e il 1889, cinquanta poesie e quarantuno prose.
Uscirà poi nel 1889 la sua prima opera: "Stelle de Roma", una raccolta di
poesie scritte nei due anni precedenti per Il Rugantino, che omaggiavano
alcune delle più belle fanciulle di Roma.
Dopo la pubblicazione della sua prima opera, le
collaborazioni con il Rugantino diminuirono di frequenza; tuttavia Trilussa
rimase fortemente legato all'editore Edoardo Perino, con il quale pubblicò
in seguito.
Alto (era alto quasi 2 metri), affascinante e
smaliziato, con il suo stile dissacratorio, a tratti impetuoso, Trilussa usa
la sua satira per fustigare l’ipocrisia moralista della piccola borghesia
romana ed italiana del tempo. Trilussa dava voce al sentimento e alle
impostazioni della piccola borghese perché tale era egli stesso; la sua
satira non risparmiava nessuno perché era lui per primo a non risparmiarsi.
Raggiunta ormai la popolarità, inizia a collaborare con
il Messaggero e il Don Chisciotte, con articoli sia di cronaca che parodie e
poesie umoristiche ma anche caratterizzate da un velo di malinconia,
continuamente incentrate sulla vita quotidiana e mondana romana.
La sua evoluzione artistica lo porta verso la parabola
e la favola metaforica con "Quaranta sonetti" (1895), "Favole romanesche"
(1900), "Caffè-concerto" (1901), "Er serrajo" (1903), "Ommini e bestie"
(1908).
Nel 1912, nella casa di Trastevere in cui si erano
trasferiti insieme, muore la madre, e dopo vari trasferimenti di abitazione,
si stabilisce in affitto nella casa-studio di via Maria Adelaide, vicino a
piazza del Popolo. Si trattava di un enorme sala di una villa ricolma di
oggetti di ogni genere: arredi bizzarri, esotici souvenir, animali
impagliati, tappeti, quadri, libri stipati sul pavimento, fotografie,
strumenti musicali, statuette e moltissime caricature, i ricordi di una vita
straordinaria stipati in quella che sarà la sua ultima dimora. In questa
sorta di "luogo delle meraviglie" Trilussa riceveva quotidianamente amici,
aspiranti poeti, ammiratrici e giornalisti, ma non dividerà mai con nessuno
la sua eccentrica abitazione ad eccezione del suo adorato gatto, Pomponio, e
della fedele, Rosa; la quale lo accudirà poi fino alla fine in maniera
ammirevole, facendogli da governante, segretaria e infermiera.
Nel 1913 uscì "Le storie", e nel 1917 uscì la brillante
rivisitazione della poesia di Luigi Sailer, la celebre "La vispa Teresa".
Afferma di aver stilato La vispa Teresa in un quarto d’ora ed essersi
ispirato ad una famosissima attrice dell’epoca: Dina Galli. Questa briosa
rivisitazione avrà un grande successo e sarà ristampata più volte. A queste
pubblicazioni in contemporanea furono accompagnate fiorentissime letture
pubbliche, consacrando sempre più la sua celebrità, che si diffonderà oltre
che a Roma anche in tutta Italia fino ad arrivare anche all’estero.
Nonostante il suo successo il Trilussa era sempre perseguitato dai problemi
economici. Snobbava i circoli letterari ai quali preferiva le osterie,
essendo un noto bevitore. "Bevo er vino e guardo er muro con un bon
presentimento; sarò sbronzo, ma me sento più tranquillo e più sicuro".
Intanto conosce e si innamora di Giselda Lombardi, una
giovane aspirante attrice di Trastevere. Trilussa, avendo ormai molte
conoscenze nell’ambiente teatrale romano, riesce ad inserirla nel cinema
muto, dandole il nome d’arte di "Leda Gys", usando lo stesso sistema
dell’anagramma del cognome, come già aveva fatto per lui. I due iniziarono
una relazione sentimentale, e nel frattempo la ragazza iniziò velocemente a
riscuotere notorietà. La relazione durò per qualche anno.
Trilussa era anche un coraggioso difensore della
dignità e libertà dei popoli come testimonia il suo capolavoro "La Ninna
nanna della guerra":
"Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza a vantaggio de la
razza
o a vantaggio d'una fede per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d'assassini che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse pe li ladri de le Borse"
Seguì poi sullo stesso filone "Lupi e agnelli",
coerentemente critico verso le conseguenze e i danni che la guerra provocava
alla popolazione, ma continuando comunque a fare satira sui suoi
entusiastici sostenitori. Sulla scia del successo, nonostante non fosse un
assiduo frequentatore dei circoli culturali, era presente in diversi
ambienti e cerimonie, dove si incontrava con una molteplicità di persone, da
D'Annunzio a Marconi, dal Re ai personaggi politici, sempre passando per i
vetturini e gli uomini del popolo, cui sembrava leggesse i suoi versi per
sondarne l'efficacia.
In quel periodo politico evitò di prendere la tessera
del Partito Fascista, e si definiva un non fascista piuttosto che un
antifascista. Politici, gerarchi fascisti, letterati e tutti gli altri
protagonisti della cronaca di quei tempi finirono nel mirino della sua
battente ironia, espressa sotto forma di favola moralistica tipica di Esopo,
anche se i suoi rapporti con il regime furono sempre sereni e improntati a
reciproco rispetto.
Nel 1922 la fama di Trilussa è tale che le sue opere
arrivano all’editore italiano più importante: Arnoldo Mondadori, il quale
iniziò la pubblicazione di tutte le raccolte. Sempre nel 1922 lo scrittore
entra nell’accademia letteraria dell’Arcadia con uno pseudonimo che prima di
lui fu usato da Giochino Belli: Tibrindo Plateo.
Nel 1924 si reca in tournée nel Sudamerica.
Tra il 1927 e il 1930 crea e gestisce, con Guglielmo
Guastaveglia (meglio conosciuto come "Guasta") e la moglie, un teatrino di
burattini che chiamano "Baracca delle favole", sempre nel 1927 esce "La
Gente", e ancora nello stesso anno pubblica un racconto in romanesco, "Er
segreto der Mago", scritto per la una famosa società di conserve alimentari,
il tutto illustrato dal famoso fumettista Livio Appolloni.
La sua creazione poetica è notevole ed è apprezzata
durante e dopo la guerra.
Nel 1945 esce "Acqua e Vino", l’ultima raccolta di
poesie, e poi sarà il silenzio. Le sue condizioni economiche diventano
sempre più precarie ed anche la salute si fa vacillante, soffre infatti di
asma. Ormai esce sempre meno per passeggiare in una Roma ormai diversa da
quella che tanto aveva raccontato nelle sue poesie. Anche in casa non riceve
quasi più nessuno, rinuncia persino all’amato bicchiere di vino di Frascati.
Il Presidente della repubblica Luigi Einaudi nominò
Trilussa senatore a vita per avere illustrato la Patria con altissimi meriti
nel campo letterario e artistico, il 1° dicembre 1950, venti giorni prima
che morisse. Il poeta, già da tempo malato e presago della fine imminente,
pare avesse commentato con la sua solita ironia: "M’hanno nominato senatore
a morte". Per l’occasione fu sommerso da telegrammi e lettere di
congratulazioni che gli giunsero da tutte le parti del mondo, e confidò agli
amici che erano con lui: "Hanno trovato la maniera di seppellirmi prima del
tempo", e per ringraziare delle felicitazioni ricevute, inviò a tutti un
curioso "si ringrazia" seguito dalla sua firma. Il biglietto venne
poi spiritosamente fatto spedire dopo la sua morte.
Il 21 dicembre del 1950, per coincidenza anche se in
anni diversi, come Gioachino Belli, altro poeta romanesco al quale si è
ispirato, e del poeta e scrittore Giovanni Boccaccio, a 79 anni Carlo
Alberto Salustri in arte Trilussa muore nella sua casa romana di via Maria
Adelaide, 17. Al suo fianco ad assisterlo fino alla morte, c’era la fedele
governante Rosa, alla quale pare siano state pronunciate le sue ultime
parole quasi farfugliando: "Mò me ne vado".
Sulla sua tomba in marmo nello storico Cimitero del
Verano in Roma, è scolpito un libro, sul quale è incisa la poesia
"Felicità":
"C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa".
Opere
- Stelle de Roma. Versi romaneschi, 1889.
-
Er Mago de Bborgo. Lunario pe’r 1890.
-
Er Mago de Bborgo. Lunario pe’r 1891.
-
Quaranta sonetti romaneschi, 1894.
-
Altri sonetti. Preceduti da una lettera di Isacco di David
Spizzichino, strozzino, 1898.
-
Favole romanesche, Roma, Enrico Voghera, 1901.
-
Caffè-concerto, Roma, Enrico Voghera, 1901.
-
Er serrajo, Roma, Enrico Voghera, 1903.
-
Sonetti romaneschi, Roma, Enrico Voghera, 1909.
-
Nove poesie, Roma, Enrico Voghera, 1910.
-
Roma nel 1911: l'Esposizione vista a volo di cornacchia:
sestine umoristiche, Roma, Tip. V. Ferri e C., 1911.
-
Le storie, Roma, Enrico Voghera, 1913.
-
Ommini e bestie, Roma, Enrico Voghera, 1914.
-
La vispa Teresa, Roma, Casa editrice M. Carra e C., di L.
Bellini,1917.
-
... A tozzi e bocconi: Poesie giovanili e disperse, Roma,
Carra, 1918.
-
Lupi e agnelli, Roma, Enrico Voghera, 1919.
-
Le cose, Roma-Milano, A. Mondadori, 1922.
-
I sonetti, Milano, A. Mondadori, 1922.
-
La Gente, Milano, A. Mondadori, 1927.
-
Picchiabbò, ossia La moje der ciambellano: spupazzata
dall'autore stesso, Roma, Edizioni d'arte Fauno, 1927.
-
Libro n. 9, Milano, A. Mondadori, 1930.
-
Evviva Trastevere: poesie, bozzetti, storia della festa de
nojantri, varietà, Trilussa ed altri, Roma, Casa edit. Autocultura, 1930.
-
La porchetta bianca, Milano, A. Mondadori, 1930.
-
Giove e le bestie, Milano, A. Mondadori, 1932.
-
Cento favole, Milano, A. Mondadori, 1934.
-
Libro muto, Milano, A. Mondadori, 1935.
-
Le favole, Milano: A. Mondadori, 1935.
-
Duecento sonetti, A. Milano, Mondadori, 1936.
-
Sei favole di Trilussa: commentate da Guglielmo Guasta Veglia
(Guasta), Bari, Tip. Laterza e Polo, 1937.
-
Mamma primavera: favole di Trilussa: con commento di Guglielmo
Guastaveglia: disegni di Giobbe, Bari, Tip. Laterza e Polo, 1937.
-
Lo specchio e altre poesie, Milano, A. Mondadori, 1938.
-
La sincerità e altre fiabe nove e antiche, Milano, A.
Mondadori, 1939.
-
Acqua e vino, Roma, A. Mondadori (Tip. Operaia Romana), 1945.
Postuma
-
Tutte le poesie, a cura di P. Pancrazi e L. Huetter (1951).
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