Campo di concentramento di Auschwitz

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Trasformato in museo e memoriale per non dimenticare, il campo di concentramento di Auschwitz è stato il più grande campo di sterminio della Germania nazista in Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale.

 

Un viaggio in Polonia non può prescindere da una visita importante sia dal punto di vista storico che umano alla cittadina di Oświecim. Sita nel voivodato della Piccola Polonia e non lontana dalla bellissima Cracovia, il borgo industrializzato è tristemente noto in tutto il mondo con il nome tedesco di Auschwitz; fu qui che nel 1940 i nazisti insediarono il più grande e terribile campo di concentramento e sterminio di tutti i tempi.

Campo di concentramento di AuschwitzCampo di concentramento, campo di lavoro e campo di sterminio, Auschwitz è stata l'ultima "dimora" terrena di molti ebrei, zingari, omosessuali, comunisti, soldati dell'esercito sovietico, combattenti della resistenza, intellettuali polacchi, prigionieri politici, sacerdoti, prostitute, criminali comuni. Si componeva di tre campi principali, Auschwitz I, Auschwitz II-Birkenau e Auschwitz III-Monowitz, e più di 40 campi secondari, situati nella regione circostante. I due campi principali formano oggi il Museo della Memoria, istituito dal governo polacco nel 1947.

Iscritto nel 1979 nella lista dei patrimoni dell’umanità UNESCO, Auschwitz vuole rappresentare oggi un monito per il mondo che assistette inerme e incredulo alla follia dell’uomo. Il complesso quindi si considera composto da 3 unità: quella più antica di Auschwitz; quella di Birkenau (nota anche come Auschwitz II) sita a 3 km dalla prima e in cui si contavano oltre 300 baracche; e quella di Monowitz (detta Auschwitz III) anche chiamata Buna e sorta a 6 km da quella più antica. Nei circa quaranta campi satellite i prigionieri venivano impiegati come manodopera a costo zero nelle miniere, nelle fonderie e in altri stabilimenti industriali ritenuti importanti e strategici per i nazisti.

Campo di concentramento di AuschwitzSeppur si trattasse di una struttura capillare e ben organizzata, der Stammlager, ossia il Campo madre, restava quello di Oświecim dove si conta che a morire furono oltre 1,5 milione di persone provenienti da più di 28 nazioni. Le cause dei decessi erano innumerevoli: malattie, epidemie scoppiate per le indecenti condizioni di vita a cui i prigionieri venivano sottoposti, esecuzioni singole e di massa; diversi i luoghi del terrore presenti nel campo, tra quelli all’aperto si può citare "il muro della morte", una sorta di gogna pubblica in cui oltre 20.000 prigionieri vennero uccisi con un colpo di pistola a bruciapelo, e contro il quale oggi sono deposte grandi corone commemorative.

Campo di concentramento di AuschwitzInizialmente questo micro cosmo nacque allo scopo di deportarvi prigionieri politici e intellettuali polacchi sgraditi al regime del III Reich, oltre naturalmente ad altre particolari categorie la cui esistenza era considerata particolarmente spiacevole per la dottrina nazista perché razze inferiori, tra queste vi erano gli omosessuali, gli zingari, gli handicappati e i testimoni di Geova. Ben presto però il progetto tedesco si pose un altro obiettivo, ossia quello di annientare definitivamente la razza ebraica; il primo passo per raggiungere l’ambizioso e terribile scopo fu quello di riconvertire i campi di lavoro in campi di sterminio, e questo fu ciò che in tempi brevissimi venne fatto.

Campo di concentramento di AuschwitzCon un progetto capillare e con un’organizzazione perfetta, iniziarono in tutta Europa rastrellamenti a tappeto, in poco tempo uomini, donne e bambini senza distinzione di età, razza e condizione sociale furono caricati su treni - che in realtà non erano che vagoni merce - e spediti verso morte certa alla volta di Auschwitz. Migliaia di treni carichi di esseri umani che non erano considerati altro che a carne da macello. La scelta dei nazisti di stabilire proprio in questi territori il campo della morte non fu affatto casuale, Oświecim, ormai annessa al Terzo Reich, disponeva di una buona rete di comunicazione, era un importante snodo ferroviario, i tedeschi vi si insediarono occupando le caserme abbandonate dall’esercito polacco e le ampliarono, realizzando una struttura fatta di mattoni e legno che raggiunse dimensioni enormi. Gli ebrei costituivano circa il 60% dei prigionieri presenti nel Konzentrationslager.

Campo di concentramento di AuschwitzAll’arrivo del carico dei prigionieri veniva svolta una selezione, chi era considerato abile per il lavoro aveva la speranza di sopravvivere un po’ di più di chi, considerato inabile, veniva immediatamente inviato nelle camere a gas. I prigionieri venivano poi registrati e marchiati con un numero di matricola, unico elemento distintivo all’interno del campo dove il nome personale lasciava spazio ad un’anonima sequenza di numeri. La decisione di tatuare i prigionieri sull’avanbraccio fu presa nel 1943 e aveva il fine di contribuire in maniera rapida e profonda all’annientamento dell’essere umano: considerato non più che un numero dai propri carcerieri, il prigioniero, disorientato e psicologicamente distrutto, cominciava a perdere la propria identità e a identificarsi con quel numero, quindi a non pensare più a se stesso come a un uomo.

Campo di concentramento di AuschwitzOltre al numero di matricola, ai detenuti veniva assegnato anche un simbolo diverso a seconda del motivo dell’arresto: una stella di David gialla per gli ebrei, un triangolo rosso per i prigionieri politici, uno nero per gli zingari, uno rosa per gli omosessuali, uno viola per i testimoni di Geova e uno verde per i criminali. Prima di inviarli nelle baracche, i prigionieri venivano privati di tutti i loro averi compresi denti d’oro, protesi e persino capelli; nel campo tutto era merce e poteva trasformarsi in denaro: l’oro veniva fuso, i capelli venduti alle fabbriche per farne del traliccio, e persino le ceneri non venivano seppellite ma impiegate come fertilizzanti. Giunto ad Auschwitz, il detenuto non aveva più pace né in vita e nemmeno da morto.

Oggi il campo ospita un museo in parte a cielo aperto; milioni sono i visitatori che ogni anno oltrepassano il cancello d’ingresso dove trionfa ancora la tristemente nota scritta "Arbeit macht frei" ideata dal crudele comandante Rudolf Höss; "il lavoro rende liberi", una sorta di ossimoro che alla luce di ciò che questo luogo rappresenta, non fa altro che sbeffeggiare e calpestare la dignità umana.

Passando al di là della recinzione in filo spinato, controllata da numerose torri di avvistamento, si viene catapultati in una realtà surreale. Palazzine in mattoni che un tempo ospitavano alloggi e uffici delle SS, oggi espongono quel che resta degli oggetti personali di quei prigionieri che pestati, mutilati e uccisi appena giunti nel campo, ne vennero brutalmente privati. È difficile spiegare la sensazione di terrore e frustrazione che la vista di queste enormi vetrine colme di oggetti suscita nel visitatore. Occhiali, valigie, spazzole e spazzolini, vestiti, apparecchi ortopedici e ortodontici, e tanto, tanto altro ancora; oggetti ammassati uno sull’altro, vite spezzate a qualsiasi età. Colpisce il cuore quel paio di scarpe un po’ in disparte che certamente qualcuno indossava e che probabilmente sperava potessero portarlo lontano, in un posto migliore, un posto di pace, ben diverso dall’inferno in cui senza alcuna colpa si trovava catapultato. Guardando queste vetrine, si avverte quasi un senso di impotenza dinanzi alla violenza e alla crudeltà dell’uomo nel lucido tentativo di privare i suoi simili non solo dei beni materiali e dell’esistenza, ma di annientare e cancellare per sempre la dignità di milioni di esseri umani. Lasciati alle spalle i casermoni, lo sguardo è catturato da un’altra immagine altrettanto forte, alla vista si aprono file di baracche costruite in legno o in legno e mattoni, per lo più prive di pavimentazione, alcune ospitano strutture in truciolato che ricordano vagamente spartani letti a castello. Ecco i cosiddetti blok.

Ma Auschwitz non simboleggia una violenza cieca, al contrario è l’emblema di una ferocia ben studiata e finemente organizzata, una violenza perpetrata in nome della scienza e con l’oscuro fine di creare un mondo dominato da una razza superiore, quella ariana; un fine da raggiungere a qualsiasi costo e per il quale nessun mezzo, neanche il più riprovevole, viene risparmiato. In nome del progresso scientifico si allestiscono nel campo dei veri e propri laboratori medici adibiti alla sperimentazione di feroci tecniche di sterilizzazione umana. Per realizzare lo sterminio di massa viene messa a punto una nuova pratica nel "blocco della morte", un blok adibito alla sperimentazione del gas Zyklon B.

Messa a punto la tecnica di annientamento di massa, si pose il problema dello smaltimento dei corpi e a tal scopo furono costruiti quattro forni crematori, in parte andati distrutti durante la ritirata tedesca e di cui perciò resta ben poco. Collocati nel campo di Birkenau, servivano a incenerire i cadaveri dei prigionieri ammassati nelle camere a gas; era infatti con l’inganno di fare una doccia che agli ignari prigionieri - appena scesi dal treno nello scalo ferroviario appositamente costruito ad Auschwitz II - veniva ordinato di denudarsi e di entrare in grandi stanzoni muniti di docce da cui però non fuoriusciva banalmente acqua, ma una sostanza letale, lo Zyklon B che in pochi minuti annientava migliaia di vite. Nel campo di Birkenau furono usati oltre 20.000 kg di questo gas mortale. A ricordo di questi tragici eventi e per commemorare i milioni di vittime nel 1967 è stato eretto un monumento realizzato da artisti polacchi e italiani.

Monowitz fu un campo diverso dai precedenti, sorto vicino a stabilimenti produttivi di benzina e gomma sintetica, veniva utilizzato dai nazisti come sede per esperimenti chimici, era più una sorta di campo di lavoro per le officine della IG Farbenindustrie e impiegava oltre 30.000 prigionieri per lo più polacchi, russi e francesi.

Bellissime le parole usate da Anna Frank per descrivere quell’universo concentrazionario che la imprigionava e che privava della vita milioni di esseri umani; parole che vogliono ridare speranza ad un mondo ormai in preda alla follia, alla ferocia e alla crudeltà dell’uomo contro l’uomo: "Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace, la serenità".

Vedere anche Casa di Anna Frank

Informazioni e orari

I campi sono aperti da giugno ad agosto dalle 7.30 alle 19.00, in aprile, maggio e settembre dalle 7.30 alle 18.00, in marzo e ottobre dalle 7.30 alle 17.00, in febbraio dalle 7.30 alle 16.00, in gennaio e novembre dalle 7.30 alle 15.00 e in dicembre dalle 7.30 alle 14.00. Ingresso gratuito a condizione che abbiate prenotato il vostro pass online. Attenzione, però, poiché Auschwitz I è riservata alle visite di gruppo con una guida. Pianificate dalle 2h30 alle 6h di visita in loco, a seconda che stiate visitando un campo o entrambi. Le visite guidate possono essere prenotate via e-mail, per telefono o alla reception del Museo di Auschwitz I. Tuttavia, dato l'elevato numero di visitatori, è preferibile prenotare in anticipo. Dal 15 aprile al 31 ottobre un bus navetta gratuito collega i due campi di Auschwitz I e Auschwitz II-Birkenau, distanti 3 chilometri l'uno dall'altro. L'Ufficio del turismo di Cracovia e le numerose agenzie o hotel della città organizzano visite guidate ai campi diurni.

Indirizzo

ul. Więźniów Oświęcimia 20
Oświęcim
Polonia

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