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Luigi Pirandello è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano del XX
secolo, nato nel 1867 a Agrigento e morto a Roma nel 1936. Autore di molte
opere di grande successo, Pirandello è considerato uno dei più grandi
innovatori della letteratura italiana del Novecento, soprattutto per la sua
capacità di indagare la complessità della psiche umana e la relatività
dell'identità. Tra le sue opere più famose si annoverano "Sei personaggi in
cerca d'autore", "L'umorismo", "Il fu Mattia Pascal" e "Enrico IV".
Pirandello ha inoltre vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1934.
Luigi Pirandello è considerato uno dei massimi
esponenti della letteratura italiana del Novecento. Nato nel 1867 ad
Agrigento in Sicilia, è stato
insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Drammaturgo,
romanziere, poeta e scrittore prolifero, si distinse in particolare per "Il
suo coraggio e l’ingegnosa ripresentazione dell’arte drammatica e teatrale",
come è scritto nella motivazione per la consegna dell'ambito premio. Le
sue opere rappresentano soprattutto la società borghese italiana, combinando
il pensiero relativistico con uno specifico tipo di umorismo "pirandelliano",
indagando il conflitto tra l'essenza e l'apparenza. |
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Con Henrik Ibsen e August Strindberg, Luigi Pirandello ha
rivoluzionato il dramma moderno in tutti i suoi aspetti, dalla messa in
scena alla forma dello spettacolo. Il suo contributo specifico al teatro
moderno è stato il fatto che Pirandello ha imposto alla forma d'arte del
teatro, i principi della "decomposizione analitica", quelli che il suo collega
Ibsen
cercava di applicare alla psicologia umana, constatando la presenza di "più
persone" in un'unica persona.
Le opere di Pirandello, che sono state criticate all'inizio per essere
troppo "cerebrali", sono state poi riconosciute per la loro sensibilità e
compassione di fondo. I temi principali delle opere sono la necessità e la
vanità dell'illusione, e le molteplici apparizioni, tutte irreali, di quella
che si presume essere la verità. L'essere umano non è ciò che crede di
essere, ma è "uno, nessuno e centomila". Le opere di Pirandello riflettono
il verismo di
Capuana e
Verga nel narrare di persone di
modeste condizioni, ma dalle cui vicissitudini vengono tratte conclusioni di
significato umano generale.
Pirandello nacque il 28 giugno 1867 a Girgenti (come era chiamata
allora Agrigento), figlio di un proprietario di una miniera di zolfo
originario di
Genova, che aveva preso parte alla spedizione garibaldina in
Sicilia. Luigi si mostrò sin dall'inizio eccellente negli studi
accademici, nonostante in famiglia ci si aspettasse che seguisse gli affari
di famiglia.
Il giovane Pirandello ricevette la prima educazione scolastica nella sua
città, e progressivamente maturò in carattere e pensiero
letterario. I genitori erano dei convinti "anti-borbonici", ambedue
provenienti da famiglie benestanti: il padre Stefano, era restato un
fervente garibaldino, la madre Caterina, era figlia di un
esponente della rivoluzione siciliana del 1848-49.
Come evidenziato da diversi intellettuali, e come per sua stessa
ammissione (messa per iscritto nel
1902 e nel 1930-32), Pirandello è “un figlio cambiato? (Camilleri,
in Biografia del figlio cambiato Rizzoli, 2003), spesso in conflitto
con il padre e apparteva a una terra in cui si sentiva estraneo. Lo stesso Pirandello disse "Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in
giusta realtà". Nel complesso, il forte senso di idealismo, della madre in particolare,
si trasformarono rapidamente in una amara
delusione in lui, per la nuova realtà creatasi a seguito dell'unificazione italiana.
Questo
indubbiamente inculcò nel giovane Luigi il senso di sproporzione tra ideali
e realtà.
All'età di dodici anni aveva già scritto la sua prima tragedia (Barbaro).
Effettivamente aveva una mente
dalla operosità precoce
e alquanto attiva, anche considerando che soffriva di insonnia e
abitualmente dormiva solo tre ore per notte. I suoi tentativi di superare la difficoltà di comunicazione con gli adulti, in particolare con il padre,
devono averlo spronato ad affinare le capacità espressive. Più avanti si
iscrisse, nel 1886 all'Università di Palermo, nel dipartimento di
Giurisprudenza e Lettere, all'epoca al centro di un movimento che sarebbe
poi evoluto nei Fasci Siciliani e ai cui esponenti Pirandello fu
legato da stretta amicizia.
Dopo
Palermo, Pirandello proseguì i suoi studi all'Università di
Roma, a partire dal 1887 dove seguì corsi di filologia romanza. Dopo un
violento litigio con un professore di latino, nel 1888 si recò
all'Università di
Bonn,
in Germania, dove nel 1891 conseguì il dottorato in filologia con una tesi
sul dialetto agrigentino. Rimase nella città tedesca diversi anni, frequentò una giovane
ragazza del posto, Jenny Schulz-Lander, di cui si innamorò e per la
quale scrisse i versi di Pasqua di Gea "lucifera fanciulla, tu che
il mio tutto sei e pur, forse, sei nulla". Rientrato a
Roma nel 1892,
ebbe modo di frequentare il mondo letterario dell'epoca, anche grazie
all'amico Luigi Capuana, critico letterario e scrittore, che lo
incoraggiò a dedicarsi alla scrittura narrativa. Tradusse anche le elegie
romane di
Goethe. Nel 1894
il padre organizzò il suo matrimonio con Maria Antonietta Portulano, una ragazza di origine agrigentina, figlia di un ricco socio in affari
del padre. Non l'aveva mai incontrata prima, ma da lei ebbe in seguito tre
figli (Stefano, Fausto e Rosalia "Lietta").
Grazie a questo matrimonio raggiunse l'indipendenza economica,
potendo
vivere a Roma e scegliendo di scrivere. Aveva già pubblicato un primo volume di versi,
Mal giocondo (1889), che rendeva omaggio alle mode poetiche di
Giosuè Carducci. Questi sono anche gli anni delle prime pubblicazioni e di una
continua crescente produttività letteraria. Nel 1893 scrisse la sua
prima opera importante, Marta Ajala, che fu pubblicata nel 1901 come
l'Esclusa. Seguì, nel 1894, una prima raccolta di racconti, Amori senza Amore. Dalle collaborazioni con alcuni giornali
ebbe la
possibilità di pubblicare una serie di racconti, tra cui Dialoghi tra Il
Gran Me e Il Piccolo Me, per poi più avanti, nel 1897, fondare un
settimanale (Ariel) in cui poté pubblicare tra l'altro alcuni
romanzi.
Nel 1903 una frana causata da un'inondazione fece chiudere la miniera di
zolfo in cui erano stati investiti i capitali della moglie e del padre.
Pirandello perse il patrimonio di famiglia e, improvvisamente povero,
fu costretto a guadagnarsi da vivere non solo scrivendo, ma anche
insegnando l'italiano in un collegio per insegnanti a Roma. Venuta a
conoscenza del disastro, la moglie subì un crollo emotivo e sviluppò una
condizione paranoica che si aggravò progressivamente.
Agli inizi del nuovo secolo, Pirandello pubblicò i primi scritti
celebri come Lumie di Sicilia, La Paura del Sonno, Il
Turno e una raccolta di poesie Zampogna. Il senso di tragedia
e disillusione che prevaleva nelle sue opere, era principalmente il risultato
delle sue difficoltà personali e della malattia mentale della moglie che
peggiorò sempre di più, manifestandosi anche con accuse
paranoiche e violente crisi di gelosia. Ricoverata in un ospedale psichiatrico, dove fu trasferita nel
1919, vi rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 1959. Non c'è dubbio che
il peculiare approccio di Pirandello ai problemi dell'essenza e
dell'apparenza fu condizionato da questa drammatica esperienza diretta: una
volta disse che una pazza gli aveva guidato la mano per 15 lunghi anni.
La malattia della moglie ebbe un notevole effetto sulla
scrittura letteraria di Pirandello, che iniziò ad approfondire le nuove
teorie sulla psicoanalisi di Sigmund Freud e ad analizzare il
comportamento sociale nei confronti della malattia mentale. Follia, illusione e isolamento diventarono il focus principale in molte delle
sue opere teatrali. I temi psicologici usati da Pirandello trovavano
espressione tra gli altri nei racconti La trappola (1915) e E
domani, lunedì. . . (1917).
Lo stile narrativo di Pirandello nascea dal verismo di due romanzieri
italiani di fine Ottocento, Luigi Capuana e soprattutto Giovanni
Verga. I titoli delle prime raccolte di racconti di Pirandello - Amori
senza amore (1894) e "Beffe della morte e della vita"
(1902-03), suggerivano l'ironia del suo realismo che si ritrovava anche nei
suoi primi romanzi: L'esclusa e Il turno (1902).
Nel 1904, durante le notti di veglia alla moglie Maria
Antonietta, paralizzata alle gambe, scrisse il suo primo grande successo
letterario, il più acclamato, Il fu Mattia Pascal, che fu tradotto
da subito in diverse lingue. Sebbene il tema non fosse tipicamente
"pirandelliano" (poiché gli ostacoli che il suo eroe doveva affrontare
derivavano da circostanze esterne piuttosto che interiori), nel romanzo si
vedeva già l'acuta osservazione
psicologica che sarebbe stata in seguito diretta verso l'esplorazione del subconscio
dei suoi personaggi.
La comprensione della psicologia in Pirandello fu affinata dalla lettura
di opere come Les altérations de la personnalité (1892), dello
psicologo sperimentale francese Alfred Binet; tracce della sua
influenza si possono osservare nel lungo saggio L'umorismo (1908), in
cui lo scrittore esaminava i principi della sua arte. Comune ad entrambi i
libri era la teoria della personalità inconscia, che postulaa che ciò che una
persona sa, o pensa di sapere, è la minima parte di ciò che è. Pirandello
aveva cominciato a focalizzare la sua scrittura sui temi della psicologia
ancor prima di conoscere l'opera di Sigmund Freud, il fondatore
della psicoanalisi. I temi psicologici in Pirandello trovarono la loro
espressione più completa nei volumi dei racconti La trappola (1915;)
e E domani, lunedì . . . . (1917), e in racconti individuali come
Una voce, Pena di vivere così e Con altri occhi.
Proseguì, fino all'inizio della prima guerra mondiale, la pubblicazione
di diverse opere e un paio di saggi, e contemporaneamente dal 1909 iniziò la
collaborazione con il Corriere della Sera, per il quale avrebbe
pubblicato
diverse novelle e il romanzo in prima parte I vecchi e i giovani.
Nel 1916 volse la sua attenzione - per poi dedicarcisi totalmente - al
teatro, scrivendo ben nove spettacoli in un anno: Pensaci Giacomino,
Liolà, Così è (se vi pare), Ma non è una cosa seria, Il
Piacere dell'onestà, Il gioco delle parti, Tutto per bene,
L'uomo la bestia la virtù per poi arrivare ai Sei personaggi in
cerca d'autore del 1921.
Del 1922 è Enrico IV. Nel 1925 gli
venne conferita la Legione d'Onore a Parigi e nello stesso anno fondò
la Compagnia del Teatro d'Arte di Roma con due interpreti, Marta
Abba e Ruggero Ruggeri, e cominciò a viaggiare, dato che le
sue opere venivano rappresentate in vari teatri del mondo, inclusi quelli di
Broadway. Viaggi che lo portarono ad incontrare celebri nomi dello
spettacolo e delle scienze, come quando nel 1935 incontrò
Albert Einstein.
La produzione di Sei personaggi in cerca d'autore a Parigi nel
1923 fece conoscere Pirandello e la sua opera divenne una delle influenze
principali del teatro francese. Il dramma francese, dal pessimismo
esistenzialista di Jean Anouilh e Jean-Paul Sartre fino al
teatro dell'assurdo di Eugène Ionesco e Samuel Beckett, si
sono "intinti" nel "pirandellianesimo". La sua influenza può essere rilevata anche
nella letteratura e nella drammaturgia di altri Paesi, anche nei drammi di
versi religiosi di T.S. Eliot. Per non parlare dell'influenza sugli
autori italiani, come l'altro premio Nobel italiano,
Grazia Deledda (di cui lo stesso Pirandello nutriva grande
stima).
Seguirono anni di tormentata polemica politica,
considerato che nel primo dopoguerra Pirandello aderì esplicitamente al fascismo,
che andava sempre più istituzionalizzandosi. Nel 1924, in un momento
critico per la polita italiana, dopo l'assassinio Matteotti, Pirandello entrò nel partito fascista e nel settembre dello stesso anno
fondò, con il sostegno dello Stato, il Teatro d'Arte di Roma, di cui diventò
direttore. Fu tra i firmatari del
Manifesto degli intellettuali fascisti, di Giovanni Gentile, e
benché la sua adesione al fascismo provocò non poche sorprese e polemiche,
ci fu chi tentò di giustificarne la ragione con il fatto che egli fosse motivato
da ideali patriottici e avesse in testa una sorta di "comunione" tra il relativismo
filosofico della morale fascista e la teoria pirandelliana
esistenziale. Probabilmente si trattava semplicemente di un calcolo
opportunistico, legato alla ricerca di finanziamenti per il Teatro d'Arte di
Roma e la sua
compagnia teatrale. Tra il 1925 e il 1926 scrisse l'ultimo, e forse il più
grande romanzo di Pirandello, Uno, nessuno e centomila.
In quegli anni nacque anche l'amicizia con Marta Abba, l'attrice
protagonista della sua compagnia teatrale e sua seconda musa. La compagnia,
che metteva in scena soprattutto opere di Pirandello, compì diverse tournée
all'estero, in Inghilterra, Francia e Germania (1925), a
Vienna,
Praga,
Budapest (1926) e in Sud America (1928). Questa impresa si
rivelò alla fine troppo costosa e il Teatro d'Arte fu sciolto nel 1928. A
partire da quest'anno Pirandello passò molto tempo all'estero, soprattutto a
Parigi e
Berlino.
Fu il successo universale che seguì Sei Personaggi in cerca di autore
(ma anche l'Enrico IV) che mandò Pirandello in tournée in tutto il
mondo con la sua compagnia. Il successo lo incoraggiò anche a modificare
alcune delle sue opere successive (ad esempio Ciascuno a suo modo
del 1924) richiamando l'attenzione su di sé, così come in alcuni dei racconti
successivi, furono accentuati gli elementi surrealistici e fantastici.
Nel 1929 Pirandello fu eletto membro della neonata Accademia d'Italia e
nel 1934 fu insignito del Premio Nobel per la letteratura. La figura
dello scrittore, già carismatica di suo, fu sottolineata alla premiazione del nobel,
dove si
presentò ancora slanciato, energico, con la barba a punta come era ormai
consuetudine e con il suo sguardo penetrante. Pirandello morì il 10 dicembre
1936, dopo essersi ammalato di polmonite, già cardiopatico, nel suo
appartamento romano. L'appartamento successivamente fu dichiarato monumento nazionale e
divenne sede
del Centro di Studi Pirandelliani. Aveva 69 anni. Lasciò incompiuta
l'opera teatrale I giganti della montagna.
Lasciò un foglietto spiegazzato con queste ultime volontà.
I. Sia lasciata passare in silenzio la mia
morte, agli amici, ai nemici preghiera nonché di parlarne sui giornali ma di
non farne pur cenno. Ne annunzi né partecipazioni
II. Morto, non mi si vesta. Mi si avvolga,
nudo, in un lenzuolo, E niente fiori sul letto e nessun cero acceso.
III. Carro d'Infima classe, quello dei
poveri. Nudo. E nessuno mi accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il
cavallo e il cocchiere e basta.
IV. Bruciatemi- E il mio corpo appena arso
sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere vorrei avanzasse
di me. Ma se questo non si può fare, sia l'urna cineraria, portata in
Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove
nacqui.
Tutto andò come aveva chiesto nelle sue ultime volontà, con grande disappunto del regime
fascista, che avrebbe voluto celebrare un funerale di stato. Solo il punto IV delle sue volontà non venne inizialmente
seguito, perché la pratica di
disperdere le ceneri all'epoca era inusitata. Le ceneri vennero sistemate
inizialmente nel cimitero del Verano, a Roma. Dopo la guerra, in sindaco di
Agrigento chiese che fossero portate nella città siciliana. Il Presidente
del Consiglio, De Gasperi accettò, ma la vicenda, come in un dramma dello
stesso Pirandello, assunse dei tratti tragicomici. In prima battuta, i
piloti dell'aereo che dovevano trasportare le ceneri si rifiutarono di
decollare, per motivi scaramantici. Quindi, in treno la cassa col vaso
scomparve, e fu ritrovata in un altro scompartimento, dove faceva da
tavolino a una partita a carte (!). Ma la cosa non finì lì. Il vescovo di
Agrigento rifiutò la sua benedizione, sino a che il vaso non fosse stato messo
in una bara regolamentare: ne venne trovata una bianca, per bambini. Quando
nel 1961, grazie all'iniziativa di alcuni studenti, tra cui Andrea
Camilleri, finalmente le ceneri furono traslate nel museo civico
di Agrigento venne approntato un cilindro metallico per conservarle. Ma risultò troppo piccolo, per cui uno scaltro impiegato comunale ne
versò una parte in un giornale. Prima che potesse disperderle una folata di
vento gliele rovesciò addosso. Nonostante tutto, anche l'ultima volontà di Pirandello
fu adempiuta...
Oggi le sue ceneri riposano in un enorme masso sotto un pino solitario,
scenario che aveva immaginato per la sua nascita nell'incompiuto
Informazioni sul mio involontario soggiorno sulla terra.
Carriera come
drammaturgo
Pirandello scrisse oltre 50 opere teatrali. Si era cimentato nel teatro per
la prima volta nel 1898 con L'epilogo, ma alcune vicissitudini ne
impedirono la produzione fino al 1910 (quando fu ri-titolato La morsa).
Le cose cambiarono solo con il successo di
Così è (se vi pare) nel 1917. Questo "ritardo" di quasi vent'anni
nell'arrivare al successo, può essere considerato
una fortuna per lo sviluppo delle doti drammaturgiche dello scrittore.
L'epilogo non si differenziava molto dagli altri drammi del suo periodo,
ma Così è (se vi pare) iniziò la serie di opere teatrali che lo
avrebbero reso famoso in tutto il mondo negli anni Venti.
Di natura analitica e per lo più prive di azione, le opere di Pirandello
sono disquisizioni dialettiche di concetti ricorrenti l'essenza e l'apparenza, l'illusione e realtà, il problema
dell'identità personale, l'impossibilità della verità oggettiva e della
comunicazione.
Così è (se vi pare), che anticipava altre due due grandi opere di Pirandello,
era la dimostrazione, in termini drammatici, della relatività
della verità, e del rifiuto dell'idea di una realtà oggettiva non in balia
della visione individuale. Sei personaggi alla ricerca di un autore
(1921) è la rappresentazione più accattivante del tipico contrasto
pirandelliano tra l'arte, che è immutabile, e la vita, che è un flusso
costante, un'indagine sui problemi estetici legati alla traduzione della
"realtà ideale" dei sei personaggi nella "realtà casuale" del palcoscenico,
rappresentata dagli attori e dalle transitorie contingenze del tempo. I
personaggi che sono stati rifiutati dal loro autore si materializzano sul
palcoscenico, palpitando con una vitalità più intensa rispetto ai veri
attori, che inevitabilmente distorcono il loro dramma nel tentativo di
presentarlo. La loro storia è solo accessoria all'aspetto più importante
della commedia, lo scontro e lo scambio tra i due mondi dell'arte e della
vita.
In Enrico IV il tema è la follia, che sta proprio sotto la pelle
della vita ordinaria ed è, forse, superiore ad essa nella sua costruzione di
una realtà soddisfacente. La commedia trova una forza drammatica nella
scelta del suo eroe di ritirarsi nella irrealtà piuttosto che nella vita nel
mondo incerto.
La produzione teatrale è quindi un'illustrazione dei principi
relativistici e pessimistici di Pirandello e delle sue convinzioni filosofiche. Concentrò
la sua indagine su questi aspetti principalmente, elaborando un processo di
smascheramento dei personaggi e pubblicò le sue opere teatrali raccolte sotto il titolo
Maschere nude.
In Ciascuno a suo modo (1924), questo tipo di analisi emerse
ancora più chiaramente, e l'azione e la conseguente riflessione su di essa,
erano già
definite nella forma dello spettacolo. In pratica dopo ognuno dei due atti
seguivano intermezzi corali, in cui si discuteva l'azione precedente.
Nell'ultima opera della trilogia, Questa sera si recita a soggetto
(1930), vediamo le conseguenze di questo approccio, che non ha più la
pretesa di prendere sul serio lo spettacolo all'interno dello spettacolo: il
regista, il dottor Hinkfuss, fa improvvisare i suoi attori su una
sceneggiatura, un racconto di Pirandello.
Molte delle opere di Pirandello sono in un atto unico, come Il
berretto a sonagli (1918), Liolà (1917), La giara
(racconto 1909; opera teatrale 1917), La patente (racconto 1911;
opera teatrale 1918), Lumie di Sicilia (racconto 1900; opera teatrale
1911) e attingono tematicamente all'ambiente siciliano, appartengono alla
produzione di Pirandello di tipo regionale-naturalistica; addirittura, alcune di esse, furono
originariamente scritte anche in dialetto siciliano.
La maggior parte della produzione successiva di Pirandello,
riguardava il concetto di maschera nei suoi diversi aspetti: per Pirandello la
finzione, la maschera da sola, autoimposta o, come nella maggior parte dei
casi, forzata dalla società, rendeva possibile la vita. Se questa maschera
viene strappata, volontariamente o con la forza, l'uomo non è più in grado
di vivere, di "funzionare" in una società basata sulla legge della finzione
comune: o torna a indossare la maschera, a "vivere" la vita dei morti,
oppure diventa "pazzo", "folle" per la società. Rifiutando
di indossare la maschera, i personaggi di Pirandello agli occhi di questo
mondo scelgono la morte. Così possono morire la morte simbolica della
pazzia, oppure possono scegliere di togliersi la vita sul serio e gettare
via con la propria vita la maschera e la forma imposta, come fa Ersilia
Drei di Vestire gli ignudi (1923). Possono anche, volentieri,
scegliere una maschera in segno di libertà, come fa il protagonista di
Enrico IV (1922), una delle opere più forti di Pirandello. Egli sceglie
di indossare la maschera della follia in piena coscienza, decisione che
suggella con un omicidio; e, ironia della sorte, la società - il mondo delle
maschere - non può ritenerlo responsabile perché si è rifugiato dietro una
maschera e ha battuto la società al suo stesso gioco.
Altri testi si concentrano più direttamente sulle convinzioni
relativistiche di Pirandello riguardo alla realtà e all'illusione. Così è
(se vi pare) (1918) esplora il duplice aspetto della verità. Le sue
opere teatrali successive, come Diana e la Tuda (1927), Trovarsi
(1932), Quando si è qualcuno (1933), sono esempi troppo rigidi della
formula "vita contro forma" che il critico italiano Adriano Tilgher
aveva coniato per la produzione di Pirandello dell'epoca. Della trilogia sui
"miti moderni" che Pirandello aveva previsto, completò solo le prime due
opere. La nuova colonia (1928) rappresenta le possibilità, piuttosto
pessimistiche, che egli dà alla società di assicurare una vita comune dignitosa, mentre
Lazzaro (1929), il suo "mito religioso", dà voce alle sue convinzioni
religiose panteistiche. L'ultima di queste opere, il "mito dell'arte", I
giganti della montagna (1938), come accennato, è rimasta incompiuta.
I romanzi
Mentre l'importanza di Pirandello come innovatore nel campo della
drammaturgia è indiscussa, in generale i suoi romanzi non si discostano
dalla forma convenzionale del genere. Così il suo primo romanzo,
L'esclusa (1901), e il romanzo breve Il turno (1902) sono scritti
nella tradizione realista.
Il fu Mattia Pascal (1904), è il romanzo che porta
l'impronta del caratteristico approccio successivo di Pirandello. Con
questo lo scrittore, per la prima volta, si affermò sulla scena internazionale. Il tema è
intrinsecamente legato al concetto di Pirandello della maschera e
dell'antinomia tra realtà e illusione. L'eroe, Mattia Pascal, fugge da
quelle che per lui sono situazioni insopportabili: "maschere" che è
costretto a indossare solo per rendersi conto che queste fughe sono state
vane, perché non ha il coraggio di affrontare le conseguenze che derivano
esse.
Giustino Roncella nato Boggiòlo, pubblicato per la prima volta con il
titolo Suo marito (1911), tratta un aspetto importante del concetto
di creazione artistica di Pirandello: l'antinomia tra vita e arte.
I vecchi e i giovani (1913) è un romanzo storico che ripercorre le
vicende italiane tra il 1892 e il 1894. Il romanzo successivo, Si gira
(1915), pubblicato in seguito con il titolo Quaderni di Serafino Gubbio
operatore (1932), è ancora una volta incentrato sul problematico
rapporto tra vita e arte, che qui viene visto attraverso il mondo dell'arte
cinematografica. L'ultimo romanzo di Pirandello, Uno, nessuno e centomila
(1925-1926), raccoglie una serie di osservazioni sul motivo della
pluralità della personalità.
Racconti e critiche
Poiché intendeva scrivere un racconto per ogni giorno dell'anno,
Pirandello pubblicò i suoi racconti con il titolo collettivo Novelle per
un anno. L'edizione definitiva, però, contiene solo circa 232 racconti
(1922-1937). Può darsi che i racconti di Pirandello resteranno la parte più
durevole del suo lavoro. Essi contengono una serie di motivi, e spesso
sviluppano temi e trame ripresi per intero nei romanzi o nelle opere
teatrali successive. Così la storia Quand'ero matto... (1902)
anticipa Uno, nessuno e centomila, e Colloqui coi personaggi I, II
(1915) e La tragedia di un personaggio (1911) contengono il nucleo di
Sei personaggi in cerca d'autore. Il problema
della maschera, e della fuga dell'uomo da essa, è il tema principale di storie
come Il treno ha fischiato (1914), La maschera dimenticata
(1918) e La carriola (1917).
Molti dei saggi di Pirandello esplorano i problemi della creazione artistica
come Illustratori, attori e traduttori (1908). Arte e scienza
(1908) tratta la teoria estetica e contiene anche un rifiuto categorico
dell'estetica di Benedetto Croce. Il saggio principale di Pirandello,
L'umorismo (1908), stabilisce il suo concetto di umorismo.
Nel 1920 Pirandello diceva della propria arte:
"Penso che la vita sia una buffonata molto triste; perché abbiamo in noi
stessi, senza poter sapere perché, perché o da dove derivi, il bisogno di
ingannarci costantemente creando una realtà (una per ciascuno e mai uguale
per tutti), che di volta in volta si scopre essere vana e illusoria. . . La
mia arte è piena di amara compassione per tutti coloro che si ingannano; ma
questa compassione non può non essere seguita dalla feroce derisione del
destino che condanna l'uomo all'inganno."
Di M. Serra per Informagiovani Italia
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