Il Museo Egizio di Torino è un capolavoro museale tutto italiano, dichiarato nel suo genere come il più antico del mondo e secondo in
importanza solo al museo del Cairo (per l'appunto in Egitto). Una delle attrazioni principali della città e primo custode al mondo del tempo che fu degli
antichi Egizi. Fondato nel 1824, si espande attraverso straordinari allestimenti archeologici che raccontano al mondo quella che fu la
vita nell'antico Egitto: 10.000 metri quadri per 3300 reperti esposti e ben 30.000 conservati al suo interno. Numeri da capogiro.
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Mummie, papiri e statue hanno trovato ristoro proprio in Piemonte, attraverso un legame che ha portato tanta storia e che ha fatto
arrivare a
Torino reperti preziosissimi, tra cui quelli
appartenenti a Ramesse II (del XIII secolo a.C.) e al gruppo di Tutankhamon e del dio tebano Amenra, e
poi ancora un Libro dei Morti e diversi altri tesori trovati nella Tomba di Kha e tanto altro di più. Quest'ultima, in
particolare, è da molti indicata come il ritrovamento più importante del museo, reperti straordinari (se ne contano 550), tra cui sarcofagi, corredo
funebre e anche un gioco di società (il senet, un antenato della dama).
La storia del Museo Egizio di Torino è singolare. Racconta di un epoca straordinaria, ma anche di uomini, viaggi, mode ed esploratori. Era
il 1824 e la nascita della sua collezione si deve in particolare a Bernardino Drovetti, già console ad Alessandria d'Egitto nel periodo napoleonico. Andava di moda, all'epoca, essere esploratori e collezionisti, e il desiderio di raccogliere
conoscenze e antichità si univa ad una semplice curiosità per mondi e culture diverse. Lo stesso Napoleone Bonaparte, nella sua spedizione in Egitto, volle circondarsi di numerosi studiosi, tra cui un matematico (Gaspard Monge), 17 ingegneri civili, 13 geografi, 13
botanici, 4 architetti, 8 disegnatori, 1 pianista, 1 pittore ed 1 poeta . Drovetti era anch'egli un uomo di cultura, impostato agli studi (si laureò in
legge a soli 18 anni), diventato poi un militare, quindi diplomatico e uomo d'affari, sicuramente un esperto dell'Egitto. Dall’ Università di Torino il passo
sembra
essere stato breve: il giovane Drovetti finisce per arruolarsi nell’esercito napoleonico e, scalandone le gerarchie, arriva ai piani alti della carriera
diplomatica. Nel clima geo-politico che distinse l'epoca napoleonica, il piemontese riuscì a farsi assegnare in Egitto, diventando Sottocommissario alle
Relazioni Commerciali e quindi console generale (si distinse anche per aver salvato la vita a
Gioacchino Murat durante la campagna militare
1798-99).
In Egitto, Bernadino strinse rapporti diplomatici e amichevoli con l'ufficiale ottomano Mohamed Alì, diventato poi Vicerè per aver cacciato gli inglesi e
sedato la guerra civile in atto in quelle terre. Effettivamente sembra un po' di vedere un qualche film alla Indiana Jones, tutto italiano però,
iniziato in uno studio notarile di un piccolo paese del Canavese e scritto dalla storia in tutt'altre fattezze. Fino alla caduta di Napoleone, il Drovetti
in Egitto altro non era che un piemontese al servizio dei Francesi e che temporaneamente rimosso dall’incarico, dovette "
inventarsi" un altro lavoro; senza
rimanere con le mani in mano e grazie ai permessi concessi dal Viceré in cambio di consulenze miliari, economiche e socio-sanitarie, si mise alla ricerca
di antichità egizie (soprattutto nella zona di Luxor). Come sappiamo non fu l'unico ad esplorare l'Egitto in quel periodo e in un tempo
ben più addietro (la Stele di Rosetta era già stata trovata qualche anno prima, nel 1799).
Tra gli italiani suoi contemporanei vi fu in particolare il padovano Giovanni Battista Belzoni
(vedere l'articolo
Giovanni
Belzoni: colui che ispirò Indiana Jones
), che tuttavia 'lavorava' per gli inglesi e
con il quale ebbe non poca rivalità. Al piemontese si deve sicuramente un buon senso per gli affari, d'altronde i suoi studi notarili servirono forse a
qualcosa. Egli riuscì a raccogliere enormi quantità di reperti, poi venduti in mezza Europa, tant'è che il suo divenne ben più di un business, si appropriò
di tutto quel che trovava e ne pubblicava poi il resoconto (le sue spedizioni divennero così interessanti che gli guadagnarono l'ammissione alla
prestigiosa Accademia delle Scienze di Torino). Di sicuro non fu un semplice collezionista, perché lo scopo principale delle sue ricerche
era quello di rivenderle al migliore offerente; a quei tempi c'era sempre la Francia, con cui però l'affare non andò mai in porto (troppo caro il prezzo
della sua collezione egiziana). Quest'ultima fu invece acquistata da Carlo Felice re di Sardegna nel 1824, perché mai fosse che qualcuno –
soprattutto francese - avesse da ridire che la capitale del suo regno (Torino) fosse "
. .. une ville fort jolie et régulière, mais il n’y a presque rien à voir". Il costo della collezione, 400.000 lire, costituiva una fortuna
all'epoca (equivalente pressapoco a 700 milioni di attuali euro).
La collezione egizia oggi presente in Europa ha origine per la maggiore dai ritrovamenti di Bernardino Drovetti. Fu sempre lui a dare inizio a
Parigi
a quella del
Museo del Louvre (quando nel 1827 Carlo
X di Francia acquistò alcuni pezzi per la modica 'modica' somma di 140 mila franchi), o a quella di
Berlino (nel 1837, tramite l'archeologo Karl Richard Lepsius, e oggi custodita nella sezione egiziana del
Neues Museum). Sicuramente il piemontese divenne
ricco, ma morì inspiegabilmente povero e pure poco sano di mente nel 1852.
Mummie, papiri e statue dalla bellezza disarmante arrivarono a Torino nel 1824 ed erano di una ricchezza storico-artistica così importante da lasciare
entusiasti i più grandi studiosi ed egittologi del mondo. Ottomila pezzi che al tempo diedero vita alla prima collezione della moderna egittologia, studiata e riverita come non mai: uno degli studiosi fu Jean-François Champollion (il primo ad aver
decifrato nel 1822 i geroglifici tramite la stele di Rosetta), che affermò "
La strada per Menfi e Tebe passa da Torino".
Il Museo aprì al pubblico nello stesso anno, l'8 novembre 1824. Tuttavia, è importante notare che in città l'idea di collezionare opere egizie risale a
molto tempo prima: si pensi per esempio alla 'Mensa Isiaca', una tavola d'altare di origine probabilmente romana e riccamente decorata con
imitazioni geroglifiche, acquistata dai Gonzaga intorno alla metà del Seicento. Si consideri inoltre che, tra il materiale oggi presente nella collezione
del Museo, troviamo anche ritrovamenti degli scavi condotti da Vitalino Donati, della metà XVIII secolo. Con quella acquistata dal
Drovetti, al museo arrivò comunque gran parte del tesoro storico-artistico oggi presente, è il caso per esempio della statua monolitica di Sethi II, alta oltre quattro metri. Alla collezione si aggiunsero poi successivamente i ritrovamenti di Ernesto Schiapparelli, agli inizi del XX secolo, e quelli di Giulio Farina, negli anni '30. Intorno al 1961 - 1965, altre
acquisizioni arrivarono grazie al programma di salvataggio dei templi nubiani minacciati dalla costruzione della diga di Assuan, e al
finanziamento da parte del comune di Torino della spedizione che contribuì anche al recupero del sacrario rupestre a Ellesja
(successivamente donato dall'Egitto all'Italia e ora custodito nel museo).
La straordinaria collezione è ospitata nel grande Palazzo dell'Accademia delle Scienze di Torino ed è dedicata esclusivamente all’arte e
alla cultura dell’Egitto antico. Adatto ai visitatori di tutte le età, propone numerosi percorsi guidati, oggi concentrati su un percorso di tipo
cronologico. Si prevedono anche laboratori per le scuole, con attività pratiche, privilegiando l'aspetto ludico dell'apprendimento. Le
attività sono disponibili anche in lingua straniera e possono essere fruibili anche da studenti diversamente abili. La recente ristrutturazione interna ha
portato il museo ad una rinascita stilistica ulteriormente apprezzabile e molto più spettacolare, il tutto condito da ampi spazi e scenografie
straordinarie e che, per organizzazione, lo pone alla pari dei più grandi musei d'arte del mondo. Con il suo nuovo allestimento, anche di supporto
multimediale, dal 2015 il Museo Egizio di Torino si espande su quattro piani così organizzati:
Piano Ipogeo: Storia del museo, bookshop, biglietteria/guardaroba
Piano terra: Galleria dei Re, il Tempio di Ellesjia e la Sala Nubiana.
Piano 1: Tomba di Kha, Galleria dei Sarcofagi, reperti del villaggio Deir El Medina, Papiroteca, Valle delle Regine, Epoca Tarda,
Epoca Tolemaica, Epoca Romana e Tardo Romanica
Piano 2: Epoca Predinastica-antico regno, Tomba degli Ignoti, Tomba di Iti e Neferu, Medio Regno / Nuovo Regno.
Il Museo Egizio di Torino, oltre alla grande ricchezza conservata (e protetta) al suo interno, si pone al mondo intero anche con obiettivi di continuo
studio e ricerca, per sottolineare il legame con i territori da cui provengono le collezioni. Non si tralasci a questo proposito la visita alla Biblioteca del Museo Egizio, fortemente specializzata in argomenti di egittologia con quasi dieci mila testi tra libri, periodici e
materiale vario e nel cui interno la consultazione in loco è aperta a tutti. Oggi, come due secoli fa, per non dimenticare la grandezza della Civiltà
Egizia il legame continua.
Direzioni e informazioni
Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino
Via Accademia delle Scienze, 6
10123 Torino
Tel. + 39 011.5617776
Orari di apertura museo:
Martedì – Domenica: 09.00 – 18.30
Lunedì: 09.00 – 14.00
Biblioteca
Martedì – Giovedì: 10.00 – 17.00
Lunedì, Mercoledì, Venerdì: 14.00 – 17.00
Copyright
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