LUCCA COMICS: COSPLAY
Cosplay. Molti di voi magari non avranno la più
pallida idea di che cosa esso sia, o a cosa questo termine
possa riferirsi, eppure sono sicura che vi siate personalmente
imbattuti in una sua "manifestazione": si tratta del
vestirsi e comportarsi come un personaggio scelto tra
i milioni che videogiochi, fumetti, amine ecc. possono
offrire. Cosplay infatti è un neologismo nato
dalla fusione delle parole anglofone costume
(= abito, costume) + play (= gioco e recita).
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Inqueste due parole sta il fenomeno di indossare un determinato
costume (che nello specifico riproduce il più fedelmente possibile
l'originale anche per quanto riguarda accessori e acconciature)
ma non limitarsi a questo, quanto piuttosto calarsi nei panni
del personaggio scelto assumendo per un giorno le sue movenze,
i suoi atteggiamenti e, perché no, anche il suo modo di parlare.
Ho scritto questo libro Il cosplay: tra immaginazione
e realtà , nato come mia tesi di laurea, quasi per
caso: volevo fare una ricerca sul rapporto tra l'essere
e l'apparire ed avevo inserito il cosplay come punto
da trattare al'interno del mio studio; ma la mia relatrice
Raffaella Santi, professoressa di sociologia dei processi
culturali, rimase talmente affascinata da questa realtÃ
di cui non aveva mai sentito parlare che suggerì di
farla diventare il centro del mio lavoro. Non posso
che esserle riconoscente visto che è solo grazie a lei
se mi sono messa a studiare, analizzare, cercare di
capire fino in fondo questo fenomeno di cui ero stata
spettatrice sin dalla sua prima comparsa sulla scena
di
Lucca Comics and Games a fine anni '90 e che
da sempre mi aveva affascinata.
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Il
cosplay è stato, ed è tutt'ora, una continua scoperta per me:
vista la scarsità di pubblicazioni ho dovuto lavorare a diretto
contatto con i cosplayer e l'ho fatto sfruttando tutte le possibilitÃ
che il web poteva mettermi a disposizione, dai blog degli stessi
cosplayer aiforum dedicati dove di volta in volta potevo
porre le domande per chiarire i miei dubbi e capire quello che
loro pensavano.
Un'importante pubblicazione a cui ho fatto riferimento è quella
di Luca Vanzella Cosplay
culture; fenomenologia dei costume players italiani (Dedalo,
2007) incentrata principalmente sul definire o meglio classificare
il cosplay come una sottocultura cosa che, ho presto scoperto,
non era affatto accettata dai diretti interessati. Questo
è un esempio di come la mia ricerca si sia autoalimenta:
partivo da quelli che per me erano punti ovvi, quasi indiscutibili,
per scoprire che in realtà è sempre bene non dare niente per
certo. La domanda sul reputare il cosplay una sottocultura
o meno è stata la prima, poi mi sono ingannata anche sulla questione
"carnevale", e tutt'oggi il cosplay riesce a spiazzarmi con
le sue risposte: quello che credevo un dato scontato
mi crolla davanti lasciando una scia di dubbi e perplessitÃ
da chiarire. Questa volta è toccato alla questione "costume"
che fino a pochi giorni fa reputavo dovesse essere fatto esclusivamente
dagli stessi cosplayer, al più con l'aiuto di amici o parenti,
quando invece vengo a conoscenza di una nuova realtà : la vendita
di cosplay già pronti.
A dir la verità ero a conoscenza di questo aspetto del cosplay,
ma lo ritenevo limitato all'area giapponese ed anzi era
uno di quei punti che andava ad avvalere la mia tesi riguardo
alla classificazione o meno del cosplay come sottocultura; quindi,
soprattutto visto attraverso l'ottica dei miei studi, come avrei
dovuto interpretare questo aspetto? Naturalmente per trovare
una soluzione ho aperto nuove discussioni cercando la diretta
opinione dei cosplayer e le risposte che ho ottenuto
potrebbero aprire le porte di nuove analisi. Cercando di riassumere,
le repliche sulla questione "acquisto costumi preconfezionati"
variavano da chi demonizzava questo modo di fare a chi invece
ne sottolineava la praticità , soprattutto visto e considerato
il tempo e le capacità che la creazione di un costume possa
richiedere, cose che spesso non sono a disposizione di molti;
ma la questione veniva affrontata anche da soggetti meno estremisti
che vedevano in questi costumi pronti delle basi da poter modificare
e perfezionare perfette per coloro che appunto non hanno basi
sartoriali o tempo da impegnare.
Ma
leggendo i loro commenti mi sono resa conto che dietro questa
questione ce ne era una ancora più ampia che a mio avviso
è da considerarsi la causa scatenante di questo problema: la
"democratizzazione" (se mi viene concessa l'espressione)
del cosplay. Infatti, nato come fenomeno limitato a pochi appassionati,
il cosplay negli anni si è espanso passando da semplice evento
di contorno di alcune fiere, ad attrazione principale di qualsiasi
evento legato alla cultura di manga, anime o videogiochi,
tanto che sono stati creati degli spazi appositi come le
gare cosplay, nelle quali i partecipanti possono ricevere
vari premi tutti basati sulla fedeltà del personaggio con l'originale
(a livello di costume, accessori, movenze, ecc). Per avere un'idea
della crescita del cosplay basta prendere come riferimento la
partecipazione a queste gare e non ci vorrà molto per notare
l'aumento nel numero di presenze che hanno potuto contare nel
succedersi degli anni.
Questa espansione del fenomeno cosplay a mio avviso è dovuta
a una serie di concause tra cui la sdogmatizzazione di quei
pregiudizi riguardo a ciò che si potesse definire "made in
japan", o ancora l'utilizzo di internet che, per
il suo essere vetrina e per la sua capacità di annullare le
distanze, è stato lo sposo perfetto di questo fenomeno rendendo
possibile per tutti i cosplayer la creazione di pagine
personali nelle quali mettere in mostra il proprio lavoro, la
propria passione e potersi confrontare con gli altri. Ma come
sempre accade, un fenomeno crescendo può perdere alcuni dei
suoi precetti base, o quantomeno quelli che si reputavano tali;
ma è veramente possibile sapere se questo sia un bene o un male?
D'altronde poi si torna alla domanda di partenza che ci chiede
che cosa realmente sia il cosplay, se si possa realmente definire
una realtà sub-culturale e quindi mettere sotto inquisizione
o comunque analisi le nuove "regole", oppure se reputarlo un
"qualcosa d'altro", un semplice fenomeno, una pratica diffusa,
come potrebbe essere quella della pesca ed in tal caso accettare
le varie sfaccettature che ci vengono proposte come d'altronde
ciascun pescatore avrà il proprio modo di vivere la sua passione.
A voi il piacere di scoprirlo, magari anche attraverso il mio
libro.
Rebecca Adami autrice di Il cosplay: tra immaginazione
e realtÃ
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