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Leon
Battista Alberti (1404-1472) è stato un umanista, artista e architetto del
Rinascimento, ampiamente considerato uno dei personaggi più influenti del
periodo. Il suo lavoro come scrittore e pensatore ha avuto un profondo impatto
sullo sviluppo dell'umanesimo, e i suoi progetti architettonici hanno
contribuito a plasmare il volto delle città rinascimentali italiane. Le opere
più famose di Alberti includono il design della facciata della Chiesa di Santa
Maria Novella a Firenze e il suo trattato sull'arte e l'architettura, "De Re
Aedificatoria". Attraverso i suoi molteplici successi, Alberti ha incarnato
l'ideale dell'"uomo rinascimentale" e rimane una figura duratura del
Rinascimento.
Leon Battista Alberti è
stato uno scrittore, umanista e architetto. Fu il più importante
teorico dell'arte del primo Rinascimento. La sua importanza
nelle arti della pittura, della scultura e dell'architettura è
dovuta principalmente ai suoi tre influenti trattati sull'arte
del
Rinascimento:
De Statua e Della Pittura (1435) e De Re Aedificatoria
(1452). Queste opere teoriche hanno fornito al Rinascimento
fiorentino il suo primo fondamento scientifico dell'arte e della
storia dell'arte. Tuttavia, la sua importanza in ciascuno dei
suoi vari ruoli di umanista, poeta, teorico dell'arte e
architetto è altrettanto grande e non può essere sopravvalutata.
Questo studioso universale del Quattrocento conosceva
intimamente i più importanti maestri antichi, umanisti, papi e reggenti del
suo tempo. Fu influenzato in particolare dal suo contemporaneo più anziano
Filippo Brunelleschi (1377-1446). La varietà delle sue capacità è
dimostrata dalla commissione che il cardinale Prospero Colonna gli
affidò nel 1443 per il recupero di una nave affondata nel lago di Nemi.
Anche se il tentativo alla fine fallì, nel processo Alberti sviluppò un
nuovo metodo per misurare la profondità dell'acqua. Era un uomo dalle
infinite passioni, dalla letteratura alla matematica, dall'architettura,
alla pedagogia e teoria dell'arte, uomo di studi ma anche atleta, sintetizzò
nella sua opera i caratteri tipici dell'Umanesimo. La sua versatilità non
può che essere paragonata a quella di
Leonardo da Vinci
(1452-1519) e della
Michelangelo (1475-1564); questi due
grandi personaggi, tuttavia, vissero
in un'epoca successiva e furono in grado di basarsi sulle idee di base
dell'Alberti.
Attraverso i suoi scritti teorici sulla pittura, la
scultura e l'architettura, li elevò dal livello delle arti meccaniche a
quello delle arti liberali.
Leon Battista Alberti, come studioso e filosofo che si muoveva negli
ambienti umanistici di
Firenze e della corte papale a
Roma, si occupò di
tutti i concetti centrali del Rinascimento. Si preoccupò di riformare la sua
società e le arti a immagine della cultura romana antica. Nella maggior
parte dei suoi scritti il problema del rapporto dell'uomo con la società è
fondamentale.
Giovinezza
Leon Battista Alberti nacque a Genova il 14 febbraio 1404. Era il figlio
illegittimo di Lorenzo Alberti, che apparteneva a una delle più antiche e
importanti famiglie fiorentine, ma che nel 1401 era stato bandito dalla sua
città natale. Da ragazzo, Leon Battista frequentò a
Padova la famosa scuola
dell'umanista Gasparino Barzizza, probabilmente all'epoca Lorenzo Alberti
era a Venezia (1414). Nel 1421 Leon Battista era già all'Università di
Bologna, dove scrisse una commedia in latino, Filodoxeus (1424). Si
laureò in diritto canonico prima del 1428, ed è probabile che dopo aver
conseguito la laurea a
Bologna si sia recato a Roma. Prima del 1431 Alberti
fu nominato priore di San Martino a Gangalandi, che si trova in Toscana
(oggi nel comune di Lastra a Signa in provincia di Firenze), di cui fu
benefattore fino alla morte. Nel 1431 e all'inizio del 1432 accompagnò il
cardinale Albergati in un viaggio nel nord Europa. Al suo ritorno a Roma,
Alberti divenne segretario del patriarca di Grado e nell'ottobre 1432
abbreviatore alla corte pontificia.
Poco dopo scrisse la Descriptio urbis Romae come indice per una
mappa archeologica di Roma e in tre mesi compose i primi tre libri di Della
famiglia, che si occupa della vita domestica e dell'educazione dei bambini.
Il quarto libro del trattato sulla famiglia, che tratta dell'amicizia, fu
scritto a Firenze nel 1437, e l'intera opera fu rivista nel 1443.
L'approccio sociologico di questo trattato rimase centrale nei suoi scritti
successivi.
I Trattati
Nel giugno del 1434 Leon Battista Alberti accompagnò la
corte di papa Eugenio IV a Firenze quando fuggì dai disordini di
Roma. Firenze, sotto la guida di artisti come
Donatello,
Masaccio
e Filippo Brunelleschi, era la capitale dell'arte in Europa. Qui
Alberti compose i suoi trattati teorici sulle arti visive. Il suo trattato
in latino sulla pittura, De pictura, fu completato nel 1435; l'anno
successivo preparò in volgare italiano una versione più breve e popolare,
Della pittura. L'edizione in latino, dedicata a Gianfrancesco Gonzaga
di Mantova,
fu scritta per convincere i committenti che l'arte della pittura non era
solo un mestiere meccanico. Il trattato spiegava per la prima volta per
iscritto i fondamenti matematici della prospettiva lineare a un punto, come
fu sviluppato da Brunelleschi, al quale venne dedicata la versione in
volgare, ma anche i temi antichi e la loro adeguata espressione. Un trattato
latino sulla scultura, De sculptura, può avere avuto origine in
questo momento, anche se c'è molta incertezza sulla sua data.
Come membro della corte pontificia, Alberti accompagnò il Papa a Bologna
nell'aprile del 1436, e nel gennaio del 1438 fu a
Ferrara per la
convocazione del concilio delle chiese latina e greca. In questo periodo
Alberti scrisse un'opera sul diritto, De iure (1437), e un'altra sul
sacerdote, Pontifex (1437). Nel 1442 Leonello d'Este, il
sovrano di Ferrara, richiamò l'Alberti per consigliarlo su una statua
equestre commemorativa per suo padre, Niccolò d'Este. A questa commissione è
legato il trattato sul cavallo dell'Alberti, De equo animante. Il suo
dialogo filosofico sulla tranquillità dell'animo, Della tranquillità
dell'animo, risale probabilmente allo stesso periodo.
Alberti seguì la corte papale a Roma nel settembre del 1443 e, probabilmente
su impulso di Leonello d'Este, iniziò a scrivere i primi cinque libri del
suo importante trattato di architettura latina, De re aedificatoria.
Dopo l'elezione a papa di Niccolò V nel 1447, l'Alberti terminò i rimanenti
cinque libri, e l'opera completa fu presentata al Papa nel 1452 (stampata
per la prima volta nel 1485). Il trattato non solo mette in relazione
l'architettura con i principi classici enunciati dall'antico scrittore
romano Vitruvio, ma, ispirandosi alla precedente preoccupazione
dell'Alberti per la famiglia e la società, studia l'architettura come
fenomeno sociologico. Per il resto della sua vita, tuttavia, Alberti si
occupò più della progettazione e dell'esecuzione dell'architettura che dei
trattati teorici.
L'architettura
Palazzo Rucellai a Firenze fu iniziato
dall'Alberti intorno al 1447 e completato nel 1451. La facciata ha tre file
sovrapposte di pilastri classici. Il suo primo progetto per la facciata era
probabilmente quadrato e aveva un unico portale d'ingresso, ma Bernardo
Rossellino, che realizzò l'edificio, allungò il palazzo e costruì due
portali, in contraddizione con i principi architettonici dell'Alberti.
Nel 1450 Sigismondo Malatesta commissionò all'Alberti la
ristrutturazione della gotica Chiesa di San Francesco a
Rimini,
poi chiamata Tempio Malatestiano. L'Alberti racchiuse l'esterno in un
classico involucro di portici ai lati e un motivo ad arco trionfale sulla
facciata. Il grande santuario a cupola, raffigurato nella medaglia di
fondazione del 1450 e collegato, secondo l'Alberti in una lettera del 1454,
al
Pantheon di Roma, non fu mai eseguito, poiché l'edificio
rimase incompleto alla morte di Sigismondo nel 1466.
Nel 1450, sotto l'egida di Papa Niccolò V, fu formulato un grande programma
edilizio per la città di Roma, che prevedeva aggiunte al Palazzo Vaticano e
la ricostruzione di San Pietro e della porzione di città vicino al Vaticano
chiamata il Borgo Leonino. Ad eccezione di alcuni lavori preliminari
a San Pietro, questo progetto non fu realizzato, ma diversi elementi del
piano urbanistico e delle aggiunte al palazzo suggeriscono almeno il
consiglio dell'Alberti.
Giovanni Rucellai, di cui l'Alberti aveva progettato il palazzo, gli
commissionò nel 1458 il completamento della facciata della
Basilica di Santa Maria Novella
a Firenze. Limitato dall'opera medievale della parte inferiore della
facciata, l'Alberti creò un ingegnoso progetto di compromesso nel modo
classico che si armonizzava con la parte precedente. Rinnovò anche la
cappella di famiglia a San Pancrazio per Rucellai e realizzò il Santuario
del Santo Sepolcro per la cappella nel 1467.
Nel maggio 1459 l'Alberti seguì Papa Pio II a Mantova. Probabilmente in
questo periodo Lodovico Gonzaga di Mantova commissionò all'Alberti la
costruzione della Chiesa di San Sebastiano, poiché il suo modello fu
preparato entro il febbraio 1460 e la fondazione iniziò il mese successivo.
L'Alberti progettò una pianta centralizzata della chiesa con una monumentale
scalinata d'ingresso che conduceva alla facciata frontale di un tempio;
modificò il disegno della facciata nel 1470, ma non fu mai completata.
Alla fine del 1464 papa Paolo II licenziò gli abbreviatori papali, tra cui
l'Alberti, ma concedeva all'Alberti più tempo per le sue commissioni
architettoniche. Per la Chiesa di Sant'Andrea a Mantova, progettò nel
1470 una grande pianta a croce latina con transetto e crociera a cupola; la
definì un "tempio etrusco". La costruzione iniziò nel 1472, anno della sua
morte, e fu proseguita fino al 1493 da Luca Fancelli, che seguì le
commissioni mantovane dell'Alberti. Solo la navata centrale fiancheggiata da
cappelle fu eseguita nel XV secolo; Sant'Andrea fu infine completato nel
XVIII secolo.
Lodovico Gonzaga fu il patrono della Chiesa di Sant'Annunziata a Firenze
e nel 1470 commissionò all'Alberti la revisione del precedente progetto di
Michelozzo per la rotonda della chiesa. Contemporaneamente l'Alberti
scrisse un trattato sulla morale, il De iciarchia, lamentando la
corruzione dei tempi. Nel settembre del 1471, egli fece da guida alle
antichità di Roma, quando Lorenzo de' Medici e i rappresentanti
fiorentini vennero a rendere omaggio al neoeletto papa Sisto IV. Nel
1472, probabilmente all'inizio di aprile, Alberti morì a Roma.
Eredità e influenza
I trattati di Alberti sulla pittura e l'architettura
hanno esercitato una grande influenza sul pensiero artistico del XVI e XVII
secolo. Gli insegnamenti delle accademie francesi di pittura e architettura
del XVII secolo rappresentano una codificazione dei principi artistici
formulati per la prima volta in modo meno rigido da Alberti.
Della sua architettura, il progetto di Sant'Andrea, attraverso il suo
impatto sul progetto di Giacomo da Vignola per la chiesa dei Gesuiti a Roma,
è stato importante per due secoli di architettura ecclesiastica. Allo stesso
modo, la facciata di Santa Maria Novella, con i suoi grandi cartigli,
divenne il modello per la classizzazione delle facciate delle chiese, come
si vede anche nel Gesù. Sia nell'architettura che nella teoria
architettonica l'Alberti aprì la strada all'architettura dell'Alto
Rinascimento romano, esemplificata nell'opera di Donato Bramante dei
primi anni del XVI secolo.
Nei suoi progetti architettonici e nella spiegazione
letteraria dei suoi obiettivi e delle sue idee, Alberti ha fornito una base
sicura per il successivo sviluppo dello stile classico nell'architettura
europea. Se a questo risultato si aggiungono le sue altre opere letterarie,
in particolare i suoi trattati di scultura e pittura, il suo contributo al
Rinascimento è stato immenso.
Momus
Il "Momo" o "Momus" e una
creazione letteraria di matrice mitologica scritta da Leon Battista Alberti
tra il 1443 e il 1450. Questo racconto si può definire come una favola
satirica, poiché l'autore sceglie una forma ironica di narrazione creando
una vera e propria arte allusiva. Proprio per questo motivo, il protagonista
Momo, è una figura anticonformista, emblema del diverso, che viene
paragonato alla figura del camaleonte, per le sue capacita di adattamento e
soprattutto di mutamento. Queste doti di camuffamento sono le stesse che si
ritrovano nella figura del dio emarginato dal Cielo, il quale cerca di
riconquistare la sua posizione attraverso l'arte, o come lo definisce
Alberti il gioco, del simulare e dissimulare. La complessità di questi due
aggettivi sta nella loro duplice concezione, vediamo infatti come Momo sia
in "Terra" che in "Cielo", finga di essere ciò che non è, simulando bontà
d'animo ed una notevole temperanza e dissimulando tra gli uomini la figura
di un filosofo e tra gli dei viceversa la sua ira, la sua falsità ed il
desiderio di vendetta, mascherati dall'autoironia.
Tutto ciò è possibile solo grazie alle maschere, altro tema noto in
che permettono sia agli uomini che agli dei di fingere, proprio cane se la
vita fosse un teatro. Questa questione e molto attuale, infatti se pensiamo
a Pirandello dedica quasi tutta la sua vita all'arte delle maschere e della
finzione teatrale. Per quanto riguarda Momo, interessante il ruolo di queste
maschere presenti sul volto di ciascun uomo. Nel testo infatti viene
enfatizzata l'importanza di guardare attentamente e con argutezza nei fori
degli occhi di esse, per verificarne la presenza e diffidare dalla natura
umana.
La vita terrena, infatti, e solo un susseguirsi di
inganni e falsità, solo attraverso il passaggio nell'aldilà l'uomo subisce
una sorta di liberazione da questa condizione liberandosi sia della
maschera, sia del corpo, considerata come una prigione ed un carcere colmo
di follia; solo grazie alla morte l'uomo giunge al suo massimo essere,
divenendo libero e saggio.
Nel IV libro del Momus incontriamo la figura del
traghettatore Caronte, il quale accompagnato da Gelasto, alter ego dello
stesso Alberti, durante un'escursione sulla terra dei viventi racconta di
come gli uomini arrivino nell'Aldilà e perdano prontamente le loro maschere
d'argilla per mezzo del vapore dell'Acheronte. Altra tematica che si
incontra più volte tra le righe di Alberti, sebbene meno esplicita è la
concezione delle donne. La donna viene descritta come in preda alle
passioni, dominata dalla follia e senza razionalità tanto da essere esclusa
dagli ordini pubblici perché non in grado di ragionare fermamente come un
uomo. Ad esempio troviamo queste caratteristiche nella descrizione di
Giunone, moglie di Giove, la quale sentendosi trascurata dal marito si
lascia trasportare da passioni iraconde e desiderio di vendetta.
Interessante anche per questo punto e l'intervento di
Gelasto, il quale manovrato dal pensiero dell'Alberti, racconta le origini
della donna ovvero dagli scarti di argilla col quale vennero composti gli
uomini; le donne in questo caso vengono addirittura paragonate alla figura
degli animali i quali vengono creati con argilla nuova. Questa teoria della
creazione ricorda molto quella di Adamo ed Eva, dove la donna viene ricavata
dalla costola dell'uomo, riferimento religioso probabilmente dovuto alla
vicinanza dell'autore con la curia. Un genio del Rinascimento, senza dubbio,
i cui giudizi morali oggi faremo fatica ad accettare. Nel suo scritto
Della Famiglia Alberti scrive che la donna ideale deve procreare
numerosi figli, essere fedele al marito, non interferire nei suoi affari,
uscire con lui e mai da sola. In più non è necessario che sia molto
istruita.
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