Niccolò Paganini

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Niccolò Paganini ha definito i più alti standard nel mondo del violino. Fu personaggio a tutto tondo, definito molto negativamente dai suoi detrattori, tra cui Stendhal, come brutto d'aspetto, quasi demoniaco, e addirittura assassino. I suoi ammiratori, come per esempio nel libro pubblicato a Lipsia nel 1893, "I più grandi violinisti del presente e del passato", lo descrivono virile, simpatico, quasi gioviale. Il biografo russo Anatoly Vinogradov, lo descrisse viceversa di una bruttezza che faceva "venire i brividi" a chi lo guardava. Una palese esagerazione. Altre fonti lo descrivevano come un uomo dalla fronte alta, dai tratti fini, dagli gli occhi luminosi ed espressivi. Chi era il vero Paganini?

 

Quello che è certo è che l'eccentrica personalità di Paganini, le sue capacità naturali di suonare gli strumenti, la sua pratica tenace fino alla perfezione e la brillantezza delle sue composizioni sono la ricetta della sua grandezza. Non a caso, grandi compositori successivi, come Schumann, Brahms, Liszt e Rachmaninoff, Frédéric Chopin, hanno basato diverse composizioni sulle sue melodie. Insieme alla competenza e all'efficacia di Paganini nell'esecuzione, ciò che ha reso speciale il compositore genovese è il mix unico di disegno, creazione e innovazione della sua musica.

 

Niccolò Paganini è considerato uno dei più grandi compositori italiani, oltre ad essere considerato uno dei più grandi virtuosi del violino mai esistiti, nato il 27 ottobre 1782 e morto il 27 maggio 1840. Ha giocato un ruolo fondamentale nello stabilire le moderne tecniche violinistiche. Fu ispirato come musicista da numerosi compositori, tra cui Mozart, Lizt e Beethoven.  24 Capricci per violino solo Op. 1 è la sua opera più famosa. Questa e altre sue composizioni hanno avuto una grande influenza sui compositori contemporanei e successivi.

 

"Se non studio per un giorno, me ne accorgo. Se non studio per due giorni, il pubblico lo nota." Niccolò Paganini

 

 

Biografia

Infanzia


Chiesa di San Filippo Neri a GenovaUna domenica sera, il 27 ottobre 1782, nacque in un'umile famiglia di Genova, ancora per pochi anni capitale dell'omonima Repubblica, Niccolò Paganini, terzo dei sei figli di Antonio Paganini e Teresa Bocciardo. Niccolò, fu battezzato il 28 ottobre nella Chiesa di San Salvatore in Piazza Sarzano. Tra i suoi fratelli sopravvissuti c'erano Biagio, Carlo e Teresa. Non si sa nulla degli altri due. Sembra che tra i suoi antenati ci fossero persone che in un modo o nell'altro erano coinvolte nella musica. Si dice anche che la madre ebbe un sogno premonitore di carattere divino, in cui un angelo le annunciò che suo figlio sarebbe diventato un uomo grande e famoso e avrebbe realizzato le sue ambizioni.

 

Suo padre, lavorava al porto. Ci sono state molte supposizioni circa il suo lavoro, ma sembra che facesse il facchino. Un uomo meritevole, ma sempre in condizioni disagiate, che trovava spesso sfogo nel gioco d'azzardo, e passava ora dopo ora a dipanare elaborati "sistemi" connessi con attività di gioco di ogni tipo. Il suo sogno costante sembra essere stato quello di scoprire una via alla ricchezza che avrebbe ovviato alla fastidiosa necessità di dover lavorare. Scoprire di aver generato un genio musicale in suo figlio Niccolò poteva fare avverare il suo sogno. Pare che Antonio racimolasse qualche soldo anche come suonatore di mandolino nell'orchestra locale. Era un musicista insomma, ed anche grazie a questo notò subito il talento musicale del figlio, cominciando a insegnargli il mandolino all'età di cinque anni e il violino da quando ne aveva sette. Antonio probabilmente insegnò anche a Carlo, il figlio maggiore.

 

L'infanzia di Niccolò trascorse in un periodo in cui l'Europa era spazzata dai venti della rivoluzione francese prima e delle guerre napoleoniche poi. La sua famiglia viveva in un popoloso sobborgo di artigiani. Da adulto, Paganini non ricordò questo periodo della sua vita come un periodo felice. I suoi genitori erano abbastanza religiosi, fece la sua prima comunione in età molto giovane e tutta la famiglia frequentava regolarmente la parrocchia locale. Di quando andava a messa, ricordò in seguito che i toni dell'organo lo colpivano molto violentemente, e lo facevano addirittura tremare e piangere: era una persona ipersensibile ai suoni, che, insieme al suo fisico delicato, gli davano forti esperienze spirituali ed emotive.

 

La sua salute risultò precaria fin da giovanissimo. All'età di sette anni si ammalò di scarlattina, una malattia benigna nei bambini, ma che in Niccolò assunse una virulenza insolita che fece temere per la sua stessa vita. Quello che è certo è che il padre si prese cura del figlio in modo appassionato e totalizzante e svolse il ruolo di mentore al meglio delle sue possibilità. Fece tutto il possibile per rafforzare l'educazione di Niccolò, gli fornì i migliori insegnanti per l'apprendimento musicale e lasciò persino il suo lavoro e la sua famiglia per molti mesi per accompagnare il giovane violinista.

 

Molti anni dopo, a Vienna, Paganini raccontò che da bambino suonava il violino dalla mattina alla sera. Il severo genitore lo faceva esercitare lasciandolo all'occorrenza senza mangiare. Il suo spirito ribelle ne soffrì, ma il suo amore per la musica gli fece sopportare questa disciplina ferrea, a cui più tardi attribuì smodatamente le sue frustrazioni e la sua infelicità.

 

Il suo talento musicale progredì rapidamente, tanto che un giovanissimo Paganini produsse una composizione, Variazioni sulla Carmagnola, all'età di nove anni. Il padre lasciò che Niccolò imparasse il violino rispetto al mandolino, mandandolo a lezione da Giovanni Servetto, un violinista dell'orchestra locale. Anche prima del nuovo maestro, Niccolò aveva iniziato a sperimentare le sue prime composizioni: sonate, capricci e persino concerti. Servetto si rese conto che il suo allievo aveva un talento straordinario, e che era necessario un maestro più capace: lo indirizzò quindi a Francesco Gnecco. Quest'ultimo portò Niccolò dal marchese Gian Carlo di Negro, un giovane aristocratico genovese, un entusiasta mecenate delle arti, che decise di sostenere finanziariamente Niccolò. Gnecco a sua volta lo presentò al maestro Giacomo Costa. Paganini ricorderà con affetto quest'ultimo maestro che, a quanto pare, non fu in grado di insegnargli molto, poiché il giovane Niccolò seguiva le proprie inclinazioni. Nel 1793, per sei mesi, Paganini ricevette 30 lezioni da Costa,\ che dopo sei mesi lasciò che Niccolò si esibisse in diverse chiese di Genova.

 

Secondo i documenti esistenti, Paganini si presentò per la prima volta davanti al pubblico il 26 maggio 1794, in un concerto nella Chiesa di San Filippo Neri. La sua seconda esibizione pubblica fu nella Chiesa di Nostra Signora delle Vigne per la festa di Sant'Eligio, il 1 dicembre 1794. Questa esibizione fu presentata sul giornale Avvisi (inizialmente Foglio di notizie ed avvisi diversi), un giornale che stampava gli eventi del giorno a Genova nel periodo tra il 1777 e 1797. Paganini, che continuò ad esibirsi in concerti pubblici, suonò di nuovo alla Chiesa di San Filippo Neri nel maggio 1795. Il 30 maggio 1795, Avvisi, scriveva in un suo articolo che il pubblico aveva assistito a "un armonioso concerto eseguito da un piacevole ragazzo di 12 anni, il signor Niccolò Paganini, allievo del signor Giacomo Costa, professore di violino, che si è concluso con l'universale ammirazione e approvazione".

 

 

 

Parma, Lucca, Alessandro Rolla, Gasparo Ghiretti, Ferdinando Paer

 

Ferdinando PaerNel 1795 Paganini aveva fatto così tanti progressi che suo padre dovette trovare un maestro di maggior levatura, che lo aiutasse a spiccare definitivamente in volo; oltre alla musica il nuovo tutore doveva fare in modo di ampliare i suoi orizzonti valoriali e doveva aiutarlo a imparare a distinguere tra idee estetiche buone e cattive. Questa figura era, secondo lui, il Maestro Alessandro Rolla, primo violino della Reale Orchestra di Parma. Antonio Paganini per supportare le spese del figlio a Parma, decise di raccogliere denaro con un concerto al Teatro di Sant'Agostino nel luglio 1795, cosa che ebbe un grande successo.

 

Nel marzo 1796, le truppe rivoluzionarie francesi invasero il nord Italia, e Genova non era un posto sicuro. La famiglia di Paganini, con gli echi rivoluzionari alle porte, aveva preferito spostarsi nella loro proprietà di campagna a Romairone, nell'attuale quartiere di San Quirico, vicino al quartiere di Bolzaneto. In questo periodo Paganini avrebbe suonato per la prima volta la chitarra. Dopo aver acquisito la padronanza dello strumento, preferiva suonare di fronte a conoscenti piuttosto che in concerti pubblici, e più tardi, durante il suo tour di concerti, descrisse la chitarra come la sua "compagna costante".

Antonio e suo figlio partirono per Parma all'inizio del 1796 per vedere Rolla. Niccolò racconta che quando arrivarono a casa del maestro, questi mandò a dire che non poteva riceverli perché era indisposto. Durante l'attesa, avevano visto un violino e un manoscritto su un tavolo; Antonio esortò Niccolò a cogliere l'occasione per catturare l'interesse del maestro suonando. Il compositore malato, sentendo Niccolò suonare, si destò subito interessato, e chiese chi stesse suonando in quel modo subito. Non poteva credere che fosse un ragazzo. Tuttavia, quando si convinse, spiegò che Niccolò aveva bisogno di un diverso tipo di insegnante e lo mandò dal Maestro Ferdinando Paër, un distinto compositore parmense di origine tedesca, molto ben inserito negli ambienti musicali, e che in seguito sarebbe stato molto apprezzato da Napoleone tanto da diventare "compositore di corte di Sua Maestà Imperiale" per 28.000 franchi che nel 1812 lo nominò successore di Gaspare Spontini come direttore del Théâtre-Italien di Parigi carica che tenne fino al 1827.


Secondo Rolla, Niccolò aveva bisogno di un insegnante di composizione esperto, perché aveva raggiunto un'abilità melodica e una maturità inventiva sorprendente. Paër inizialmente non poteva occuparsi del giovane perché era immerso nella composizione di un'opera. Così Rolla mandò Niccolò dal suo maestro, Gasparo Ghiretti, secondo violoncellista dell'Orchestra Reale. Quando Paër finì di scrivere la sua opera, mandò a chiamare il giovane e lo istruì personalmente durante il suo periodo a Parma. Con il nuovo maestro, il giovane scrisse ventiquattro fughe per quattro mani, senza l'aiuto di alcuno strumento, solo con carta, inchiostro e penna. In un'occasione Paër chiese a Niccolò di scrivere un duetto, che, una volta finito, vide con grande piacere e disse che non poteva trovare alcun errore della forma pura nella scrittura della composizione musicale. Nello stesso periodo continuò a prendere lezioni anche da Gasparo Ghiretti ed ebbe nuovi problemi di salute, dopo quelli, serissimi, avuti durante la sua infanzia, contraendo questa volta una polmonite.


Questi erano anche i tempi in cui l'impero napoleonico si stava espandendo in tutta Europa, compresa l'Italia. Anche se Napoleone aveva appena firmato un armistizio con il Duca di Parma, il luogo non era adatto a un giovane malato come Niccolò, che così tornò temporaneamente a Genova con suo padre.


Quando Paganini si riprese dalla polmonite, si preparò per iniziare a dare concerti nelle città d'Italia, scegliendo Livorno per la sua prima uscita. Il concerto doveva iniziare alle otto di sera, la sala era piena, ma i musicisti che dovevano accompagnare Niccolò non si erano presentati. Alla fine, solo alcuni di loro arrivarono. Il giovane decise di accettare la sfida di suonare da solo per il suo pubblico, riuscendo a intrattenerlo per tre ore. Quando finì, ricevette un sonoro e lunghissimo applauso.


Nel periodo 1800-1801 poiché era difficile trovare sale da concerto a Milano, Bologna e Firenze, si dedicò a suonare in città più piccole. Questo è il periodo in cui Niccolò cominciò a cercare di rendersi definitivamente indipendente da suo padre. Il ragazzo si rese conto di dover avere il tempo per pensare, la libertà di provare la vita in diverse sfaccettature; in altre parole, doveva essere libero di determinare il proprio destino, nel bene e nel male. Dopo la sua esperienza livornese, il giovane Paganini si diresse verso la città di Lucca nel 1801; questa volta viaggiando col fratello maggiore Carlo, completamente libero dalla presenza paterna. Presto avrebbe compiuto diciannove anni.

 

Lucca - Basilca di San FredianoPaganini si esibì con successo al Festa di Santa Croce di Lucca il 14 settembre 1801, e fu nominato primo violino dell'Orchestra della Repubblica di Lucca. Nella città toscana arrivò a guadagnare in modo significativo dal lavoro come libero esecutore e dai concerti. Continuò anche a comporre, e nel 1802 iniziò a comporre 24 Capricci per violino solista. Tuttavia, mentre la sua vita diventava più libera sfuggendo al controllo paterno, iniziò anche a giocare d'azzardo, e più tardi dovette vendere il suo violino per ripagare i debiti accumulati. Aveva nel frattempo sviluppato altri vizi, bevendo e conducendo una vita che potremo definire "libertina", costruendosi una solida reputazione di donnaiolo.

 

Il suo temperamento era stato represso durante tutta l'adolescenza, non aveva conosciuto nessuna ragazza di cui invaghirsi, e così, staccandosi da suo padre, fu coinvolto in una serie di relazioni amorose, restando sempre abbastanza risoluto nella sua avversione al matrimonio. A Lucca visse con Francesco e Anna Bucchianeri. Una delle figlie di questa famiglia, Eleonora, divenne il suo primo amore. Le dedicò la sua opera 3, scritta tra il 1802 e il 1809.

Nel 1805, Lucca fu annessa ai domini di Napoleone, e la sorella di quest'ultimo Elisa Baciocchi, divenne le principessa di Lucca e Piombino, la quale, nello stesso anno nominò Paganini primo violinista della sua corte lucchese. Lo nominò anche insegnante di violino per suo marito, Felice Baciocchi. In questo periodo Paganini compose una quantità significativa di musica da camera, in particolare la Sonata Napoleone, oltre a quartetti per archi e chitarre, e il conosciuto Duetto Amoroso.

Nel 1809, Elisa Baciocchi divenne la Granduchessa di Toscana e la sua corte fu trasferita a Firenze. Poiché Paganini era un membro del suo entourage, si trasferì a sua volta in riva all'Arno come violinista solista. Tuttavia non passò molto che lasciò l'incarico per intraprendere nuovamente una attività autonoma.

Questo fu anche il periodo in cui Niccolò scrisse la versione finale dei suoi Capricci. I ventiquattro Capricci furono le opere più importanti pubblicate durante la sua vita. Diversi compositori che vennero in seguito furono influenzati profondamente da queste composizioni, Schumann e Liszt fra tutti.

Paganini raccontò di questo periodo che: "In molte città mi è stato chiesto di rimanere, in alcune come concertista, in altre come direttore d'orchestra. Ma il mio temperamento rifuggiva da una posizione fissa. Mi piaceva viaggiare ed era impossibile per me rimanere a lungo in un solo posto". Questa citazione deve essere presa anche in riferimento ai suoi primi anni a Lucca, quando godeva del "profumo" della libertà, termine a cui gli sarà associata una parola della fonetica simile: libertinaggio.


Una volta raccontò a un amico il seguente aneddoto, che dà un'idea della popolarità e della bravura che aveva ormai raggiunto: "Una delle mie escursioni, un viaggio di piacere, mi portò a Livorno, dove mi fu chiesto di dare un concerto. Un ricco uomo d'affari e amante della musica, il signor Livron, mi prestò un Guarneri (un violino prestigioso al pari degli Stradivari, costruito dal famoso liutaio Giuseppe Guarneri) perché non avevo con me il mio violino. Tuttavia, quando finita la mia performance si rifiutò di riprenderlo... Ebbi un'esperienza simile a Parma. Il signor Pasini, un eccellente pittore, aveva sentito parlare della mia abilità nella lettura musicale a vista. Mi presentò un concerto piuttosto difficile e mi disse che mi avrebbe regalato un violino di valore se avessi potuto eseguire in modo soddisfacente ciò che avevo visto. Anche in quel caso il violino è diventato di mia proprietà".


Paganini non era interessato alla politica, vivendo alla giornata, concentrato sui propri interessi e sugli obbiettivi che si era prefissato. Tuttavia, i nobili volevano ascoltarlo e lui doveva ascoltare le loro richieste, così come fece con la monarca di Lucca.


Probabilmente Paganini ebbe una relazione con Elisa Baciocchi, ma i suoi biografi ipotizzano anche una relazione tra il violinista e la principessa Paolina Borghese, l'altra bellissima sorella di Napoleone, immortalata dal Canova in una memorabile scultura. Durante un tour di concerti che da Livorno lo portò fino a Torino, Paganini contrasse il primo attacco di colite cronica che lo avrebbe disturbato da allora in poi.

 

 

Reputazione internazionale e vita bohemienne

Scala di MilanoNegli anni successivi, Paganini si esibì in concerti nelle aree circostanti Parma e Genova.  Il 29 ottobre 1813, si esibì per la prima volta in un concerto alla Scala di Milano. Questo concerto fu un grande successo, attirando l'attenzione di musicisti importanti in tutta Europa, e nelle successive dieci settimane, tenne altri sei concerti nella stessa sede.

Ben presto cominciò ad essere considerato come uno dei migliori, se non il miglior violinista d'Europa, dando più di 100 concerti in molte città italiane, tra cui Genova, Parma, Firenze, Torino, Napoli, Bologna, Venezia e Roma. Per ora la sua attività concertistica era ancora limitata all'Italia. In questo periodo cominciò ad avere problemi di salute, dovuti in parte allo stile di vita dissoluto. All'inizio dei suoi 30 anni, si dedicò a un tipo di esistenza che includeva molto le apparenze e l'esteriorità da esporre; sviluppò qualità esteriori che costruirono il personaggio che conosciamo, la sua iconografia: pose e affetti, che contribuirono molto alla sua fama e lo trasformarono in un musicista da palcoscenico, una figura che oggi potremo definire come "showman"; qualcosa che i critici o gli ammiratori consideravano diabolico nella teatralità dei suoi gesti, l'incredibile destrezza, la prontezza di sfruttare, senza rivelare la sua personalità: l'istinto innato dell'uomo di spettacolo. Tutto questo, insieme alla sua tendenza a scendere dal dignitoso parallelo in cui si muove un autentico artista al basso livello del prestigiatore, configurarono un concetto che oggi chiameremo di costruzione del proprio personaggio, un'immagine sostenuta anche dal suo abbigliamento stravagante.

Paganini si guadagnava da vivere in caffè, sale da ballo, teatri, club, casinò. In questi ultimi poi vinceva o perdeva fortune in un giorno. Cedeva alla tentazione di questi posti durante tutto l'anno e giocava solo quando aveva bisogno di soldi, in una vana e illusione ricerca di riscatto finanziario. Per sua fortuna i concerti gli permettevano di guadagnare molto bene. A Milano si "prese" un piacere dopo l'altro: ogni sera belle donne venivano nel suo camerino al Teatro alla Scala. Cominciava proprio allora a diffondersi la sua fama di uomo dalla figura diabolica e malvagia. A quei tempi i concerti strumentali erano una cosa rara; uno strumentista, per attirare il pubblico, doveva combinare il suo concerto con un balletto e alcuni numeri vocali; o suonare un concerto nell'intervallo di un'opera.


In senso creativo, per tredici lunghi anni, dal 1800 al 1813, compose solo opere minori: la Sonata Napoleone, il Duetto amoroso, scritto poche settimane prima del suo soggiorno a Milano nel 1813, solo alcuni quartetti e piccole opere per chitarra e pezzi occasionali.

 

Angelina Cavanna


Nel 1814 il trentunenne Paganini incontrò tra i carruggi, le strade e i vicoli di Genova, Angelina (o Angiolina) Cavanna. Figlia di un sarto, poco più che ventenne, Angelina a dispetto di un viso grazioso e innocente e dei suoi modi impeccabili, ha frequentazioni molto libere per i suoi tempi, frequentazioni di cui il padre è all’oscuro e anche Paganini. Dopo un corteggiamento serrato la giovane rende noto al padre la sua frequentazione con il musicista, il quale non è affatto contrariato della cosa, anzi. Si procede a un fidanzamento "ufficiale" in base al quale Angelina si concederà solo dopo il matrimonio. In tutto questo c'era il fatto che Angelina, come detto, era di frequentazioni libere, e che Paganini continuava nella sua vita libertina.

 

ParmaPaganini chiesa ad Angelina di trasferirsi con lui a Parma. Lei accettò con il consenso del padre e i due partirono per la città emiliana. Nella città emiliana trascorsero diverse settimane di grande romanticismo, finché un giorno, osservando le frequenti nausee che presagivano la gravidanza, lui disse che sarebbe uscito in strada per bere qualcosa. Passò tutto il giorno fuori. A quel punto anche gli accordi precedenti vennero meno e i due "fidanzati" vissero a Parma per tre mesi "more uxorio" fino a quando la ragazza si accorse di essere incinta.

 

Appresa la notizia, Paganini non la prese bene, partì e si trasferì a Milano. La Cavanna si trasferì a sua volta a Fumeri. nel comune di Mignanego (nell'alta Valpolcevera), da una sorella dove Paganini promise di raggiungerla. Venne raggiunta invece dal padre che vista la situazione denunciò il musicista per "mancata promessa di matrimonio", "rapimento e violenza di una minorenne" (allora si raggiungeva la maggiore età a 21 anni) e "tentativo di procurato aborto" avendo convinto la ragazza a ingurgitare una pozione venefica. Paganini tornò a Genova il 6 maggio e per lui scattarono le manette e un po' di notti insonni nelle anguste prigioni nella Torre Grimaldina di Palazzo Ducale. Il 13 maggio al processo si difenderà davanti ai giudici proclamando la sua innocenza: lui non aveva costretto la ragazza a seguirlo e neppure l'aveva costretta ad avere rapporti sessuali. Sul matrimonio prometterà di mantenere il patto e di affidare il prossimo nascituro alle cure della propria famiglia.

 

Paganini fu scagionato e liberato dietro il pagamento di 1.200 lire quale indennità di rimborso al padre della giovane. Quando Angelina diede alla luce un bambino nato morto i legami tra i due si dissolsero rapidamente.

 

A Milano
 

Anche se come virtuoso del violino Paganini aveva pochi rivali o forse non ne aveva affatto, era sempre ansioso di misurare le sue capacità sfidando gli artisti che potevano eseguire assoli di violino, specialmente i concertisti russi o francesi. In un'occasione gli fu offerta l'opportunità di ascoltare il violinista francese Charles Philippe Lafont. Paganini propose un "duello" musicale. Fu un evento storico, che ebbe luogo alla Scala di Milano nel 1816 e andò oltre i limiti del programma. Entrambi eccellevano, ma Paganini vinse la sfida.
 

Più tardi, dopo alcuni concerti alla Scala, Lafont poté apprezzare le qualità musicali di Paganini e gli chiese di esibirsi insieme in un concerto. Suonarono Rodolphe Kreutzer; nella parte "solista" Paganini diede libero sfogo alla sua immaginazione suonando alla maniera italiana, uno stile che gli era naturale. Lafont suonò poi un tema russo, con una formidabile gamma di variazioni, concludendo con una sua composizione, Le Streghe. Entrambi ricevettero ovazioni e acclamazioni.
 

Nel dicembre 1816 Paganini incontrò Lord Byron, il poeta inglese, che lo aveva precedentemente sentito in un teatro di Venezia. I due passarono insieme l'ultimo mese del 1816 e i primi mesi del 1817. In un'occasione Byron disse al virtuoso qualcosa di molto personale sul successo che il musicista cercava di inseguire ogni giorno con una ostinazione ossessiva: "Le acclamazioni della folla, la ricchezza, l'amore, la popolarità, vi sembrano deliziose, ma anche quando attraverso il genio e il duro lavoro avete assaggiato tutte queste delizie, presto le troverete stucchevoli. Questo lascerà in voi un vuoto timido e spaventoso, e allora direte con me, nonostante tutto questo sforzo e questa ansia: non sono contento di questo mondo."
 

Antonia Bianchi, Marietta Banti e Dida

 

Al suo ritorno a Milano Paganini ricevette la notizia della morte di suo padre avvenuta il 1° aprile 1817, che apparentemente non lo scosse più di tanto. In quel periodo fondò la sua compagnia, composta da un'orchestra e da diversi cantanti e si innamorò di un'altra donna, Marietta Banti. Paganini scrisse di lei: "Mio unico e grande amore! La mia penna non può descrivere la mia gioia nel ricevere la vostra gentile lettera. È vero che la vostra partenza mi ha causato un grande dolore, il più grande dolore che un uomo innamorato come me possa avere. Ma pazienza! Vi prego di fare di tutto per tornare a Bologna il più presto possibile, il che mi darà il più grande piacere... Addio, mio grande amore, mio tutto." Scrisse anche che ciò che desiderava di più era il matrimonio con la Banti, dichiarandosi l'uomo più innamorato di tutti.


RomaCambiò ancora una volta idea sulla sua amata e sul matrimonio e andò a Roma. Qui ebbe difficoltà a ottenere un teatro perché fuori dai giri che contavano nella società chiusa della città, dove il Vaticano controllava gli eventi musicali e tutte le altre manifestazioni. Dovette aspettare molto tempo prima che gli alti gerarchi ecclesiastici dessero la loro approvazione affinché il musicista avesse accesso al famoso teatro Argentina. Paganini cercò di affittare il teatro San Carlo, sostenendo che il suo prestigio internazionale lo meritava.

 

L'imperatore austriaco, Francesco II, accompagnato dal cancelliere Metternich e dalla sua ultima figlia, la contessa Esterhazy, arrivò a Roma alla fine del marzo 1819. L'ambasciatore austriaco presso la Santa Sede diede un grande ricevimento in onore del monarca e incluse Paganini tra i seicento ospiti. Questo rappresentò la prima apparizione dell'ormai famoso virtuoso nei circoli della diplomazia e della società romana. Fu anche presentato al potente cancelliere. Quando gli fu chiesto di suonare, Niccolò si scusò di non avere con sé il suo violino, opportunità che ebbe modo di mostrare, insieme al suo talento, qualche tempo dopo.


Fu a Roma che cominciò ad ammalarsi di esaurimento nervoso e sviluppò una tosse acuta che non lo lasciava mai. Il suo medico gli raccomandò di prendere un po' d'aria fresca in campagna. La sua salute, tuttavia, peggiorò e si diffuse la voce che aveva contratto la tisi, la tubercolosi polmonare. Il suo padrone di casa era così allarmato dalla sua condizione che lo sfrattò, buttandolo letteralmente in strada. Proprio in quel momento passava il suo pupillo, Gaetano Ciandelli, che lo portò a vivere con lui in una comoda periferia.


Sua madre, Teresa Bocciardo, cominciò nello stesso periodo a pretendere sempre più insistentemente che il figlio si sistemasse mettendo su famiglia e dandole dei nipoti. Questo ravvivò il suo desiderio d'amore, tanto che alla fine di giugno del 1821 scriveva alla madre: "Ho finalmente deciso di seguire i dettami del mio cuore e prendere come moglie una giovane donna affascinante, figlia di una famiglia molto eccellente; una giovane donna che unisce la bellezza all'educazione più completa. Mi ha incantato e, anche se non ha una dote, mi piace molto e l'ho scelta per essere felice al suo fianco. Sì, se il cielo approva, non posso desiderare una felicità più grande."

 

Nervoso, impulsivo, ardente di desiderio, amante impaziente, i cui precedenti amori non lo avevano abituato ad aspettare, si comportava come in modo che potremo definire immaturo. Incontrò la sua Giulietta durante un soggiorno a Napoli, dove si era stabilito prendendo casa nei quartieri Spagnoli, nello stesso periodo in cui erano di casa anche Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti. La fanciulla si chiamava Carolina Banchieri, figlia dei coniugi Teresa Ruiz e Romualdo Banchieri. All'epoca della lettera alla madre, la futura sposa di Nicolò Paganini, allora trentanovenne, avrebbe avuto dodici anni e sette mesi (era nata a Napoli il 9 novembre 1808), età nella quale sarebbe stato a dir poco difficile riconoscere le qualità di una "fanciulla piena di tutte le grazie fisiche e morali". Un’ipotesi, a dire il vero non del tutto remota, seppure non supportata da fonti documentarie, potrebbe lasciare spazio alla supposizione per la quale la Banchieri potesse essere in attesa di un figlio, spingendo quindi il violinista verso la via immediata del matrimonio.
 

Improvvisamente, però, l'amore si fermò anche in questa circostanza. Sembra che Niccolò avesse chiesto a Carolina di andare in tournée con lui all'inizio di novembre 1821, ma come accadde con Angelina Cavanna, il tormentato musicista la abbandonò dopo averla portata con sé prima viaggiando verso Roma e fermandosi a Velletri, quindi proseguendo da solo e arrivando a Parma un giorno di novembre.

All'età di 40 anni, la sua salute era sempre più carenti. Consultò il dottor Sira Borda dell'Università di Pavia, che gli diede una cura di oppio e mercurio per un'infezione da sifilide. Questo trattamento avrebbe aggravato ulteriormente la situazione e avuto in seguito gravi conseguenze sul suo corpo. Fu un periodo in cui i suoi disturbi cominciarono a causargli gravi disagi a cui dovette rassegnarsi con pazienza. Il dottor Borda gli consigliò di rimanere a Pavia. Qui compose una serie di brevi opere per un'altra donna, Dida, che aveva già incontrato nel 1801. Paganini la chiamava Dida ma il suo vero nome è a tutt'oggi sconosciuto. Secondo i suoi biografi, ebbe una relazione con lei. Chiunque fosse, rimase, nella vita del maestro, una delle figure più romantiche e misteriose.

La sua saluta peggiorava, a ciò di cui soffriva si aggiunse l'ittero, una malattia che lo indebolì ulteriormente. Alla fine di ottobre del 1822 interruppe il suo trattamento a Pavia e andò da sua madre a Genova trattenendosi per cinque mesi. Nella sua città diede concerti e insegnò. Un allievo, il futuro violinista e compositore Camillo Sivori, dichiarò in seguito: "È probabilmente il peggior maestro di violino che sia mai vissuto.... Ha detto che l'abilità non è necessaria, ciò che è richiesto è la perseveranza e l'applicazione". Nonostante questa dichiarazione Paganini dedicherà a Sivori una sua composizione.
 

Fu a Venezia che Niccolò incontrò Antonia Bianchi, la donna che sarebbe diventata la madre del suo unico figlio, Achille. Antonia era una ragazza affascinante, una ballerina che Paganini avrebbe trasformato in una cantante. I due rimasero a Venezia per quattro mesi nel 1824. Da lì trascorsero diverse settimane a Trieste prima di dirigersi verso sud alla fine di dicembre. Intrapresero un viaggio attraverso il mare Adriatico: volevano cambiare scenario. La relazione con Antonia si approfondì e lei divenne l'amante che lo seguiva ovunque, con l'idea fissa di sposarlo. Soggiornarono poi Napoli, con una tappa interlocutoria a Bologna, dove Paganini diede due concerti al Teatro del Corso; quindi arrivarono a Roma dove il musicista diede diversi concerti al Teatro Argentina.

Dopo questa parentesi la relazione del musicista con la Bianchi cominciò a traballare, come sempre accadde nelle sue relazioni sentimentali. Paganini cercò di rompere con donna ma la Bianchi non ne voleva sapere di lasciarlo e annunciò di essere incinta. La donna era inoltre diventata la cantante principale della compagnia; quando il Maestro seppe della gravidanza iniziò a cercare un'altra cantante come sostituta, scegliendo Lucrezia Cortesi di Firenze. Antonia tuttavia resistette al suo posto come cantante principale.

Le voci della gravidanza dell'amante, insieme ad altre voci malevole, oltre a vere e proprie calunnie sul conto di Paganini, raggiunsero i quattro angoli d'Europa. Il 23 luglio 1825, Antonia diede alla luce suo figlio, realizzando una delle sue più grandi ambizioni; lo chiamò orgogliosamente come tre grandi eroi della storia, Achille Ciro Alessandro. A quanto pare, con la nascita del bimbo, i legami tra Niccolò e Antonia si rafforzarono, almeno nel breve periodo, rafforzati al punto che lui pensò seriamente alla possibilità di legalizzare la relazione. Anche questa volta fece marcia indietro e non pensò più a sposarsi.

Antonia Bianchi, per un certo tempo, sembrava soddisfare gli aspetti passionali della sua natura, ma Paganini sembrava concentrato sulla visione di una bellezza ideale. Questa ricerca era solo un altro aspetto della sua ambizione. Desiderava anche acquisire ricchezza, posizione sociale e gloria. La monogamia non era nelle sue corde. Era difficile immaginarlo come il modello di un uomo che torna a casa dopo un concerto, in cerca di pace e tranquillità con la propria moglie e la propria famiglia.

Partì quindi per una grande tournée in Europa, in compagnia di Antonia e del piccolo Achille, ma si ammalò nuovamente di una grave bronchite che lo lasciò stremato con attacchi soffocanti e una tosse profonda e dura. Si riprese faticosamente, rimanendo però ancora più magro ed emaciato. La sua figura assunse un'aria spettrale, diabolica si sarebbe detto in seguito.

Antonia assistette Paganini durante i problemi di salute del virtuoso, non smettendo di credere che la fiamma della passione sarebbe rinata, scontrandosi tuttavia con un muro insormontabile. Il suo carattere ferito la fece diventare calcolatrice, avida e gelosa, a momenti auto-commiserante, crudele, brusca e orgogliosa. La convivenza non era più possibile, ma Antonia si rifiutò sempre di lasciarlo andare senza una rendita adeguata che gli avrebbe permesso di vivere dignitosamente. Fu un periodo in cui Paganini non sentì più il calore delle braccia di una donna, dovendo accontentarsi dell'amore del suo piccolo Achille. Si rese conto che, nonostante tutto, poteva fare da padre e da madre al bambino, e cercò, per questo, di staccarsi dall'assillante presenza di Antonia. Dopo un concerto di beneficenza a Milano e un altro a Pavia, mentre era pronto a partire per Vienna, venne colpito da un altro attacco influenzale.

Paganini aveva promesso ad Antonia, ancora prima che il figlio Achille nascesse, che l'avrebbe portata con sé a Vienna, e ora sembrava non pronto a mantenere la parola data. Per la donna il nocciolo della questione era quello di ottenere un sostentamento economico. Infine, dopo una continua pressione sul compositore, la donna riuscì ad ottenere una rendita di 100 scudi milanesi.

Vienna

Paganini partì per Vienna, la capitale mondiale della musica, una mattina di marzo del 1823, all'età di 41 anni.
Quando arrivò nella capitale austriaca, non era estraneo ai viennesi. Per più di un decennio le notizie della sua straordinaria abilità avevano attraversato le Alpi. Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, Vienna fu dominata dal gusto della classe media in ascesa. Paganini faceva parte dell'immaginario di coloro che, staccati dalla nobiltà, erano capaci di distinguersi per i propri meriti. Artisti, intellettuali e poeti parlavano di questo nuovo tipo di personalità, non più dei membri della corte o dell'alto clero; era necessario conoscerli, leggerli, ascoltarli. Arrivato in città, la gente, con curiosità, cominciò a parlare di lui, tanto che raggiunse presto una fama insolita, senza che avesse fatto il minimo sforzo. I viennesi volevano vedere con i propri occhi tutto ciò che di meraviglioso avevano sentito sul suo conto.  Per competere con i virtuosi, locali, Hoffmann e Kreisler, le malelingue dicevano che non bisognava essere un essere umano. Vennero fuori altre dicerie, tra il serio e il pettegolezzo, circa un fantomatico patto col diavolo; così la leggenda di Paganini si è diffuse in lungo e in largo, toccando i sentieri oscuri che ancora oggi seguono l'immagine del musicista. Nei teatri, nei caffè, nei saloni e nelle sale da concerto, e persino nei negozi, Paganini era il tema.

Palazzo dell'Hofburg a ViennaIl virtuoso suonò nelle sale del reale Palazzo dell'Hofburg. Dopo aver vissuto in un hotel, si trasferì in un lussuoso appartamento nel Trattnerhof, il complesso residenziale privato, nel Graben, una delle vie-piazze centrali più importanti di Vienna, che aveva ospitato anni prima anche Mozart. Dopo una settimana di riposo, fissò il suo primo concerto per il 28 marzo 1829; ma dovette spostarlo al giorno successivo, perché quel giorno era un giorno di veglia. Tra il pubblico c'erano i più importanti esponenti della società viennese, artisti e letterati oltre ai membri influenti della colonia italiana in città e critici professionisti. Quando il sipario cominciò ad aprirsi, apparve una figura cadaverica, nell'ombra, vestita tutta di nero, che guardava il suo pubblico a metà con paura e a metà con disprezzo. Non appena il sipario si aprì completamente, il pubblico scoppiò in un lungo applauso.

Il suo viso rifletteva un'intensa sofferenza mentale, come fosse una maschera, con un'espressione fastidiosa e cupa che contrastava con i suoi occhi vivaci. Una volta iniziato a suonare, però, come succedeva sempre, una forza interiore sembrava impossessarsi di lui. Tutte le membra del suo corpo si animavano e i suoi occhi diventavano ancora più vivaci e i movimenti divennero sicuri e definiti. La sua espressione sembrava il riflesso di un conflitto interiore, la sofferenza più indicibile, il gesto più crudele, il disprezzo più tagliente, tutti insieme, personificati. Il giorno dopo i critici diedero notizie deliranti sulla sua esecuzione. Nella loro eloquenza riuscirono solo a dire che ciò che avevano visto e sentito, era indescrivibile. Per avere un'idea dell'atmosfera inquietante che aveva provocato nella sala, si sarebbe dovuto - dicevano i critici - averla vissuta di persona.

La sua musica non fu mai etichettata come italiana, né in Austria né in Germania, anche da coloro che avevano forti sentimenti nazionalistici e cercarono sempre di definirla geograficamente. E con una sola eccezione, non fu accusato - come Liszt - di suonare musica economica e banale. Durante la sua carriera mise Beethoven su un alto piedistallo; non c'era giorno in cui non suonasse qualcosa di questo grande maestro. Nella maggior parte dei suoi concerti, soprattutto nelle sue prime apparizioni, suonava invariabilmente un suo pezzo, come se invocasse lo spirito del suo genio. In un'occasione, assistette a un concerto in cui veniva eseguita la musica di Beethoven. Quando ebbe finito, il suo accompagnatore si voltò verso di lui e rimase stupito nel vedere lacrime dense che gli scorrevano sulle guance. "È morto", fu tutto quello che riuscì a dire. Questo è stato forse uno degli omaggi più sentiti alla memoria del grande compositore originario di Bonn.

La moglie del principe Metternich, Maria Antonietta Leykam, una bella viennese con un tocco di sangue italiano, chiese al maestro di suonare ad un ricevimento, il 15 maggio 1828, in onore dello stesso principe per il suo compleanno. Come ardente amante della musica, Metternich non avrebbe potuto ricevere un regalo migliore. In questo stesso periodo diede un concerto di beneficenza e ricevette come premio dalla città di Vienna la grande medaglia Salvator, che gli fu conferita dal conte Rudolf von Czernin. Nonostante i successi, la salute di Paganini continuava a peggiorare.

Malattie e salute

Non era ancora trascorso molto tempo a Vienna quando Antonia riprese le sue pretese economiche. Arrivò a portare via con se il figlio Achille, tanto che Paganini gli fece causa per recuperare la custodia del piccolo. Decise quindi di pagare un'ultima somma alla donna quantificata in 3531 fiorini. Riottenne di ricongiungersi al figlio e da quel momento fino alla sua morte, si prese cura del bambino e lo educò.

In un concerto che diede alla fine di luglio del 1831, non incontrò l'approvazione della critica, che vide la sua performance come un errore, dipingendolo come un ubriacone inetto. Alla sua salute precaria si aggiunsero seri problemi ai denti. Tutto era dovuto a una cura che gli era stata prescritta dal medico italiano Borda a Pavia, che gli aveva consigliato di assumere dosi eccessive di mercurio. Il medico che lo visitò a Vienna, si allarmò dallo stato dei suoi denti; ne mancavano tanti e quelli rimasti erano in uno stato drammatico. A quel tempo, l'odontoiatria era ancora praticata in modo rudimentale, e non c'è da stupirsi che gli venne consigliato di farsi operare alla mascella. Cosa che non fece, dopo altri consulti che cercarono di tamponare in qualche modo la situazione.

CarlsbadCominciò quindi a fare i preparativi per un giro nelle province austriache e tedesche, oltre a visitare Praga. Arrivò a Carlsbad, dando un concerto nella Sachsische Saal e ricevendo il notevole compenso di 860 fiorini. Decise quindi di dare un secondo concerto, che gli portò tuttavia solo 495 fiorini, a causa di una "svista" nella vendita dei biglietti da parte del suo nuovo segretario Antonio Caccio. L'accaduto fece terminare bruscamente il lavoro di quest'ultimo. Intanto la sofferenza per i problemi ai denti si faceva sempre più forte e per questo motivo si recò a Praga il 4 ottobre cercando di ottenere un altro consulto medico. Venne visitato all'ospedale di Praga dal dottor Julius Vincenz Edler von Kromholz e da Franz Willibald Nusshard, assistente della clinica chirurgica che, dopo averlo esaminato e avere appurato un pericolo infezioni in corso, ordinarono un'operazione immediata alla mascella inferiore, che eseguirono il 10 ottobre. Trascorse i giorni successivi in convalescenza al fianco del figlio. Subì quindi un'altra operazione in cui vennero rimossi una serie di molari. In questo periodo Paganini scrisse ad un amico:

"Se sapeste quanti nemici stanno incitando contro di me, non ci credereste mai. Non ho mai fatto il minimo male a nessuno e anche chi non mi conosce mi dipinge come la creatura più infame, avara, egoista, ecc... Ho annunciato che raddoppierò il costo dell'ingresso al resto dei concerti che darò in Europa. Non ho mai trovato utile che, mentre non sto cercando di farmi pubblicità, circolino su di me tutte queste stupide sciocchezze. Se faccio piacere alla gente come artista, possono credere a tutte le storie romantiche che vogliono."

Le malelingue critiche sostenevano che "chiunque" poteva suonare come lui da mancino, con un po' di pratica, e che la tecnica del "pizzicato" poteva essere suonata dopo sei mesi. Quando Paganini sentì queste voci, si limitò a sorridere e ad alzare le spalle. Mantenne la sua compostezza e non mostrò segni di risentimento, ma è certo che il suo orgoglio artistico venne ferito. Queste storie circolavano in Europa, soprattutto in Germania, un paese che avrebbe visitato presto. La verità è che la sua abilità era aumentata enormemente nel corso degli anni, al punto che conosceva tutti i concerti a memoria.

In Germania

FrancoforteDa quando si stabilì a Francoforte, Paganini cominciò a dedicare più tempo al figlio; lo portava ovunque andasse. Achille era un bambino di tre anni e mezzo che cominciava a parlare tedesco con grande facilità, per la gioia del padre. Quando gli fu chiesto se avrebbe fatto del ragazzo un altro violinista, rispose: "Perché no? Se vuole imparare, glielo insegnerò volentieri". Anni dopo sembrava aver cambiato idea: "Finché vivrò, mio figlio non suonerà il violino. Farò quello che posso, per fare di lui un buon contrappuntista, ma mai un violinista". Quello che è certo è che Achille non fu costretto a fare qualcosa contro la sua volontà: fu educato a seguire le proprie inclinazioni.

Paganini ricevette quindi un'offerta da Berlino per tenere dei concerti, chiedendo un compenso di 24.000 scudi per sei esibizioni.  Il grande violinista aveva anche una reputazione di avarizia che era sicuramente infondata. Era certamente attento al denaro e ai suoi averi, ma era sempre pronto ad aiutare le persone meno fortunate di lui, come nel caso del giovane Hector Berlioz, che aiutò con una notevole somma di denaro. Inoltre, non visse mai nel lusso e non pensò mai alla ricchezza come motivo di gloria.

Dopo il suo ultimo concerto a Praga tentò quindi l'avventura in Germania, rimandando tuttavia la data della partenza in attesa del suo amico e segretario Lazzaro Rebizzo, che allora lo accompagnava nei suoi tour. Alla Rebizzo tardò troppo e Paganini partì ugualmente la notte del 22 gennaio 1829 per Dresda, cercando di cancellare dalla sua memoria l'ingratitudine ricevuta a Praga. Da Dresda, si diresse verso Berlino. Qui venne accolto alla corte del re di Prussia Federico Guglielmo III, che gli mise a disposizione il Teatro Reale per i sei concerti precedentemente concordati. Ancora una volta, la sua salute precaria si mise di traverso, impedendogli di darne anche solo uno. Nonostante questo, si offrì di suonare alcuni intermezzi all'Opera Reale tra gli atti. Il re autorizzò la sua richiesta ed egli si dedicò a dare concerti di beneficenza, per i quali era molto grato alla gente della città.

In Polonia

Karol LipinskiPaganini ricevette un invito anche da parte polacca per suonare all'incoronazione dello zar Nicola come re di Polonia il 24 maggio e ricevette anche alti onori prussiani e russi. Tutte queste attività e riconoscimenti impliciti animavano il suo spirito più delle questioni finanziarie, che pure lo attiravano molto. Prima di partire per Varsavia ricevette una lettera dal re Federico Guglielmo di Prussia: "Ho deciso di darvi, prima della vostra partenza dalla mia capitale, un segno della soddisfazione che ho provato assistendo ai vostri concerti. La natura vi ha dato un talento raro, che avete coltivato con uno spirito originale. I suoni che producete arrivano all'anima ed eccitano nel cuore del pubblico le emozioni più rare. Vi ho nominato mio Primo Maestro di Concerto Onorario e vi autorizzo a usare questo titolo."

In Polonia all'incoronazione dello zar russo a Varsavia, divise gli onori con il compositore, violinista e direttore d'orchestra Karol Lipinski, da tempo un altro virtuoso in competizione con lui. Dopo l'incoronazione, cominciò a suonare nel palazzo reale tra 130 ospiti illustri. Successivamente, eseguì le sue composizioni in un concerto di beneficenza per le vedove e gli orfani di musicisti al Teatro Nazionale, e terminò il suo soggiorno a Varsavia con due concerti all'inizio di luglio.

La tecnica di Niccolò Paganini

Paganini"Ho pianto solo due volte in vita mia: quando un tacchino farcito di tartufi mi cadde nell'acqua e quando sentii suonare Paganini" Gioacchino Rossini

Andando un po' sul tecnico, e ci scuserete per questo, secondo l'opinione di uno dei suoi critici, i punti che distinguevano Paganini dagli altri violinisti erano:

In primo luogo, il suo peculiare metodo di suonare, in cui il musicista impiegava un sistema usato nella seconda metà del XVII secolo per produrre effetti particolari, e che lo aiutavano a suonare o eseguire con facilità passaggi che sarebbero stati impossibili da capire nella loro chiave originale. Qui stava il segreto di molti dei suoi effetti, delle successioni corali e così via. In secondo luogo, la serie di inchini che lo distingueva dagli altri violinisti, facendone un uomo di spettacolo oltre che un musicista. In terzo luogo, la combinazione dei pizzicati della mano sinistra con i saluti. La scuola tedesca e anche quella francese avevano dimenticato questa tecnica. Per eseguirla correttamente è necessario che il secondo, terzo e quarto dito della mano sinistra tirino le corde in modo chiaro ed esatto, il che è difficile sulla terza e quarta corda, soprattutto quando il dito che preme la corda sul ponte è vicino al dito che tira fortemente la corda. Un'ulteriore attenzione era rivolta al ponte, che era più basso del solito, rendendo le posizioni più alte più facili per la mano e rendendo possibile diteggiare tre corde allo stesso tempo. Le corde erano leggermente più alte del ponte, il che permetteva di suonare passaggi forti senza i rumori che di solito li accompagnano. Quarto, l'uso delle armonie molto personale.

Molto è stato scritto all'epoca sulla tecnica che Paganini usava per ottenere effetti musicali mai sentiti prima e per mostrare una così grande abilità. Si parlava della tensione delle corde, del posizionamento delle corde rispetto all'arco, della dimensione dell'arco, del suo incredibile modo di armonizzare, che a volte dava l'impressione di ascoltare due violini contemporaneamente, della sua memoria impressionante, eccetera.

Franz Liszt, uno dei grandi virtuosi del pianoforte, ascoltò attentamente Paganini, lo memorizzò e poi trasferì il suo modo di fare musica dal violino al pianoforte. Ma l'effetto non fu lo stesso. Solo chi lo ascoltava direttamente godeva della magia delle sue interpretazioni. In gran parte la sua tecnica era nelle sue mani e nel suo corpo, come diceva lui.

È un peccato, alla luce dei prodigiosi progressi tecnologici del XIX, XX e finora XXI secolo, che le possibilità di eternare gli esecutori attraverso la registrazione non siano esistite allora, come per i compositori attraverso la scrittura. Le esecuzioni uniche di brillanti cantanti e strumentisti di quel tempo sono state perse per sempre.

Prima di Paganini nessuno pensava che fosse possibile suonare non solo armonie semplici ma anche armonie in terze, quinte e seste, e che le melodie normali potessero essere combinate con armonie in ottave. Ma è riuscito a farlo, in qualsiasi posizione, e con una facilità sorprendente. Il segreto della sua diteggiatura nessuno è stato in grado di svelarlo; forse l'unica delle sue composizioni che scrisse dove si possono intuire alcuni dei suoi segreti è il Cantabile per violino per chitarra,  dedicato al violinista e compositore genovese Camillo Sivori, ora nella collezione Reuther, lo stesso che lo giudicò un pessimo Maestro. Le sue diteggiature sono alquanto eterodosse o, meglio ancora, indipendenti dalle leggi della diteggiatura; il risultato di un metodo profondamente ragionato e non un semplice capriccio. Usava nella diteggiatura un dito invece di un altro, ma più spesso usava un dito per diverse note. A quanto pare, Paganini scopri le sue diteggiature mentre suonava la chitarra, in cui lo scorrimento dei semitoni è impossibile da tradurre dai ponti di metallo. Aveva bisogno di dita diverse per ogni semitono.

Per quanto riguarda le dimensioni delle sue mani, un medico del suo tempo che ebbe l'opportunità di esaminarle trovò che le dita della mano sinistra erano leggermente più lunghe di quelle della destra, forse a causa di una particolare disposizione dei muscoli della spalla destra. Inoltre, poteva tenere il violino con il mento, il che dava grande libertà alla sua mano sinistra.

La sua immaginazione era molto attiva, molto creativa, sia nel senso di esprimere le proprie passioni ed emozioni, sia nel senso di fuggire da se stesso e proteggersi in se stesso. Il musicista suonò anche molte composizioni di Beethoven e Mozart, ma non soffrì mai di subalternità o della perdita della propria personalità. Al contrario: in qualche modo ci mise sempre la sua inconfondibile impronta personale.

Secondo l'opinione di uno dei suoi medici, il dottor Bennati, il nocciolo della questione risiedeva nel fatto che la natura o l'esercizio intenso, o entrambi insieme, avevano modellato il suo corpo per soddisfare le esigenze specifiche dei suoi strumenti preferiti e in modo tale che nessuno poteva imitarli, nel al tempo, ne dopo.

 

Helene von Feuerbach

Ritroviamo Paganini all'inizio degli anni 30' dell'800 in Germania a dare concerti pubblici, alcuni dei quali per beneficenza. Rimase nel paese per due anni. Le giovani signore della società tedesca impazzivano letteralmente quando lo sentivano suonare ai suoi concerti. Con tante attenzioni, i propositi di maritarsi tornarono a presentarsi. Non passava mese senza che nuove candidature fossero sottoposte al suo amico avvocato Luigi Guglielmo Germi. Quest'ultimo nel gennaio 1831, mentre il figlio Achille era a letto con la rosolia, gli comunicò che suo fratello Carlo era morto e che anche sua madre era gravemente malata.

Si innamorò di nuovo, questa volta di una signora di Berlino, Helene von Feuerbach, una baronessa figlia di un giurista e diplomatico, che tre anni prima aveva sposato un uomo che non amava. Era andata a Norimberga per ascoltarlo e aveva pregato suo marito di tornare per sentire un secondo concerto. Dopo aver parlato con lui aveva ceduto alla personalità del maestro e aveva giurato di morire se non fosse diventata sua moglie.

Da una lettera all'avvocato Germi:

"Ella ha dichiarato di rinunziare a tutte le mie ricchezze, e di non voler che la mia mano. Che ne dici di tutto questo? È molto difficile trovare una donna che mi ami quanto Elena. È vero che quando sentono il mio linguaggio musicale, l'oscillazione delle mie note le fa tutte piangere; ma io non sono più giovane, né sono più bello; anzi sono diventato bruttissimo."

Helene era una donna di aspetto piacevole e di buona educazione, convinta di divorziare per lui. Sembra che Paganini ricambiò il sentimento e si innamorò di lei, poiché scrisse a un amico affermando il suo desiderio di sposarla affinché potesse diventare la madre di Achille.  Quando la donna andò a trovarlo a Francoforte, passarono diversi giorni insieme. Il Maestro non era più giovane, aveva quarantotto anni e il suo aspetto era magro e molto sciupato. Lui stesso era consapevole di essere diventato brutto e di non poter aspirare al favore di una nobildonna con il suo aspetto. Tuttavia, Helene, che era stata educata molto severamente, si era sposata per ordine dei suoi genitori, e quando ebbe l'opportunità di sciogliere i legami che la legavano, cadde nelle braccia di Paganini. Era civettuola e capricciosa, a volte isterica. Ottenne il divorzio il 14 novembre 1830, dopo aver vissuto quattro anni senza amore e con l'evidente aspettativa di diventare la moglie di Paganini. Non si sa se lui l'abbia esortata a divorziare o se la stesse solo usando come argine per soddisfare le sue richieste. Sembra che avesse intenzione di portarla con sé a Parigi, città che intendeva visitare dopo i suoi soggiorni in Germania e in Inghilterra.

L'elemento religioso avrebbe giocato un ruolo importante nella sua relazione con Helene. La sua famiglia era protestante e ben nota per le sue inclinazioni anti-cattoliche, quindi sarebbero stati dispiaciuti se si fosse sposata con il rito cattolico.

Paganini voleva sposarla, ma le sue continue e tipiche titubanze, miste al timore di nuovi scandali, sfociarono ancora una volta nel nulla. Il Maestro chiese altro tempo, mentre lei, dopo un periodo in ritiro spirituale, prese a viaggiare per l’Europa. È ciò che fece anche Paganini, mai pago di nuovi trionfi. A Parigi fu un coro di lodi, neppure il raddoppio dei prezzi sembrò spaventare i francesi.

Di nuovo, Paganini scomparve ed Helene cadde in uno stato di acuta malinconia. I suoi genitori temettero che potesse tentare il suicidio come aveva fatto suo fratello. Alla fine, andò a sua volta a vivere a Parigi, studiò canto e restò lì per 10 anni, sperando di incontrare di nuovo il suo amato, che non si fece mai più vivo.

Ultimi anni

Durante la sua vita Paganini soffrì di frequenti malattie croniche. Anche se non esistono prove mediche certe, sembra che fosse affetto dalla "sindrome di Marfan" o "sindrome di Ehlers-Danlos".  La sindrome di Marfan è una rara malattia ereditaria del tessuto connettivo che causa alterazioni oculari, ossee, cardiache, dei vasi sanguigni, polmonari e del sistema nervoso centrale. Questa sindrome è causata da mutazioni del gene che codifica per la proteina detta "fibrillina". I sintomi tipici possono variare da lievi a gravi e includere braccia e dita lunghe, articolazioni flessibili e problemi polmonari e cardiaci. Nel 1896, prese il nome di un pediatra francese, Antoine Marfan, che per primo segnalò la malattia. Oltre alla malattia, i frequenti concerti di Paganini e il suo stile di vita stravagante e incontrollato influenzarono considerevolmente la sua salute.

All'inizio del 1822, a Paganini fu diagnosticata la sifilide, e le terapie a base di oppio gli diedero gravi effetti collaterali fisici e mentali. Nel 1834, quando soggiornò a Parigi, fu anche curato per la tubercolosi. Si riprese abbastanza rapidamente ma dovette cancellare le sue esibizioni a causa di vari problemi di salute che duravano da pochi giorni a qualche mese, che andavano dal comune raffreddore alla depressione, e di conseguenza, che di conseguenza danneggiarono la sua reputazione.

Nel settembre 1834, Paganini tornò a Genova dopo un giro di concerti, e passò molto tempo a lavorare sulla pubblicazione delle sue opere e sulle tecniche violinistiche. Nel 1835, tornò a Parma, e in questo periodo l'arciduchessa Maria Luisa d'Austria, seconda moglie di Napoleone, lo assunse. Cercò di riorganizzare l'orchestra di corte parmense, senza tuttavia riuscirci per divergenze e veri e propri scontri con altri notabili nella stessa corte. Dopo una parentesi a Torino, dove curò la pratica di legittimazione del figlio (che gli verrà concessa del re Carlo Alberto), nel 1837 si recò a Nizza e a Marsiglia per dei concenti, quindi tornò a Genova dove redisse il proprio testamento. Tornò infine a Torino per un concerto di ringraziamento per la il "favore" concessogli dal re sabaudo.

Nel giugno del 1837 viaggiò a Parigi per partecipare alla fondazione di un Casinò intitolato a suo nome, il Casinò Paganini, rischiando nell'operazione buona parte dei suoi beni e sottoscrivendo un numero cospicuo di azioni anche per conto dell’amico Lazzaro Rubizzo. Questa nuova impresa non sarà fortunata e avrà seri strascichi finanziari. Mentre le sue condizioni di salute peggiorano il maestro assistette a concerti di musiche di Berlioz. Nel 1839, mentre si trovava a Marsiglia lo raggiunse la notizia di una condanna pecuniaria inflittagli dal tribunale di Parigi per il fallimento del "Casinò": in appello perderà la causa e sarà costretto a pagare una cifra enormemente maggiorata. Per compensare queste perdite, dovette consegnare gli oggetti personali, compresi i suoi strumenti, all'asta. Non era più in grado di tenere concerti e si dedicò per questo al commercio di strumenti ad arco, trattando l’acquisto con il violoncellista Vincenzo Meriggi di Milano. Dopo Marsiglia si trasferì a Nizza, dove la sua salute peggiorò ulteriormente in maniera irreparabile. Non era più in  grado di parlare. L'afonia era dovuta a "tisi laringea di origine sifilitica" che gli era stata da tempo diagnosticata. Riusciva a comunicare solo tramite biglietti e appunti.

Tomba di Paganini a ParmaIl 20 maggio 1840, il vescovo di Nizza inviò a Paganini un parroco per eseguire l'estrema unzione, ma Paganini credeva che sarebbe vissuto un po' di tempo e lo rifiutò, pensando che fosse prematuro. Ma una settimana dopo, il 27 maggio 1840, l'artista morì improvvisamente di emorragia interna senza ricevere l'ultimo sacramento. Il Vescovo di Nizza, Monsignor Galvani, lo dichiarò empio, in base alla testimonianza del Canonico Caffarelli, che era andato da Paganini per confessarlo e che aveva apparentemente mal interpretato i gesti del musicista ormai del tutto senza voce (e il rifiuto dello stesso Paganini di scrivere i suoi peccati su una lavagnetta e, pare, di accettare l'accusa di coinvolgimento con il diavolo tipica delle maldicenze che di dicevano sul suo conto). Il risultato di ciò fu che Niccolò non ebbe né funerali né sepoltura in terra consacrata. Subito dopo il decesso venne imbalsamato e in attesa di una sistemazione, rimase due mesi a Nizza finché le autorità non ne ordinarono la rimozione. Dopo la ripetuta richiesta di suo figlio Achille, i suoi resti furono trasferiti a Genova quattro anni dopo, nella villa di Romairone, a San Biagio, in Liguria, ma il suo corpo non poté essere sepolto nemmeno dopo il trasferimento. Alla fine di questa vicenda incresciosa fu sepolto in un cimitero di Parma nel 1876.  Nel 1893, il violinista ceco František Ondří?ek convinse Attila, che era nipote di Paganini, a vedere il corpo del virtuoso. Successivamente, nel 1896 la salma venne trasferita nel Cimitero della Villetta, un nuovo cimitero di Parma, dove più tardi fu eretto un monumento dedicato al grande virtuoso.  "Una sola cosa mi preoccupa", disse Paganini una volta in modo forse profetico, "che dopo la mia morte sopravvivano le calunnie e che gli invidiosi del mio successo non lascino in pace i miei resti."



Composizioni famose di Paganini

Paganini ha numerose composizioni a suo nome che sono considerate fenomenali per il violino. Le più note sono i suoi 24 Capricci, una serie di pezzi musicali per violino che furono probabilmente composti tra il 1805 e il 1807.
 

Sono famosi anche il suo Ballo a Venezia, Il Fandango Spagnolo (con tutti i tipi di suoni di animali), il 'Duetto Amoroso' e il Rondo à La Clochette. L'opera musicale di Paganini include sei concerti per violino, diversi pezzi da concerto per violino e orchestra, e dodici sonate per violino e chitarra.

Riassumendo, curiosità e leggende su Paganini

Niccolò Paganini è ben noto a chiunque abbia anche solo pensato di prendere in mano un violino. Fu una figura che visse una vita straordinaria, il cui catalogo di dettagli intriganti richiederebbe tante pagine e molto tempo per essere raccontate. Possiamo tuttavia riassumerne alcuni.

1) Come abbiamo visto il Virtuoso era piuttosto malaticcio fin da bambino. Per tutta la sua vita Paganini fu afflitto da problemi di salute, a partire dalla sua infanzia. Da piccolo, soffrì di un attacco di rosolia così grave, che la leggenda vuole che i suoi genitori pensarono che fosse morto e quasi lo seppellirono vivo. Fortunatamente, si è mosse all'ultimo momento, salvandosi da una tomba prematura.

2) Suo padre era incredibilmente severo con lui, questo pare essere certo. Sua madre pregò Dio per un bambino virtuoso e sembra avesse abbia avuto una visione al riguardo.  Suo padre lo faceva esercitare il figlio dall'alba al tramonto, lo picchiava e negava il cibo al giovane Niccolò se non soddisfaceva le aspettative del padre. Paganini, forse anche per questo, alla fine scelse di non insegnare a suo figlio a diventare un violinista.

3) Il Virtuoso studiò con diversi maestri, ma dopo poco gli stessi avevano ben poco da insegnargli.

4) Paganini fu un contemporaneo di molti altri grandi compositori: Berlioz, Liszt, Beethoven, Chopin, Schumann e Wagner. Paganini assistette ad un'esecuzione della Symphonie Fantastique di Berlioz e fu così impressionato che gli chiese di scrivere un assolo per lui. Come abbiamo visto gli prestò anche dei soldi in un momento di bisogno. Fu sempre un grande ammiratore di Beethoven e della sua musica. Quando Liszt passò un momento difficile a casa di problemi sentimentali, Paganini lo aiutò ad uscire dalla depressione e a tornare a scrivere musica.

5) Fu il primo violinista a memorizzare quasi tutti i pezzi che eseguiva nei suoi concerti. Prima di Paganini, era la norma per i solisti sedersi davanti al palco ed esibirsi su spartiti. Questa, in seguito, sarebbe diventata una pratica comune.

6) Quando in uno dei suoi primi concerti a Livorno Paganini fu costretto a suonare e intrattenere il pubblico da solo per tre ore, dopo che i musicisti che dovevano accompagnarlo non si presentarono inventò, senza saperlo il "recital". Liszt, diversi anni dopo, fu il primo ad usare il termine "recital", quando pubblicizzò una performance nel 1840. Tuttavia, Paganini lo aveva di fatto "inventato" prima.

7) Le problematiche circa la sua sepoltura durarono, come abbiamo visto, molti anni dopo la sua morte avvenuta il 27 maggio 1840. Non aveva ricevuto l'estrema unzione e la chiesa dubitava della sua fede, il che significava che non poteva essere sepolto su un terreno consacrato. I suoi amici si appellarono direttamente Roma e fu avviata un'inchiesta sulla sua fede. Solo dopo più di cinquant'anni Paganini venne sepolto definitivamente a Parma.

8) Molta della sua musica è andata perduta. A partire dalla sonata per violino che compose quando aveva 8 anni, molti delle composizioni di Paganini sono andate perdute. Alcuni manoscritti sono tenuti da collezionisti privati e non sono mai stati registrati. Molti altri sono semplicemente andati persi nel tempo. Tra le opere mancanti ci sono sonate e quartetti, le uniche registrazioni dei pezzi sono menzioni da Paganini stesso, registrazioni dell'epoca, o una lista di pezzi che si dice siano stati tenuti dal figlio di Paganini.

9) Paganini non fu solo compositore e violinista, ma era anche un chitarrista. Infatti, le sue radici musicali erano quelle di suonatore di mandolino (come suo padre). Lasciò la vita pubblica per tre anni, a partire dal 1801. Si crede che abbia trascorso quel periodo a casa di una nobildonna toscana che preferiva che suonasse la chitarra. Anche dopo questo periodo, Paganini era noto per suonare la chitarra per un pubblico privato, ma non pubblicamente. Molte delle sue composizioni combinavano la chitarra con altri strumenti a corda, come il duetto violino-chitarra, conosciute come Sonate di Lucca, scritte durante il suo soggiorno nella città toscana.

 

10) Paganini era un giocatore d'azzardo e al gioco perse il suo violino della prestigiosa liuteria Amati. Gli fu poi prestato un violino altrettanto importante di Giuseppe Guarnieri da un violinista dilettante. Paganini avrebbe poi suonato solo un Guarnieri, il più famoso è quello che ha chiamato "Cannone". Il Cannone è ora in mostra al Museo di Palazzo Tursi, nella sua città natale di Genova, Italia.

11) Nonostante fosse un giocatore d'azzardo, e morì in ristrettezze economico pur avendo guadagnato un grande patrimonio grazie alle sue tournée, Paganini fu anche un mecenate di altri artisti. Oltre a questo, verso la fine della sua carriera si esibì per istituzioni caritatevoli e in concerti per sostenere artisti indigenti.

12) I disturbi fisici di Paganini gli permisero di suonare il violino in quel modo giudicato unico? Le voci abbondano. Si crede che possa aver avuto uno o due disturbi genetici. Il primo, ne abbiamo già parlato, è la "sindrome di Marfan", un disturbo che colpisce il tessuto connettivo del corpo, e che spesso si manifesta con arti e dita estremamente lunghi. Un'altra ipotesi era che Paganini avesse un'altra malattia genetica chiamata "Ehlers-Danlos", che si manifesta nella iper-mobilità delle articolazioni. Nessuno sa con precisione quale sia la verità. Quello che è certo è che Paganini sviluppò tecniche che nessun altro poteva eseguire e il suo modo di suonare era straordinario e, ancora oggi, a detta di tutti, inimitabile. Non c'è da meravigliarsi per questo, circa le innumerevoli voci e dicerie che hanno cercato di spiegare in qualche modo le sue impareggiabili abilità.

13) Le dicerie paranormali. La teoria numero due per spiegare la sua virtuosità era che lui (o sua madre) avessero fatto un patto con il diavolo. A causa della sua inspiegabile destrezza e talento, e del suo aspetto alto, magro e cadaverico, gli fu dato il soprannome di "Der Hexensohn", o "Il figlio della strega". Era anche chiamato in una variante simile, il "Figlio del Diavolo". Questi soprannomi erano spesso presi alla lettera. Tanto che quando morì, la chiesa, come abbiamo visto, si rifiutò di farlo seppellire in terra consacrata e i suoi resti mortali ci misero a trovare degna sepoltura nel suo attuale luogo dell'ultimo riposo, il Cimitero della Villetta a Parma.

14) La famosa, unica immagine "fotografica" conosciuta di Paganini, non è in realtà Paganini. Un suo "dagherrotipo", cioè il primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini, quella che poteva essere una sua prima e unica fotografia fu pubblicizzata nel 1900. Il liutaio Giuseppe Fiorini era la fonte dell'immagine. Alla fine fu determinato che l'immagine era dello stesso Fiorini, che in qualche modo l'aveva falsificata, facendola passare per autentica per decenni. Poiché Paganini morì nel 1840 e il processo del dagherrotipo era appena agli inizi, essendo stato usato per la prima volta nel 1839.

15) Una delle frasi più famose di tutte sul Virtuoso di Genova è "Paganini non ripete": l'artista pronunciò questa frase solo una volta nella vita, alla presenza di re Carlo di Savoia che gli aveva chiesto un bis. L'unicità e l'irripetibilità delle sue esecuzioni era dovuta al fatto che la maggior parte delle volte Paganini improvvisava. Carlo Felice non la prese bene e annullò tutti i concerti a seguire, e di certo Paganini dovette pensare che una sola frase gli costò moltissimo, ma lui era fatto così, era il simbolo stesso dell'artista romantico e un po' maledetto e, a dir la verità, la sua frase si è rivelò assai fortunata.

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