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Galleria Palatina a Firenze
La Galleria Palatina che si trova all'interno di
Palazzo Pitti,
fu creata tra la fine del Settecento e i primi decenni
dell’Ottocento dai Lorena, Gran duchi di Toscana,
raccogliendo straordinari capolavori dalle collezioni
Medicee comprendenti opere di artisti quali
Raffaello (la più grande collezione al mondo del
pittore urbinate tra cui la famosa opera la "Velata"), Tiziano,
Canova (Venere italica),
Caravaggio, Rubens, Pietro da Cortona e altri maestri italiani ed europei del
Rinascimento
e del Seicento (anche
Guercino).
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L’allestimento di questa sontuosa "Quadreria" seicentesca non
presenta un carattere sistematico, ma puramente decorativo.
La Galleria Palatina di Firenze
è il migliore esempio giunto fino a noi delle quadrerie
create dai principi dell'età barocca e illuministica. Nacque tra la fine del Settecento e i primi decenni
dell'Ottocento, quando la parte dell'immenso patrimonio
artistico dei Medici che non aveva trovato posto agli
Uffizi, arricchita da ulteriori acquisizioni, venne qui
trasferita per renderla fruibile al pubblico. L'allestimento
attuale, risalente alla prima metà dell'Ottocento, non segue
criteri sistematici ma esclusivamente decorativi: i dipinti
occupano le pareti in sapienti simmetrie, finalizzate
soprattutto a esaltare le bellissime cornici intagliate e
dorate; le sale sono arricchite di splendidi tavoli le cui
basi barocche, neoclassiche e ottocentesche sorreggono piani
in commesso di pietre dure o in scagliola. Le opere d'arte
non sono esposte seguendo come criterio il periodo in cui sono
state dipinte, l'artista o altro, ma sono esposte secondo il
gusto dei principi di allora e anche le simmetrie delle pareti.
Come si vede dalla foto in alto, le pareti della galleria sono
interamente ricoperte di opere d'arte, a formare una sorta di
incredibile puzzle, in cui le sontuose e bellissime cornici
ricoperte di oro, sono le tessere del puzzle che s'incastrano
tra di loro. Alcuni dipinti sono stati modificati, ridotti,
arrotondati, per entrare in armonia con la parete sulla quale
sono stati appesi.
Alla biglietteria sono disponibili le audio-guide, sono
piuttosto care ma davvero ben realizzate. Potete prendere una
sola audioguida ed ascoltarla con gli auricolari in due. Vi sarà
consegnato un'ipad dove potrete vedere/ascoltare una descrizione
generale, fare una visita basata sulle opere o selezionare le
singole stanze ed entrarvi virtualmente per poi scegliere i
dipinti dei quali ascoltare la storia.
I 500 dipinti, costituenti il nucleo originario
della Galleria Palatina, appartenevano alle collezioni personali dei vari
membri della famiglia Medici e passarono nel 1743 - per volontà
testamentaria dell'ultima dei Medici, Anna Maria Luisa - alla città
di Firenze. Compongono la raccolta capolavori della pittura italiana ed
europea soprattutto dei secoli XVI e XVII. Oltre all'eccezionale nucleo di
opere di Raffaello, di Andrea del Sarto e di Tiziano,
spiccano tutte le personalità della scuola fiorentina e cospicui esempi
della scuola veneta del secolo XVI, alcuni famosissimi dipinti di
Caravaggio, di Rubens, di Van Dyck e opere di scuola
olandese del XVII secolo. I ritratti si alternano a grandi quadri di
soggetto sacro, concepiti originariamente per essere esposti sugli altari
delle chiese, ma che i Medici e i Lorena acquistavano, sostituendoli spesso
con una copia, e adattavano, con tagli e aggiunte, alle ricche cornici fatte
costruire appositamente per mantenere la simmetria espositiva.
Affreschi di
Pietro da Cortona
Superato il vestibolo, si attraversano in
sequenza la Sala degli Staffieri, la Galleria delle Statue e
la Sala di Castagnoli, si accede alla galleria vera e
propria, le cui sale prendono il nome dagli affreschi che decorano le volte;
le prime cinque vennero dipinte in modo meraviglioso da Pietro da Cortona tra il
1641 e il 1647, secondo un articolato programma celebrativo dei suoi
committenti, la casata dei Medici (che compaiono in ogni stanza con
il loro stemma), le altre da artisti della prima metà dell'Ottocento:
Santa Martina rifiuta di adorare gli dei, Morte di santa Maria
Egiziaca; Età del ferro, Età del bronzo, Età
dell'Argento ed Età dell'oro; volta della Sala di Giove; volta
della Sala di Marte; volta della Sala di Venere.
Quartiere
Volterrano
Il Quartiere del Volterrano, prende il soprannome di Baldassarre Franceschini, che affrescò la prima sala,
la Sala delle Allegorie. I quattro
ambientii, prospicienti il Cortile dell'Ammannati, non
appartengono all'allestimento originario della Galleria, ma vennero
utilizzati a partire dal 1928 per ospitare soprattutto opere provenienti
dalle soppressioni ottocentesche di chiese e conventi. L'ultimo, la Sala di
Psiche, è completamente dedicato a Salvator Rosa (Selva dei filosofi,
Battaglia fra turchi e cristiani). Il vestibolo e il
bagno di Maria Luisa, sono interessantissimi, con i delicati stucchi, la
vasca in pietra e la decorazione simmetrica del pavimento in marmo, lusso di
altri tempi! Gli ambienti sono contigui alla Sala della Fama, che presenta opere di artisti
olandesi e fiamminghi. Seguono la cappella delle Reliquie, la sala dell'Arca
e quella delle Belle Arti.
Sala di Castagnoli
La
Sala di Castagnoli, ospita il tavolo rotondo detto delle Muse (1851).
Sala della Musica
Nella sala di Prometeo, si
attraversa la Galleria del Poccetti, un tempo loggia aperta e oggi
spazio espositivo di opere del XVII secolo, e la sala della Musica, detta
"dei tamburi" per la forma dei mobiletti neoclassici.
Sala dei Putti
La Sala dei Putti raccoglie opere
fiamminghe e olandesi, tra cui: le Tre Grazie di Rubens (1622), monocromo
su tavola; due Nature morte di fiori e di frutta, miniature ingrandite di
Rachel Ruysch (datate 1715 e 1716).
Sala di Flora
Nella successiva Sala di Flora sono
esposte opere del Cinquecento fiorentino, tra cui spiccano le due Storie di Giuseppe di
Andrea del Sarto (1515).
Sala della
Giustizia
La Sala della Giustizia, ospita soprattutto pitture veneziane
e venete del XVI secolo; notevoli il Ritratto del Mosti, opera giovanile di
Tiziano, dalle straordinarie tonalità dei grigi e dei bruni, e il
Ritratto
di gentiluomo di Veronese (1570 c.). Nel Corridoio delle Colonne,
trovate opere di
piccolo formato di scuola olandese e fiamminga dei secoli XVII e XVIII.
Sala di Prometeo
L'allestimento della sala di Prometeo inquadra dipinti su tavola
di forma circolare tra due file di quadri rettangolari. Qui è conservata
l'opera più antica di tutta la Galleria: il Tondo Bartolini, con al centro
la Madonna e il Bambino di Filippo Lippi (1450 c.), capolavoro della
maturità dell'artista. In questo ambiente sono riunite alcune pitture
di
Botticelli e della sua bottega. Una intensa e plastica Sacra famiglia di
Luca Signorelli è da confrontare con il tondo del Beccafumi che affronta
con grandiosità michelangiolesca lo stesso tema, immergendolo in
un'atmosfera manieristica. Il manierismo toscano è rappresentato anche dal
Pontormo (Adorazione dei Magi, 1523; gli Undicimila martiri,
1530 c.).
Sala di Ulisse
Nella Sala di Ulisse, è esposta la Madonna
dell'Impannata di Raffaello (1514 c.): il passato restauro ha restituito
l'eccezionale qualità dell'opera, giustificando il giudizio entusiasta
che ne diede Vasari. L'accompagna un capolavoro giovanile di Filippino Lippi (Morte di
Lucrezia).
Sala
della Stufa
Nella Sala della Stufa, che conteneva le condutture per
riscaldare la stanza granducale, trovate gli affreschi delle Quattro età
dell'uomo di Pietro da Cortona (1637).
Sala
dell'Educazione di Giove
Nella Sala dell'Educazione di Giove risalta
l'Amore dormiente di Caravaggio (1608), il cui realismo dissacra, nel
contrasto di luci e ombre, il soggetto classico di Cupido addormentato.
Sala dell'Iliade
Nella Sala dell'Iliade, l'allestimento neoclassico sottolinea ed esalta il
Ritratto di dama detta La Gravida, opera di Raffaello (1506 c.), dai
preziosi colori su uno sfondo nero di gusto fiammingo. Due opere di Andrea
del Sarto, l'Assunta Passerini (1526) e l'Assunta Panciatichi (1522-23), si
fronteg-giano su opposte pareti, documentando due fasi dello sviluppo di
questo artista verso soluzioni prebarocche. Si segnalano il Ritratto di Valdemaro Cristiano, principe di Danimarca, opera di ispirazione fiamminga del Suttermans, e il
Battesimo di
Cristo di Veronese (1575 c.).
Sala di Saturno
La Sala di Saturno contiene un
importantissimo
nucleo di opere di Raffaello, che permette di ripercorrere tutta la sua
attività: la Madonna del Granduca (1506 c.), che rielabora gli
insegnamenti leonardeschi. La bellissima tela è chiamata così poiché a un
certo punto divenne proprietà del Granduca di Toscana Ferdinando III, che ne
era attaccassimo, tanto da tenerla nella sua camera, portarla con sé anche
in viaggio e se la fece spedire a Vienna, dove si era rifugiato durante
l'invasione napoleonica della Toscana. Altre opere di Raffaello presenti in
questa sala includono il Ritratto di Agnolo e il Ritratto di Maddalena Doni
(1506-7), che raggiungono una tale forza psicologica e formale,
da venire considerati i prototipi del ritratto rinascimentale; il Ritratto di Tommaso (Fedra) Inghirami (1510 c.); la
Madonna della Seggiola (1513-14 c.), di sublime monumentalità; la Visione
di Ezechiele, opera tarda (1518 c.). La grande Madonna del
Baldacchino (1507), incompiuta eppure innovativa sia nell'idea
compositiva sia nell'esecuzione, fu lasciata da Raffaello
imcompiuta poiché l'artista si recò a Roma. In primo piano i due
angeli in fase di completamento rendono l'idea del processo
creativo dell'artista.
Sala di Giove
Nella
Sala di Giove è ospitata, la Velata, capolavoro di Raffaello
del 1516,
figura femminile trasposta in una dimensione ideale. Al lato destro della
porta, le Tre età
dell'uomo, capolavoro di Giorgione del 1500 circa (da
qualcuno attribuito a Tiziano). Inoltre una nutrita selezione della
pittura toscana della prima metà del Cinquecento. Spicca il famoso
Compianto sul Cristo morto di Fra' Bartolomeo (1511-12 c.), da confrontare
con una premanieristica Annunciazione di Andrea del Sarto, dipinta nello
stesso periodo (1512 c.); di quest'ultimo è anche il noto San Giovanni
Battista (1523), insolitamente raffigurato come un efebo di bellezza classica. Significativi, infine, il
Ritratto di Guidobaldo Della Rovere
del Bronzino (1530-32) e le Tre Parche (1537-38 c.), tavola già ritenuta di
Michelangelo e oggi dubbia.
Altre opere di notevole interesse sono
il Compianto su Cristo morto del Perugino (1495), il Salvator Mundi di
Fra' Bartolomeo (1516) e due dipinti di Andrea del Sarto: la
Disputa sulla
Trinità (1517 c.), dalla pittura veloce e vibrante, e l'Annunciazione.
Sala Marte
La Sala di Marte accoglie due capolavori di
Rubens: Le conseguenze della guerra (1638), potente allegoria
che imputa alla Discordia e alle Furie la responsabilità delle distruzioni
provocate da Marte. Si tratta di un soggetto mitologico-allegorico, legato a
riflessioni maturate dall'artista durante le sue missioni diplomatiche nella
sanguinosa e distruttiva Guerra dei Trent'anni, in cui maturò la
consapevolezza dell'inutilità della guerra e lanciò un messaggio pacifista
ante litteram. L'altro capolavoro di Rubens in questa sala è la tela I Quattro filosofi (1611-12 c.), opera straordinariamente
intensa e ricca di citazioni letterarie e filosofiche. Accompagna questi
dipinti un gruppo di importanti ritratti: il Ritratto del cardinale
Bentivoglio di Van Dyck; quello di Ippolito de' Medici, opera di
Tiziano
(1532); il Ritratto detto di Luigi Cornaro, oggi attribuito a Tintoretto
(1560-65); lo stupendo Ritratto virile del Veronese (1550-60), di
eccezionale modernità nelle pennellate di bianco e di nero.
Sala Apollo
Nella
Sala di Apollo, una grande pala con la Sacra
conversazione di Rosso Fiorentino (1522), ampliata nel Seicento per
essere adattata alla cornice barocca, si confronta nel suo precoce
linguaggio manieristico con due opere di Andrea del Sarto di poco
posteriori, la rigorosa ed equilibrata Pietà (1523-24) e la pacata Sacra
famiglia Medici, uno degli ultimi lavori dell'artista. Due famosissimi
dipinti di Tiziano campeggiano poi nella sala: il Giovane inglese (1540
c.), noto anche come l'Uomo dagli occhi glauchi; la Maddalena (anteriore al
1548), opera molto copiata. Appartengono alla scuola veneziana: il sottile
e sfumato Ritratto di Vincenzo Zeno di Tintoretto; la tela di
Dosso Dossi
conosciuta come La Ninfa e il Satiro, ma descrivente un episodio
dell'"Orlando Furioso" l'Ospitalità di San Giuliano, grande tela di
Cristofano Allori (1612-18 c.). La Risurrezione di Tabita,
opera giovanile di
Guercino, e la Cleopatra, opera tarda di
Guido Reni, sono due testi
fondamentali della pittura bolognese del Seicento. L'arte fiamminga è
rappresentata dal famoso Doppio ritratto di Carlo I d'Inghilterra e di
Enrichetta di Francia, opere derivate da prototipi di Van Dyck, e dal
Ritratto di Isabella Clara Eugenia, di Rubens (1625); vicino a questi
si trova il
Ritratto della granduchessa Vittoria Della Rovere di Justus Suttermans
(1640 c.).
Sala di Venere
L'ultimo
ambiente, la Sala di Venere,
ospita la statua della Venere italica di
Antonio Canova, originariamente
commissionata per sostituire la Venere medicea degli Uffizi,
inizialmente sottratta dalle truppe napoleoniche e portata in
Francia. Canova si ispirò idealmente all'opera rubata, cercando di
rievocarne la tenerezza della carne, il suo dolce vibrare, il movimento
nello spazio. Come si è visto spesso nell'iconografia della dea (come la
Venere di Botticelli) lo scultore stese un impasto morbido e
rosato per esaltare meglio la bellezza del corpo della dea, nell'atto di
nascondersi dietro ad un telo, probabilmente sorpresa dall'arrivo di
qualcuno al suo arrivo all'isola di Cipro.
Il poeta risorgimentale Ugo Foscolo confrontando in seguito le due opere
preferirà quella del Canova a quella classica:, "Lusinga il paradiso in
questa valle di lacrime", volendo esprimere con queste parole la
superiorità della statua dello scultore neoclassico, questa dea più reale,
quindi più desiderabile. Fate un respiro per tanta bellezza e approfittate
per sbirciare il panorama di Firenze che si gode dalla grande
finestra davanti alla Venere.
Nella sala sono presenti quattro
capolavori di Tiziano: il Concerto, opera giovanile (1510-12 c.); il
Ritratto di Giulio II (1545), copiato da quello di Raffaello (oggi alla
National Gallery di Londra), ma con risultati del tutto originali;
La Bella
(1536 c.), dipinto per il duca d'Urbino; il famoso Ritratto di Pietro Aretino
(1545), dove la ricca tavolozza dei colori (soprattutto dei rossi) rende,
con grande maestria, il complesso e inquietante personaggio. Il Ritratto
di Pietro Aretino, famoso letterato e cortigiano, autore degli
scandalosi Sonetti lussuriosi, è tra i capolavori del pittore veneto
che al lui fu legato da profonda amicizia. Aretino era infatti uno strenuo
sostenitore della superiorità della pittura veneta, basata sul colore,
rispetto a quella fiorentina, incentrata sul disegno. Fu lo stesso scrittore
a donare il dipinto a Cosimo I de’ Medici. Accompagnano
questi dipinti due grandiosi e solenni paesaggi di Rubens (Il ritorno dei
contadini dal campo e Ulisse nell'isola dei Feaci), e due marine (Marina del Porto e Marina del Faro) di
Salvator Rosa (1640-49).
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