Ugo Ojetti

Ugo Ojetti (1871-1946) è stato uno scrittore, critico d'arte e giornalista italiano. È stato uno dei più influenti e prolifici critici d'arte del XX secolo, nonché uno dei fondatori del giornalismo culturale in Italia. Ojetti ha scritto numerosi libri e articoli sulla letteratura, l'arte e la cultura in generale, oltre ad essere stato il fondatore della rivista "La Ronda", che ha avuto un grande impatto sulla cultura italiana degli anni '20 e '30.  

Ugo Ojetti, per buona parte del 1900 è stato considerato uno dei massimi letterati, giornalisti e critici d'arte italiani. In seguito è stato letteralmente dimenticato. Ne riscopriamo in questo articolo il talento, la storia personale e professionale.  Come scrisse Guido Piovene  "Il mondo era, o sembrava, per lui una casa sicura, e la sua fede era l'intelligenza."

Ugo OjettiUgo Ojetti è stato uno dei massimi divulgatori dell'arte e della letteratura. Nacque a Roma il 15 luglio 1871. Il padre Raffaele, era un noto architetto, la madre Veronica Carosi, era originaria di Spoleto. Ebbe la fortuna di crescere in un ambiente vivace e mostrò subito amore per l'arte e per la storia. Dopo aver frequentato la Scuola dei Gesuiti, seguì gli studi in legge, nella prospettiva di una possibile carriera nel mondo diplomatico. Le sue vere passioni non tardarono tuttavia a ripresentarsi. Riuscì comunque a laurearsi in giurisprudenza nel 1892. Nello stesso anno, all'età di 21 anni, pubblicò una raccolta di poesie intitolata "Paesaggi",  ispirata alla campagna umbra dove soggiornò presso la famiglia della madre.

Nel 1893, iniziò a collaborare con la Nuova Rassegna di Luigi Lodi, la Tribuna, il Fanfulla della domenica, giornali dell'epoca. Pubblicò un volume di novelle di ispirazione verista, Senza Dio (1894) a cui seguirono altre opere: L’onesta viltà (1897), Il vecchio (1898), Il gioco dell’amore (1899), Le vie del peccato (1902), Il cavallo di Troia  (1904), la raccolta di racconti Mimì e la gloria (1908), Donne, uomini e burattini (1912) e L’amore e suo figlio (1913).

Ugo OjettiIl giornalismo fu importante per Ojetti che collaborò con il quotidiano La Tribuna, di Emilio Luzzato, come inviato del giornale in Egitto. Da qui fiorirono le collaborazioni con altri editori, tra cui Il Giornale d'Italia, l’Avanti!, La Stampa e il Resto del Carlino.

Nel 1895 dopo aver conosciuto Gabriele D’Annunzio ebbe il suo primo e importante successo letterario: una fortunata inchiesta destinata a lasciare il segno, un volume che raccoglieva una serie di colloqui con i maggiori scrittori del tempo. L'opera si chiamava Alla scoperta dei letterati, e riportava colloqui e interviste che avevano come oggetto lo stato della letteratura italiana. Tanti i letterati famosi del tempo che furono ascoltati:   Verga, Carducci, Fogazzaro, Capuana, Matilde Serao, Pascoli, De Roberto, De Amicis, lo stesso D’Annunzio e altri. Si trattava di un'opera per un verso visionaria, anticipatrice del reportage moderno, e allo stesso  tempo rappresentativa del mondo letterario che andava affermandosi nella situazione politica e socio-economica di fine Ottocento.  Un documento importante a livello storico, innovativo e illuminante.

Nell’introduzione all'opera venivano trattati temi che avrebbero caratterizzato la prima fase della produzione di Ojetti: la contaminazione tra giornalismo e letteratura, attraverso il modello anglosassone dell’"interview"; l’attenzione alla formazione di un pubblico ampio e non specialistico; la presa di posizione antinaturalistica, a favore di un dichiarato idealismo letterario e l’impegno per una rinascita della letteratura nazionale.

Il tema della rinascita letteraria

Ugo OjettiIl tema della rinascita letteraria "italiana" ebbe risonanza e fu riproposto a Venezia nel discorso L’avvenire della letteratura italiana (1896), dove Ojetti teneva una posizione idealistica e cosmopolita – ostile al patriottismo culturale (La grande illusione, in Il Marzocco, 22 marzo 1896), e all’imitazione superficiale di modelli di successo (Il contagio dannunziano, 20 febbraio 1898). In questo discorso abbracciava in sintesi le posizioni del filosofo, storico e critico letterario francese Hippolyte Taine, che postulava le condizioni per una "letteratura nazionale" legandole a un complesso di valori condivisi da un popolo. Una letteratura nazionale che, secondo Ojetti, si sarebbe potuta sviluppare solo con l'affermazione di un nuovo idealismo, da innestare nella tradizione italiana già presente. In questo senso, si era andata configurando, secondo il suo pensiero, una battaglia culturale dei "nati dopo il 1870", i disillusi dagli effetti dell'Unità d'Italia, contro il vecchio establishment risorgimentale. Ojetti, in questo frangente storico di fine secolo, si allineò anche alla proposta dannunziana di un adeguamento dello stile giornalistico al registro "alto" alla tradizione letteraria nazionale.

Dopo il successo ottenuto in ambito giornalistico, Ojetti entrò a far parte nel 1898 della redazione del Corriere della Sera, diventandone uno dei giornalisti più importanti per quasi mezzo secolo. Per il Corriere scrisse anche sotto lo pseudonimo di Tantalo, "Cose viste", da cui ricavò in seguito anche un libro. Nel 1926, per un breve periodo, divenne direttore della stessa testata giornalistica, succedendo a Luigi Albertini, che lasciava per la sua insofferenza al processo di fascistizzazione della stampa italiana.

Il primo periodo di impegno giornalistico attivo di Ojetti coincise con gli anni dell'attivismo politico in Umbria, regione d'origine della madre. Partecipò a un gruppo di matrice socialista. Con questa militanza arrivò a fondare il periodico regionale "La giovane Umbria" e nel 1896 si candidò alle elezioni del comune di Spoleto, senza riuscire però a ottenere un seggio. Continuò l'attività giornalistica e venne inviato a Parigi nel 1904, mentre nel 1905 pubblicò il primo lavoro teatrale, "Un garofano", messo in scena da Ettore Petrolini.

In campo teatrale, precedentemente, oltre a traduzioni (sua la versione italiana di Oltre il potere nostro di Bjørnstjerne Bjørnson del 1895 e La toga rossa di Eugène Brieux, 1900) aveva recensito le opere di Henrik Ibsen, di cui era un ammiratore. In collaborazione con Renato Simoni, scrisse la commedia Il matrimonio di Casanova (1910).

Ugo OjettiNel 1905 sposò Fernanda Gobba, stabilendosi definitivamente a Fiesole, in un'antica villa sulle colline sopra Firenze. La grande villa cinquecentesca era chiamata il Salviatino e vantava ben cinquantasei stanze oltre a uno stupendo giardino; oggi è una residenza alberghiera di lusso. La villa di Fiesole fu restaurata secondo il suo gusto personale e diventò negli anni un vero e proprio salotto culturale, ospitando scrittori, artisti, intellettuali e politici dell'epoca. Dalla villa in seguito si spostò per raggiungere la località di Santa Marinella, nei pressi di Roma, che diventò anch'essa luogo ideale per nutrire la sua fame letteraria. Nella dimora fiorentina ebbe modo di raccogliere una ricchissima collezione d'arte, purtroppo andata dispersa alla sua morte, con opere di Jacopo della Quercia, Poussin,Casorati, Boldini, De Nittis, Fattori, tra i tanti. La sua unica figlia, Paola Ojetti, nacque nel 1911 (diventerà sceneggiatrice, traduttrice e critica cinematografica italiana).

Una letteratura unitaria italiana

Villa il SalviatinoSe da una parte, con le "interviste" agli scrittori della sua epoca Ojetti si avvicinò al pensiero di Gabriele D'Annunzio (per il quale nutriva grande ammirazione), con le stesse interviste, pose l'accento sul sentimento post-unitario italiano, constatando che ancora non esisteva alcuna letteratura – per motivi sia linguistici e culturali – che potesse definirsi come unitariamente italiana. La successiva convivenza con le atmosfere della cultura parigina, lo avvicinarono ai movimenti filosofici dell'epoca, tra il naturalismo e positivismo di Taine e le dottrine evoluzionistiche e sociologiche di Guyau. Si convinse che la posizione storica di un'artista dipendeva dall'opera d'arte che lo rappresentava, e che tale posizione potesse definirsi moderna se er acapace di  rappresentare e comunicare l’essenza dell’anima umana del suo tempo. In questo si riteneva un convinto precursore della necessità di individuare l'artista soprattutto dalle qualità interiori, quelle dell'anima, e non solo dalle tecniche stilistiche.

Le influenze principali su di lui, furono quelle esercitate dalle opere di J. A. McNeill Whistler, di Giovanni Segantini o ancora di Auguste Rodin. Nota è la sua classificazione di artisti in “pittori che pensano, pittori che sentono e pittori che non pensano e non sentono", espressa durante la Biennale a Venezia, nella quale ottenne anche il secondo posto nel premio della critica d’arte con “L’arte moderna a Venezia", una raccolta di articoli pubblicati su Il Resto del Carlino. Il lavoro di inviato all'estero divenne più intenso negli anni a cavallo tra l'Ottocento ed il Novecento. Fu un periodo importante per la sua vita, necessario alla comprensione analitica nella comunicazione dei fatti che accadevano nel mondo. Da inviato in Egitto, Albania, Norvegia, Francia, Asia e soprattutto Stati Uniti, raccontò i costumi in voga nel periodo storico. In particolare narrò i costumi americani confrontandoli con quelli europei nel volume “L’America vittoriosa" (1899).

Gli Stati Uniti rinverdirono in lui  l'interesse per la modernità di quella società. Apprezzava la determinazione dell'America, sia individuale che collettiva,  di imporsi negli affari nello scenario internazionale. Di contro realizzava quanto l'Italia avesse la necessità di un rinnovamento dello spirito nazionale in senso attivistico, la necessità di essere ottimista circa le proprie capacità di autoaffermazione, al fine di scongiurare il destino di decadenza riservato ai popoli latini. Più tardi, dopo viaggi e soggiorni, prese forma la raccolta L’America e l’avvenire (1905).

Ojetti amava definirsi un "cronista" al servizio dei lettori, occupandosi di arte, cultura, viaggi e politica. Effettivamente è stato uno dei più grandi critici d'arte italiani. Scrisse, non tanto per il gusto di compiacere gli addetti ai lavori, bensì proprio per dare valore all'arte italiana, per "difendere e diffondere tutta l’arte", da quella antica a quella contemporanea. Per Ojetti non esisteva un'epoca migliore dell'altra, ma c'erano solo uomini e valori nelle opere che rimanevano per sempre.

Ugo OjettiDel 1911 è la pubblicazione dei primi "Ritratti d’artisti italiani", che ebbe un meritato successo. Poco prima, nel cinquantenario dell’Unità d’Italia, Ojetti aveva organizzato una mostra fortunatissima, "Ritratto in Palazzo Vecchio", a Firenze. Fu una delle prime  mostre organizzate nel capoluogo toscano, parte di un programma di  mostre biennali d’arte antica, curate dallo stesso Ojetti in tutti i minimi particolari (e non solo quelli prettamente artistici). L'artista viaggiò tantissimo nei primi anni del Novecento, passando almeno 6 mesi all'anno all'estero, tra Parigi e Londra. Riuscì ad esportare il suo particolare modello espositivo anche all’estero, riscuotendo un enorme successo. Una sua esposizione venne fatta alla Royal Academy di Londra nel 1930; a Parigi rimane ancora oggi ben nota negli annali, la mostra da lui organizzata nel 1935; mentre in Italia, tra tutte viene ricordata la mostra organizzata nel 1922 a Firenze, intitolata "Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento", considerata nel suo genere una delle più importanti del XX secolo (contribuì tra l'altro a consacrare definitivamente l'importanza di Caravaggio). L’avvenimento principale di questa mostra fu infatti la presentazione di diciotto tele di Caravaggio, a cui venne dato grande spazio nel catalogo della mostra, pubblicato due anni dopo. Tra le altre mostre organizzate da Ojetti, quella su Giotto nel 1937 "Mostra Giottesca", sempre a Firenze.

Ugo OjettiDurante la prima guerra mondiale come volontario, svolse l'incarico di proteggere dai bombardamenti aerei le opere d'arte custodite a Venezia. Fu anche incaricato di scrivere il testo del volantino lanciato il 9 agosto 1918 nei cieli di Vienna da D'Annunzio e dalla sua squadra (circa 350.000 copie stampate in italiano e in tedesco). In questo periodo ebbe modo di rappresentare le vicende umane della guerra sia attraverso delle mostre (come la mostra fotografica sui monumenti italiani martirizzati, del 1917), che attraverso gli scritti, in particolare in Lettere alla moglie (1915-1919).

Il suo prestigio andava sempre più consolidandosi nell'ambiente culturale così come nella vita pubblica italiana, avendo assunto vari incarichi istituzionali in campo storico-artistico. Tra questi, nel 1920 ci fu anche l'incarico nella commissione del Ministero della Pubblica Istruzione italiano di riformare l’insegnamento artistico e di co-dirigere la sezione artistica dell’Istituto per l’Enciclopedia Italiana, mentre nel 1930 ricevette la nomina ad Accademico d’Italia.

Volantino lanciato da D'Annunzio su Vienna scritto da OjettiFu nel 1920 che Ojetti ebbe il suo più prestigioso riconoscimento in campo artistico, con la pubblicazione del primo numero di "Dedalo", rivista che si occupava di storia dell'arte antica e moderna e che viene ancora oggi considerata come una delle riviste d’arte divulgative più prestigiose della prima metà del Novecento, capace di catturare da una parte le attenzioni degli intellettuali più importanti dell'epoca, e dall'altra di avvicinare all'arte il vasto pubblico meno erudito.

Ugo OjettiQuelle di Dedalo, sono pagine impregnate di riflessioni ojettiane, tra valori morali ed estetici, e sempre finalizzate alla divulgazione, considerata la massima priorità, a vantaggio del vasto pubblico, non solo agli addetti ai lavori. Nel 1919 Ojetti aveva spiegato bene la sua posizione, scrivendo nel Corriere della sera, “le stelle non sono degli astronomi". La rivista venne pubblicata fino al 1933, interrotta (come altre, tra cui il mensile Pegaso) a seguito di alcuni contrasti con l'editore Treves. Fu così che, nel 1933, Ojetti decise di rivolgersi all'editore Rizzoli per la pubblicazione della rivista "Pan", rassegna di lettere, musica e arte, che restò attiva grosso modo un biennio. Da Rizzoli venne  pubblicata anche la collana de I classici, una edizione pregiata di autori della letterature italiana, francese, tedesca e inglese.

Nel 1922, poco prima della Marcia su Roma, venne pubblicato il romanzo Mio figlio ferroviere, che affrontava tematiche sociali, evidenziando le idee politiche dell'autore. Nel 1925 fu tra i 250 firmatari, insieme a Gabriele D'Annunzio, Giuseppe Ungaretti e Luigi Pirandello, del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile, pubblicato in diversi quotidiani italiani, e definito il primo documento ideologico degli intellettuali italiani che aderirono al regime fascista.

Del Fascismo italiano, Ojetti, pur condannandone la violenza e la retorica, finì per accettare l'ideologia. Nel 1924 rifiutò la nomina a senatore per solidarietà all’amico poeta Salvatore di Giacomo, a cui fu  negata per motivi di censo.  Fu anche presidente dell'Alfa Romeo tra la prima grande guerra e i primi anni Venti.

Ugo OjettiDalla fine degli anni Trenta del 1900 la produzione di Ojetti subì una certa flessione. Uscì nel frattempo la biografia su Italo Balbo (1941) e il saggio  L’arte ha da essere italiana del 1942. In quel periodo Ojetti era già stato colpito dai primi sintomi di una lunga malattia, che gli sottrasse progressivamente lucidità mentale. Nel 1943, dopo l'armistizio dell’8 settembre, venne nominato vicepresidente dell’Accademia d’Italia nella Repubblica Sociale Italia.

Morì subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il 1° gennaio 1946 nella sua villa di Fiesole, con poca considerazione postuma da parte degli editori più conosciuti, e con i quali aveva a lungo collaborato. Ebbe la considerazione invece di intellettuali quali Antonio Gramsci e Indro Montanelli. Prima di morire aveva perso la qualifica di giornalista, essendo stato cancellato dall’albo dei giornalisti nel 1944, per via della sua partecipazione al regime fascista.

Fu sepolto nella Badia Fiesolana. Sulla sua lapide vi è scritto "Qui riposa Ugo Ojetti, Romano. Amò e servì le Arti e la Lingua d'Italia. Le più limpide e umane sulla terra e per questo care a Dio".

Nel 1977 la figlia Paola, ha donato la ricca biblioteca paterna al Gabinetto Viesseux di Firenze.

Chi accumula libri, accumula desideri, e chi ha molti desideri è molto giovane, anche a ottant'anni. (Ugo Ojetti)
 

Opere

Letteratura


Paesaggi (1892)
Alla scoperta dei letterati: colloquii con Carducci, Panzacchi, Fogazzaro, Lioy, Verga, D'Annunzio, De Roberto, Matilde Serao e altri (Milano, 1895);
Ad Atene per Ugo Foscolo. Discorso pronunciato ad Atene per il centenario della morte, Milano, Fratelli Treves Editori, 1928.
D'Annunzio. Amico · Maestro · Soldato, Firenze, Sansoni, 1957.

Storia e critica d'arte

L'esposizione di Milano (1906),
Ritratti d'artisti italiani (in due volumi, 1911 e 1923),
Il martirio dei monumenti, 1918
I nani tra le colonne, Milano, Fratelli Treves Editori, 1920
Raffaello e altre leggi (1921),
La pittura italiana del Seicento e del Settecento (1924),
Il ritratto italiano dal 1500 al 1800 (1927),
Tintoretto, Canova, Fattori (1928),
Atlante di storia dell'arte italiana, con Luigi Dami (due volumi, 1925 e 1934),
Paolo Veronese, Milano, Fratelli Treves Editori, 1928,
La pittura italiana dell'Ottocento (1929),
Bello e brutto, Milano, Treves, 1930
Ottocento, Novecento e via dicendo (Mondadori, 1936),
Più vivi dei vivi (Mondadori, 1938).
In Italia, l'arte ha da essere italiana?, Milano, Mondadori, 1942.

Romanzi
L'onesta viltà (Roma, 1897),
Il vecchio, Milano, 1898
Il gioco dell'amore, Milano, 1899
Le vie del peccato (Baldini e Castoldi, Milano, 1902),
Il cavallo di Troia, 1904
Mimì e la gloria (Treves, 1908),
Mio figlio ferroviere (Treves, 1922).

Racconti
Senza Dio, 1894
Mimì e la gloria, 1908
Donne, uomini e burattini, Milano, Treves, 1912
L'amore e suo figlio, Milano, Treves, 1913

Teatro
Un Garofano (1902)
U. Ojetti-Renato Simoni, Il matrimonio di Casanova: commedia in quattro atti (1910)

Reportages
L'America vittoriosa (Treves, 1899),
L'Albania (Treves, 1902);
L'America e l'avvenire (1905).

Raccolte di articoli
Articoli scritti fra il 1904 e il 1908 per L'Illustrazione Italiana:

I capricci del conte Ottavio (due voll., usciti rispettivamente nel 1908 e nel 1910)


Articoli per il Corriere della Sera nell'arco d'oltre quindici anni, dal 1923 al 1939:

Cose viste (7 voll.: I. 1921-1927; II. 1928-1943). L'opera è stata anche tradotta in lingua inglese.


Memorie e taccuini
Vita vissuta, a cura di Arturo Stanghellini, Milano, Mondadori, 1942.
I Taccuini 1914-1943, a cura di Fernanda e Paola Ojetti, Firenze, Sansoni, 1954.
Ricordi di un ragazzo romano. Note di un viaggio fra la vita e la morte, Milano, 1958.
 

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