La
località di Barbizon, un bel paese
a circa 50 km da Parigi, può ormai
considerarsi un museo a cielo aperto,
questo per via della sua storia "artistica",
come se i suoi campi, le sue strade ed i
suoi boschi fossero altrettante sale, gallerie,
passaggi museali. Barbizon
è un comune francese di circa 1.600
abitanti e si trova nel dipartimento di
Senna e Marna.
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È qui che
nacque ed ebbe vita l’avventura senza
eguali della celebre Scuola artistica
di Barbizon dei celebri pittori francesi
Rousseau,
Millet e Corot che la ritrassero
rendendola indimenticabile e immortale.
Uno sguardo su Barbizon
La Scuola di Barbizon
Una pittura sociale
Barbizon oggi, un opera d'arte
Uno sguardo su
Barbizon
Oggi
Barbizon è diventato un centro d’attrazione per
molti pittori, cultori d’arte, semplici turisti
e curiosi. Sono sorte locande e negozi, atelier
di pittura, musei. I musei principali si trovano
sulla strada che conduce alla foresta di Fontainebleau
e sono la Casa-Atelier di Millet, l’ex-albergo
Ganne, ora Museo Dipartimentale della Scuola
di Barbizon, composto dal Museo Theodore
Rousseau e dal Museo Dipartimentale dell’Auberge
Ganne. Visto che i pittori di cui sto
per narrarvi non amavano chiudersi tra le mura di
casa o in atelier per dipingere, ma lo facevano
all’aperto, in mezzo alla natura, dal vero,
Barbizon sarà per noi quello che era per loro: un
museo sui generis, senza mura, con il cielo
per soffitto.
La Scuola
di Barbizon, gli impressionisti arrivarono secondi...
La Scuola di Barbizon si sviluppò tra
1830 e 1870. Ne fecero parte un gruppo
di pittori paesaggisti-realisti francesi,
tra i quali Rousseau, Millet, Corot,
l'inglese Constable e molti altri. Qui si
gettarono le basi per la rivoluzione pittorica
impressionista e reali
sta
in Francia.
Gli artisti della Scuola di Barbizon, o Barbisonniers,
dipingevano spesso insieme; portandosi il
cavalletto con la tela, i pennelli ed i colori,
realizzavano le loro opere in aperta campagna, lavorandoci
per ore, a volte per giorni. Osservando le cromie
e le forme dei soggetti naturali producevano opere
sincere e pure, curate, si, ma senza forzature accademiche
e rielaborazioni artificiali. Temi principali di
questi dipinti erano paesaggi di grande lirismo
e gente umile al lavoro nei campi.
Tra i pittori che più influenzarono la poetica e
lo stile della Scuola di Barbizon, un ruolo fondamentale
spetta indubbiamente all’inglese John Constable
che, a partire dalla sua prima esposizione al
Salon di Parigi nel 1824, fu considerato innovatore
e maestro nella raffigurazione di paesaggio
en plein air",
cioè dal vero, all’aperto, soprattutto scene rurali
e campestri, non più relegate a sfondo di soggetti
altri, ma finalmente autonome, dotate di dignità
propria. Constable fu anche tra i primi a studiare
il cielo, in particolare le nuvole, che osservava
e riproduceva nelle loro infinite mutazioni di colore
e di forma, senza fronzoli, semplicemente, onestamente,
quasi scientificamente, oserei dire. Dal 1848
in poi, le sue idee cominciarono a raccogliere i
consensi di artisti di varia provenienza, che si
radunarono nell’allora piccolo villaggio di cui
vi racconto oggi: tra questi, Jean-François Millet,
che per primo introdusse nella pittura "naturalistica"
la raffigurazione di personaggi d'umile estrazione,
come le spigolatrici e i muratori, e Jean-Baptiste
Camille Corot, che con Theodore Rousseau
e Charles-François Daubigny divenne presto
il "capofila" di questa scuola pittorica. Una grande
mostra li vide protagonisti nel 1848
all'Esposizione
Universale di Parigi: Paul Durand-Ruel,
mercante e gallerista, espose trecento loro paesaggi.
Sia Rousseau (1867) che Millet (1875) finirono
i loro giorni a
Barbizon.
Purtroppo, molti pittori di questa scuola non sono
stati valorizzati come avrebbero meritato; le loro
tecniche e la loro poetica, riprese poi dagli
impressionisti,
sono state spesso attribuite a questi ultimi, così
che i primi son finiti relegati sullo sfondo della
storia dell’arte contemporanea. La pratica della
pittura en plein air, poi abbracciata da
Monet, come da Renoir, Pissarro
e Sisley, fu in realtà introdotta da loro.
Questo gruppo di pittori fu determinante anche per
l'avvio del movimento pittorico
realista,
quello di Courbet, che in Italia, seppure
con diversi mezzi formali, ebbe per protagonisti
i Macchiaioli.
Una pittura sociale
Il
realismo dei pittori di Barbizon fu a volte più
che uno stile, più che una peculiarità: fu una
presa di posizione culturale ed ideologica.
Attraverso la riproduzione di una realtà vera, non
abbellita né edulcorata, questi artisti acquisivano
una coscienza
morale profonda e spesso impietosa
dei problemi sociali dell'epoca. Essi avevano
il coraggio di compiere, attraverso la loro innovativa
pittura, un’analisi obiettiva della realtà, per
quanto brutta e sgradevole potesse sembrare. L'intento
provocatorio,
la posizione polemica verso ogni ipocrisia sociale,
verso le gerarchie e verso gli interessi della ricca
borghesia, l'atteggiamento di critica
verso il sistema politico del tempo, del resto,
non facevano che anticipare, con grande lungimiranza,
quelle che sarebbero state, da lì a pochi decenni,
le basi teoriche della poetica avanguardista
del ‘900. I Barbisonniers non ebbero vita facile.
La loro pittura fu accolta con diffidenza, accusata
di sciatteria e di eccesso di problematicità nel
caso dei soggetti "politico-sociali". Nell’ambiente
accademico della Parigi dell’Ottocento spesso si
preferivano soggetti storici o mitologici, o scene
di pura evasione onirico-fantastica, che non turbassero
l’occhio e la coscienza dello spettatore, ma lo
intrattenessero e ne coccolassero il senso estetico,
senza sconvolgerlo troppo. Il
contenuto morale
della pittura realista della Scuola di Barbizon
andrà per lo più perduto nel successivo impressionismo,
sorto dopo il 1860, che porrà invece l'accento sulle
implicazioni
ottico-percettive
della rappresentazione fedele di una realtà gradevole
a vedersi, decorativa, a volte formalistica, soprattutto
in certo Monet, accusato di essere "solo un occhio",
di privilegiare cioè solamente aspetti visivi, cromatici
e luministici, senza spessore né profondità di senso.
Barbizon
oggi, un opera d'arte
Se
vedessimo ancora oggi con gli occhi dei Barbisonniers,
il "villaggio" di Barbizon ci sembrerebbe un "museo
a cielo
aperto", come se i suoi campi, le sue strade
ed i suoi boschi fossero altrettante sale, gallerie,
passaggi museali. Oggi il paesino è un po’ lontano
da quel che era più di un secolo e mezzo fa. È
diventato un centro d’attrazione per molti pittori,
cultori d’arte, semplici turisti e curiosi.
Sono sorte locande e negozi, atelier di pittura,
musei. I musei principali si trovano sulla strada
che conduce alla foresta di Fontainebleau e sono
la Casa-Atelier di Millet (Grand Rue numero
27, Barbizon,
atelier-millet.fr) e l’ex-albergo Ganne,
ora Museo Dipartimentale della Scuola di Barbizon,
composto dal Museo Theodore Rousseau (Grand
Rue 55) e dal Museo Dipartimentale dell’Auberge
Ganne (Grand Rue 92) (
museo a cielo aperto, en plein air, come avrebbero
voluto i Barbisonniers… Ecco il sito del Comune,
barbizon.fr, che conferma la sensazione
di unitarietà e unicità che la cittadina vuol dare
di sé. Consiglio di dare un’occhiata, per avere
un’idea della bellezza dei luoghi, dell’orgoglio
che adesso la Francia prova per questo gruppo di
pittori (snobbati da Accademie, critici e giornalisti
in passato) e per la tradizione locale e, non ultimo,
dell’efficiente organizzazione del circuito turistico
collegato (unico neo di molto turismo francese:
la lingua di guide, siti web e indicazioni stradali
è sempre e solo francese, o al massimo inglese).
I percorsi organizzati a Barbizon prevedono,
oltre che le tappe museali, significative soste
"all’aperto", in luoghi in cui è ancora possibile
godere dei paesaggi, dei colori e degli scorci che
comparivano come protagonisti assoluti nei quadri
dei pittori del gruppo, come il torrente con rocce
dipinto da Corot nel 1833. Alcune visite guidate
prevedono letture di brani di autori che hanno visitato
questi luoghi, come Proust, e che si lasciarono
fortemente suggestionare da essi. Ma facendo parlare
i pittori stessi spesso si impara di più.
Ad esempio, Corot diceva:
"Nessuno
mi ha insegnato… Il mio istinto mi spinge e io gli
obbedisco".
L’istintività era una delle componenti fondamentali
della pittura di questa "scuola". Certo, seguire
una logica comune, una "logica di scuola" spesso
condiziona, ma Corot non
la pensava così. Sentiva
tutta la libertà del mondo riempire il suo corpo
e la sua mente durante la creazione pittorica, a
tratti esaltata, a tratti disciplinata dalla natura,
sua maestra indiscussa. Durante un viaggio in Italia,
il suo senso della luce e del colore presero ulteriormente
forma, diventando matura coscienza, ma anche disperata
impotenza:
"Questo
sole diffonde una luce disperante per me; sento
tutta l’impotenza della
mia
tavolozza…"
Se Michelangelo se la prendeva con il suo
Mosè perché non parlava, pur essendo in tutto
simile ad un uomo in carne ed ossa, se Monet ripeteva
e ripeteva lo stesso soggetto paesaggistico decine
di volte in vari momenti della giornata, inevitabilmente
sconfitto dal sempiterno mutare dell’aspetto delle
cose, Corot invece soffriva per i limiti fisiologici
che la tavolozza del pittore ha ed avrà sempre rispetto
alla tavolozza della natura. L’affermazione di Corot
ci rimanda alla sensibilità romantica, imperante
nell’Ottocento. Un uomo dell’epoca, a maggior
ragione un artista, non poteva restare sordo alle
lusinghe del sentimentalismo diffuso. Alcune
opere dei pittori di Barbizon, perciò, sono state
spesso lette in chiave "romantica", sottolineandone
il collegamento diretto con modelli romantici come
Delacroix e Géricault, pur nella diversità
dei soggetti, o, oltre al già nominato Constable,
con Turner e Friedrich, paesaggisti
romantici. In conclusione, tuttavia, invito a diffidare
delle etichette troppo evidenti (ed invadenti):
la scuola di Barbizon fu una scuola, ma anche un
novero vario e miscellaneo di individualità distinte,
l’una più, l’altra meno "schiave" di una logica
comune, l’una più, l’altra meno sottomesse alla
sensibilità dominante del tempo. Sarà proprio visitando
i luoghi della cittadina e del vicino bosco, come
pure osservando, perché no, le opere degli artisti
che ora affollano Barbizon con i loro atelier, che
probabilmente confermeremo questa sensazione: è
dalla varietà della natura, dell’uomo e del mondo
e dalla soggettiva visione degli stessi che deriva
la meravigliosa unicità di ogni opera
d’arte.
di
Laura Panarese per Informagiovani-Italia.com
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