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Vita di Joan Miró - Biografia e opere
  
Joan Miró
nacque a
Barcellona il 20 aprile 1893.
Figlio di un orefice, cominciò a disegnare ad 8 anni. Nel
1910 si trasferì per un lungo periodo in campagna, nella
proprietà familiare di Montroig, il cui ambiente
suggestionò poi buona parte della sua opera, influenzandone
sensibilmente forme e peculiarità. Nel 1912 Miró entrò alla
Scuola d'arte di Barcellona, scoprendo presto il fauvisme di
Matisse, Bonnard e compagni francesi…La sua
prima Esposizione fu alle barcellonesi gallerie Dalmau. |
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In questo periodo l’arte di Mirò sembra più che mai
segnata da un profondo attaccamento alla sua terra nativa,
la
Catalogna, alle sue tradizioni e alle sue genti. Questa
viene dipinta da Mirò in maniera quasi mitica, unendo il
gusto per il dettaglio alla straordinaria libertà espressiva
propria delle avanguardie storiche.
Presto Mirò
sentì l’esigenza di trasferirsi a Parigi, dove conobbe il
connazionale
Picasso e si legò, per sorte e per
elezione, al circolo dadaista di Tristan Tzara e
compagni. La sua pittura mostrava già allora una
straordinaria originalità, caratterizzata com’era da un
realismo esasperato da deformazioni allucinate e
allucinanti, ipnotiche, sognanti… Con l’opera "Terra arata"
nel 1923 (olio su tela, cm 66x92, New York, Solomon
R.Guggenheim Museum) Mirò segnò il suo passaggio al
surrealismo: l’amicizia con il grande Masson ebbe un
ruolo fondamentale in questa svolta.
Le opere di questo periodo si caratterizzano per
un'atmosfera distaccata, sospesa, avulsa da ogni
connotazione figurativo-realistica. Segni grafici
elementari, colori vivaci e forme astratte divennero
abitanti unici del regno pittorico dello spagnolo. Miró
risiedeva alternativamente a
Parigi
e a Montroig, in campagna, dove si dedicava spesso ad una
pittura abbandonata al più "puro automatismo" (chiaramente,
così automatica non era, essendo pur sempre una consapevole
scelta poetica e stilistica). Ogni effetto prospettico
scomparve dalle tele di Mirò. Segni in libertà, libertà
smentita solamente dall’estrema concretezza di molti titoli
delle opere, che allontanavano l’ipotesi si trattasse di
un’arte puramente grafica e decorativa.
A partire dal
1928 Mirò scelse però di intraprendere ricerche nuove:
iniziò a rileggere e reinterpretare, attraverso il gioco
surrealista delle associazioni mentali, i quadri dei maestri
del ‘600, ma anche la modernissima pubblicità, distruggendo
e ricostruendo il tutto utilizzando come strumento i
collages, le opere su carta e gli "oggetti surrealisti".
L’esempio di un’opera del periodo può essere "Fiamma nello
spazio e donna nuda" (immagine: 1932, olio su carta, 41x32
cm). Al di là della deformazione fisica e dell’armonia
squillante dei colori, non c’è dramma in questo lavoro. Solo
libere associazioni mentali, voli pindarici, concessioni
ambiziose alla fantasia ed alla creatività. Arte e pensiero,
linee e colori, senza freni apparenti, tuttavia con
disciplina.
Negli anni ‘30 Mirò si cimentò poi in varie tecniche
artistiche, tra cui la stampa (litografia ed acquaforte) e
la scultura, creando opere tridimensionali assolutamente
innovative (come questa "Figura con ombrello", originale del
‘31, rifatto nel ‘73, con legno, foglie secche e un
ombrello, alta 198 cm).
Miró sperimentò anche vari tipi di supporti per la pittura:
carta vetro, carta catramata… Fu anche il suo attaccamento
alla terra a portarlo verso la sperimentazione materica,
allontanandolo a tratti dalla pittura. Tra il ‘34 e il ‘36
il maestro catalano dipinse una serie di quadri dedicati
alla terra in cui sperimentò nuove soluzioni pittoriche
lavorando spesso su altri supporti inusuali, come le lastre
di rame, raggiungendo esiti di straordinaria brillantezza ed
espressività.
Per quanto riguarda, invece, i soggetti, i contenuti
dell’opera di Mirò furono fortemente condizionati dalla
guerra di Spagna nel ’37 e subito dopo. Con l'occupazione
tedesca di Parigi Joan Miró rientrò in Spagna, vivendo in
solitudine tra
Palma di Maiorca, Montroig e Barcellona,
rifiutando ogni collaborazione, seppure artistica, col
regime franchista. Le opere di questo periodo cupo si
contraddistinguono per la presenza di figure, spesso alate,
che sembrano ricordare le Eumenidi, le "antiche dee" di
Eschilo, malinconiche e ostili. Nonostante questo
ripiegamento, o proprio in ragione di esso, a questo periodo
risale uno dei suoi capolavori: la "Metamorfosi" di un
Ritratto di uomo del XIX secolo. Del ‘47 è la grande
decorazione murale per l'Hotel Terrace Palace di Cincinnati,
eseguita durante il suo primo viaggio negli Stati Uniti,
mentre la decorazione del monumentale muro di ceramica per
il Palazzo dell'UNESCO a Parigi fu realizzata nel 1958.
All'inizio degli anni Sessanta Miró si recherà altre due
volte negli Stati Uniti dove ricevette ogni genere di
tributi e onori, ma fu a sua volta influenzato fortemente
dalla pittura informale americana.
La sua opera, che non aveva mai cercato la completa
astrazione, ma aveva creato un linguaggio surreale
poeticamente semplificato, si abbandonò nell'ultimo periodo
al trionfo fantastico del colore puro, in una gioiosa
libertà formale-informale, direi, se mi è concesso. Un
esempio può essere "L’oro dell’azzurro", del ’67, grande
acrilico su tela, di 205x173 cm, magnifico esempio di piena,
consapevole, matura libertà di segno e di pensiero.
Il 25 dicembre del 1983, all'età di novant'anni, Miró morì a
Palma di Maiorca. Venne sepolto a Barcellona.
Il suo percorso artistico ha avuto un ruolo centrale nello
sviluppo di alcune tra le più importanti correnti del
Novecento, il Surrealismo, l’Informale… nello stesso tempo
ha mantenuto l'autonomia e la libertà grazie alle quali sono
nate opere d'arte tra le più seducenti e originali del
secolo scorso.
Io lo trovo semplicemente magico, un alchimista del
pennello, uno stratega della linea, un genio della creazione
artistica, un inimitabile poeta della figurazione. La sua
lettura sognante e lirica della realtà, fatta di visioni
semplificate e "fiabesche", ha segnato l'immaginario di
generazioni intere di artisti; la sua opera è stata oggetto
di numerosi studi, ricerche, pubblicazioni ed esposizioni.
La Fondazione ne è la prova, "vivente" quanto mai.
Laura Panarese per
Informagiovani-Italia.com
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